Amiche care, amici,
un ritratto, quasi uno scatto
fotografico, di una apparizione fugace, appena percepita ma per
qualche motivo impressasi nella memoria, di una donna, bella in un
modo sorprendente, lussureggiante, improvviso, tutta intenta nei suoi
pensieri, nelle sue occupazioni, e del tutto ignara di me, sullo
sfondo della mia città natale, forse altrettanto bella ai miei
occhi, in una delle ultime visite che vi ho effettuato di recente,
prima di “emigrare” per altri lidi.
La memoria è come l'emulsione di una pellicola fotografica, impressionata dall'emozione, che poi restutuisce, a distanza di tempo, una immagine certo bidimensionale, forse solo un'ombra, ma in grado di evocare in qualche modo la stessa emozione che l'aveva in origine illuminata.
In fondo, ciò che un tempo si chiamava “ispirazione” è tutta qui, in questo gioco di memoria ed emozione che produce una immagine.
Vi lascio alla lettura, se vorrete, come sempre, con amore.
M.P.
La memoria è come l'emulsione di una pellicola fotografica, impressionata dall'emozione, che poi restutuisce, a distanza di tempo, una immagine certo bidimensionale, forse solo un'ombra, ma in grado di evocare in qualche modo la stessa emozione che l'aveva in origine illuminata.
In fondo, ciò che un tempo si chiamava “ispirazione” è tutta qui, in questo gioco di memoria ed emozione che produce una immagine.
Vi lascio alla lettura, se vorrete, come sempre, con amore.
M.P.
Una passante
Seguo, con lo sguardo commosso,
il percorso, per metà per vicoli
stretti
e per il resto lungo l'ampia e vivace
marina, di una donna bruna,
giovane e fiera, solida e bella,
con quell'incedere sano, regale,
che hanno innato le donne locali.
Non la conosco, è soltanto
una passante, ma so che l'ammiro,
la sento come fosse parte di me,
la parte fiera, ribelle e sfuggente,
la parte di me che sento più mia -
o più vicina – quella triestina
che ancora appartiene a questa città.
Vi appartiene come i suoi muri
corrosi di vento eccessivo e di salso.
Come le sue vie aspre, troppo scoscese
e dissestate per piedi infantili
o di donna, o di vecchio.
Come la folla che strepita e danna
nel suo folle corrusco dialetto.
La donna, giunta alla riva, attraversa
la via, senza badare al mondo intorno
e all'universo di cui certo ella
percepisce di essere il centro,
e si ferma senza intenzione a guardare
l'orizzonte, laddove s'unisce il mare
al cielo, e ai miei sogni. E scompare.
Marianna Piani
Milano, 30 Novembre 2017
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