«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

domenica 23 settembre 2018

Il tempo delle ginestre




Amiche care, amici,

Il tempo delle ginestre, delle pinete, del vento, finisce, non tornerà mai indietro.
Quello della libertà e dell’amore, invece, se ci crediamo, sarà sempre con noi.
Per questo viviamo, e per questo lottiamo. Non altro che questo.


Con amore

M.P.




Il tempo delle ginestre


Quel tempo, quell'antico tempo
che ci lasciammo alle spalle,
e che non rivedremo mai più
al nostro fianco a gioire – o penare.

Il tempo delle ginestre
e delle pinete rade e scompigliate
dal vento delle mie terre, il tempo
delle corse senza timore -

senza alcun timore di cadere.
Le terre polverose e scarlatte
quasi come intrise di sangue,
le terre perdute a precipizio

verso il mare. Io che vivevo
ogni giorno come il mio unico
e primo, e riempivo gli occhi
del chiaro cielo estivo.

La ferita d'una pietra sbiancata
come un osso bruciava il ginocchio,
ma bruciavano in me di più
i sensi roventi della gioventù.

Era un braciere in cui la vita
si consumava come una fiamma,
e io non lo vedevo, oppure
non me ne curavo poiché - mi dicevo -

la vita va vissuta a fondo, e in fondo
in me credevo che fosse infinita.

Oh la facile leggerezza allora
con cui pensavo, parlavo di morte!

Per l'amore sarei morta, a quel tempo,
cento volte, e per la mia libertà.

Ma così ora, ora ancora, sempre
Lo rifarei.


Marianna Piani
Milano, Dicembre 2017



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sabato 15 settembre 2018

Ametista




Amiche care, amici,

Spesso ci si chiede che cosa possa decidere a che punto – e come – un componimento poetico si consideri concluso. Quando lo scrivente giunge a un punto in cui sente di dover alzare la penna, assolutamente certo a quel preciso punto di essere giunto all’ultimo verso di quella particolare poesia.
In prosa, nel racconto, o nel romanzo, è la narrazione che detta i suoi tempi, l’arco dell’azione, o del ragionamento.
In poesia non esiste nulla di tutto questo. Eppure vi sono poesie che si concludono dopo pochi versi, necessariamente, altre proseguono per molte strofe, altrettanto necessariamente, e se pure vengono interrotte ad esempio perché finisce la giornata, si è stanchi, o si è chiamati altrove, reclamano poi di essere riprese, perché sono evidentemente monche, incomplete.

Non so come questo avviene, ma avviene, ed è del tutto spontaneo, ed è la poesia stessa che ci dice, addirittura impone la sua origine, il suo sviluppo, e la sua conclusione.
E se una poesia si interrompe perché la vena dell’ispirazione si esaurisce, ci apparirà sempre incompiuta, come potrebbe essere di una scultura cui manchi, indubitabilmente, un arto, o una parte importante della lavorazione.


Personalmente so di essere una scrittrice che tende a distendere la sua scrittura quasi sempre su misure piuttosto cospicue, il madrigale è la forma chiusa più compatta che ho frequentato, ma in questo caso è la forma stessa a determinare la chiusura di un componimento. Un sonetto, ad esempio, per essere tale deve chiudersi al quattordicesimo verso, il madrigale classico all’ottavo. Non prima, non dopo.

Nel caso del frammento che pubblico oggi, invece, non c’è alcuna struttura formale sottostante, trattandosi di una versificazione libera, eppure esso si conclude dopo solo sette versi brevi, e fin dalla prima stesura è questa la dimensione che mi ha “imposto”.
Ho semplicemente “sentito” che non avrei potuto aggiungere nemmeno una parola senza romperne l’equilibrio. Un nucleo chiuso in sé stesso, proprio come il geode di cui il componimento parla. La sua brevità mi affascina ed atterrisce.


Con amore

M.P.






Ametista


Il rimpianto è nella memoria
come l'ametista che incrosta
il cavo d'una roccia:
è celato, alla vista, ai sensi,
e al creato.
Pure, nella propria tenebra
porpora sfavilla.



Marianna Piani
Novembre 2017


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mercoledì 12 settembre 2018

Questo istante




Amiche care, amici,

Vorrei lasciarvi – se vorrete – alla lettura di questo componimento, direttamente, senza un mio commento.
Vorrei che comunicasse direttamente con voi, senza mediazione, nuda quale è nata, scabra come la sento, sulla mia pelle, bruciante, come un taglio che apre e espone. Come tutte le poesie, belle o brutte, per forza sono, o dovrebbero essere: un taglio, profondo, per liberare la nostra anima, e consegnarla viva a chi ci legge, e a chi ci ama.
La scrittura dovrebbe essere perciò un atto d’amore.
Di fede nell’Altro, e d’amore.

M.P.




Questo istante


Questa è la forza della vita
che mi dà vita,
questo ciò che ancora mi spinge
a puntare il remo
contro la vorace
corrente del tempo.

(Inesorabile tempo che non attende
ma stermina le nostre speranze
facendone strame di illusioni!)

Questo è quanto mi rende
meno penoso il respiro:

la traccia impervia, spaccata,
d'un sentiero che conduce alla roccia,
e quindi alla inaccessibile cima.

Il ramo dell'olmo
che ombreggiava il viale
in cui crebbe la mia infanzia
beata di corse, e fughe, e ritorni.

Gli occhi chiari di questa ragazza
che sorridono così del tutto
innocenti, del tutto svagati.

E ora, l'incedere calmo
di questa donna, verso la vita:

mille anni di sanguinosa battaglia
scolpiti nel corpo perfetto,
desiderabile quanto sfuggente,

lei che mi ebbe tra le sue braccia
per un tempo che non fu,
come brevemente m’illusi,
infinito - ma un solo istante.



Marianna Piani
Milano, 26 novembre 2017


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