«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

domenica 13 agosto 2017

Graffiti urbani - 5



Amiche care, amici,

ciò che scoprii, quando giunsi nella Grande Città, fu questo sistema di trasporto pubblico, assente nella mia cittadina di origine, la Metropolitana Milanese, detta familiarmente la Metro, un sistema piuttosto carente in confronto ad altri che conobbi in seguito girando il mondo (uno per tutti, quello di Monaco, incredibilmente efficiente) ma che era e rimane il mezzo più rapido e relativamente economico per spostarsi in città, per quello che mi riguarda esclusivamente per motivi di lavoro: dalle mie abitazioni al di là della cerchia centrale alle Grandi Agenzie per cui lavoravo, tutte a quel tempo (ora la situazione è in parte cambiata) lussuosamente situate in pieno centro.
Per una piccola (davvero, in tutti i sensi) provinciale proiettata nella metropoli delle attività frenetiche, delle diseguaglianze laceranti (mai avevo visto lusso e miseria così strettamente accostate), della puntualità insensata, fu, e tutt'ora rimane, un'esperienza in qualche senso traumatica, e viva, il luogo in cui davvero, costretta, mi confondevo incontrando la componente umana - corpi, fiati, sguardi assenti, a volte anche mani lunghe addosso al mio corpo - di questa città.

Per voi, amiche dilette e amici, con tutto il mio amore per seguirmi in questo mio viaggio di memoria e presenza, di cui questa è la quinta stazione, metà dell'itinerario.

M.P.





5
 

Metro


La mia ha un nome che suona  pomposo —
Amendola Fiera — e narra di gente
indaffarata che incrocia tra casa
e riunioni nel centro, studentesse
di buona famiglia al ritorno dagli
atenei, impiegati delle filiali
circondariali di banche e servizi
intenti a sognare mete lontane.

Per anni, l'altra fermata fu Gioia,
nome quasi vezzoso da ragazza
saltellante sui tacchi fin troppo alti,
indossati per pura ostinazione;
ma non era così gioiosa, Gioia,
troppo vicina alla ferrovia —
Stazione Centrale, con il suo carico
amaro di fuggitivi e migranti.

Sempre per me fu la cosa più prossima
all'inferno la metro, la cloaca
della metropoli gonfia di folla.
Qui scendevo quasi correndo, spinta
dai corpi in caduta alle mie spalle,
e ogni volta temevo di restare
indietro, travolta, ingoiata per sempre
nel ventre del mostro — del leviatano.

Riemergevo esausta, come dopo
una lotta, ancora sulla mia pelle
l'essenza dei corpi surriscaldati,
come da un recinto una mandria muove
alla illusoria affannata rincorsa
dietro una vita che sfugge ogni giorno.
E ogni giorno, sapevo, senza fine
si ripeteva questa liturgia.

Liturgia insana dell'Uomo violato
che non potrà giammai prendere il volo,
fuggire via, se non dopo la morte.



Marianna Piani
Milano, 16 Marzo 2017

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