«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

sabato 30 marzo 2019

La via all'Ade



Amiche care, amici,

sono alcuni anni ormai che la vita mi ha allontanata dai miei luoghi prediletti, dal mio mare e soprattutto dalle mie montagne, dove affrontando lunghi pellegrinaggi e arrampicando, il più delle volte in completa solitudine, avevo i più emozionanti e profondi incontri con me stessa, con la mia forza, non solo fisica, ma morale, con i miei pensieri, con le mie stesse ambizioni e le sorelle loro, le illusioni.

Nulla come la fatica e la difficoltà di raggiungere un luogo elevato, una meta che aveva valore sia soggettivo, che oggettivo, e metaforico, mi spingeva a riflettere sul valore e in fondo il senso stesso della mia vita. In modo limitato (per la mia naturale prudenza) ma assai concreto comunque, perché la montagna, come il mere, sono possenti e imprevedibili, mettevo la mia vita stessa in balia di quella natura, che tanto amavo e di cui riconoscevo l’illimitato potere sulla mia pochezza.
Ecco, questo confronto tra la mia forza e la mia pochezza, reso drammaticamente evidente dalle proporzioni stesse degli elementi che fronteggiavo, solidi e concreti, era il nocciolo primario della mia crescita personale, come credo sia il nocciolo della crescita di qualunque individuo, nella sua umanità.

Ne ho scritto spesso, su queste pagine, e sono certa che ne scriverò ancora, ma se c’è qualcosa in questa mia nuova vita da “esiliata” che mi provoca rimpianto, ed è forse davvero la sola (il mare, pur non appartenendovi per nascita, ce l’ho anche qui, ed è selvaggio e immenso), è il ricordo di queste montagne, di queste rocce, di questi paesaggi generosi e severi.
Il tempo passa veloce, questo mondo nuovo che mi ha accolto è bellissimo, affascinante, anche se essendo per me nuovo è ancora del tutto privo della dimensione del ricordo, del senso del tempo. Cose che si stratificheranno vivendo, ovviamente, ma che ora sono solo un sottile deposito di sedimenti.

Le mie montagne, invece, come il mio mare, sono luoghi depositati nel profondo della mia anima, e sono destinati a rimanervi per sempre, finché avrò vita.

Sono quelli, per me, i luoghi del ritorno.

Vi lascio alla lettura di questi versi di memoria,
Con amore
M.P.





 
La via all'Ade


Tracciare tra le piante
e le erbe della prateria
la via del cuore, mentre albeggia.

Il vegetale qui ė rigoglioso
e tenace, si spande spumeggiando
invadendo tutto il sentiero.

Radici s’intraversano affiorando
sul cammino, che si fa incerto -
ma appagato, del pellegrino.

I telai mirabili dei ragni
luccicano di cristalli al prezioso
diafano sole mattutino.

Le radure, prima del bosco
d'ontani e querce adolescenti,
si fanno ondose al soffio del maestrale.

Ripido si fa il sentiero, spaccato
in rocce e sfasciumi di torrente,
sghembo ora, e contorto, tanto

che il passo s'affatica, sui gradoni
che pericolano su inenarrabili
precipizi e profonde fenditure.

Quanto vorrei smarrirmi, ora che
sono giunta fin quassù, in questo scampolo
di universo, e qui scomparir per sempre

dimenticata.

(È questo il mio umile privato ingresso
a un'Ade senza guida, e forse
senza il ritorno a riveder le stelle.)



Marianna Piani
Kilkenny, Irlanda, Giugno 2018





 .

sabato 23 marzo 2019

Filo di vita



Amiche care, amici,

oggi propongo una lirica che vorrei lasciarvi alla lettura così com’è, senza chiose o commenti specifici, perché spero sappia dirvi da sola tutto ciò che mi preme dirvi.

Del resto andrebbe fatto sempre così, ogni componimento dovrebbe essere del tutto autonomo, la mia abitudine di farlo precedere o seguire da una nuvola di parole, spesso impertinenti, ha due motivi:
da una parte la mia profonda insicurezza, il timore, l’ansia estrema che mi prende ogni volta che mi trovo a rilasciare a un pubblico i miei testi. Il commento è come uno scudo, un tentativo di protezione, di mascheramento, quasi nel tentativo paradossale di fare in modo che non venga visto o compreso, esattamente l’opposto della finalità apparente degli stessi commenti, nella inconscia convinzione che se non vi è riconoscimento non vi può essere fraintendimento, e come non vi è fraintendimento nemmeno può esserci giudizio. Ma non è il fraintendimento né il giudizio a spaventarmi, bensì il timore, tutto femminile, di non sentirmi all'altezza di chi mi sta di fronte.

D’altra parte il commento è un modo, l’unico forse, per mettermi in comunicazione “alla pari” con voi, miei lettori – pochi o tanti che siano.
Il testo poetico una volta composto e rifinito non mi appartiene più, dovrebbe andare avanti per la sua strada, e di fatto lo fa, acquisendo significato nell’unico modo possibile per un testo che non è istituzionalmente di trasmissione, veicolo tecnico di contenuti di informazione, ma puramente speculativo, di ricerca, e quindi essenzialmente comunicativo.
Per questo la prosa del commento introduttivo è, esattamente come sto facendo ora, un modo per mettere in contatto in qualche modo me stessa, la persona Marianna, la donna, la scrivente - non più la scrittrice - con i lettori. In entrambi i casi il testo è solo un pretesto per lanciare questo dialogo, e la sua essenza “testuale” di comunicazione rimane inalterata, e legata soltanto, e senza rete di salvataggio, alla qualità effettiva e percepita del gesto artistico.


Come sempre, grazie per esserci.
Con amore

M.P.





Filo di vita


Dio, quanto è esile questo filo
che ci tiene legati
al mondo – e quanto è tenace!

Legàti a volte – ma è raro –
felicemente; più sovente invece
del tutto insensatamente.

Un vincolo che ci trattiene
come ci incatena l'àncora
piantata nella melma del fondale,
impedendoci di salpare,
o fuggire a un destino
già segnato.

Il peso ci sprofonda
e il nostro vivere presto diviene
senza scampo una pena
da scontare – un vagare
nei nostri pochi giorni
senza meta.

Pensiamo a ciò che rende
lieve questo viaggio greve:
la memoria di persone, corpi,
volti e anime che abbiamo amato,
nonostante tutto,
sopra tutto.

Ed è tutto ciò che abbiamo,
tutto ciò che in fine ci rimane
poco prima di ritornare al nulla.

Ed approdare al tutto che ignoriamo.



Marianna Piani
Irlanda, Giugno 2018


.

domenica 17 marzo 2019

La tua bellezza



Amiche care, amici,
vi propongo qui di seguito una lirica dedicata e ispirata alla bellezza, per me tale da togliere il fiato, della mia compagna.
Fu la sua bellezza folgorante a conquistarmi, e a spingermi a superare ogni ostacolo, ogni barriera, pur di poterla conquistare a mia volta.

Ogni relazione d’amore, al suo nascere, deve superare una invisibile ma impenetrabile barriera che ci separa dall’oggetto del nostro desiderio; inizialmente non sappiamo come esso potrà reagire al nostro approccio, che ci figuriamo oltremodo goffo e inetto, non sapendo quasi mai mettere nel conto la possibile attrazione che probabilmente abbiamo suscitato nell’altro. Di solito, tranne eccezioni sfortunate, la prima scintilla scocca tra due individui che s’incontrano, misteriosamente attratti uno all’altro, e che misteriosamente, anche solo per pochi istanti, si astraggono dal resto del mondo e si concentrano esclusivamente su loro due.
Dunque allora ci chiediamo con angoscia se quel nostro primo sconsiderato approccio non verrebbe subito respinto con sdegno, distruggendo forse per sempre qualunque possibilità di poter creare un contatto qualsiasi con quella persona. Una persona che non vorremmo perdere per nulla al mondo, in quei momenti, e questo ci sconvolge e ci getta in una ancor più terribile incertezza. Ciò che è peggio è che proprio quella indecisione in cui precipitiamo potrebbe essere ciò che ci condanna nei confronti di chi vogliamo avvicinare, e di questo siamo ben coscienti, tanto che la nostra angosciosa titubanza rafforza ancor più sé stessa, e ci getta in un circolo vizioso cui diventa via via sempre più difficile sfuggire.

Se questo è valido per OGNI situazione di desiderio e amore, è più acuto ancora per chi, come me, deve superare anche le barriere sociali, ambientali e personali di un incontro omosessuale. Almeno per me è sempre stato così, non crediate che l’essere donna mi faciliti in ciò per una presunta conoscenza del “mistero femminile”, anzi. Ogni donna inizialmente è un pianeta a sé, lontanissimo ed insondabile, ed è proprio questo il grande fascino – e anche il grande dramma – del rapporto d’amore, di ogni rapporto d’amore, ma in particolare, nel mio caso, di quello che nasce – per un mistero assolutamente imprevedibile e inspiegabile – tra donna e donna.
Per questo, per superare questo muro che separa individuo da individuo, occorre una spinta potente, un desiderio al limite della follia, perché solo un colpo di follia ci può spingere a compiere quel primo rischiosissimo passo, in cui mettiamo a nudo noi stesse davanti a colei (o colui) che fino a quel momento era solo l’immagine vaga e lontana di un sogno.
La bellezza della mia compagna è ciò che mi ha stregata, e conquistata, fino alla follia, e fin dal primissimo istante, è quello che mi ha consentito di superare tutte le paure e le titubanze di quel terribile, indimenticabile primo bacio, ed è sempre ciò che ogni giorno mi porta a gettarmi inerme e senza esitazione tra le sue braccia…

Alla fine, sapete, altro non è che questo, l’amore: la folle risoluzione di un istante che può cambiare per sempre la nostra intera vita…

Con amore
M.P.





La tua bellezza


La stanca, risoluta bellezza
del tuo caro viso
cara mia sposa, così dopo il canto
come dopo l'amore, con negli occhi
il colore dei pioppi delle tue terre,
la luce che so, che attendo ogni sera,
questa luce che dice di te,
e di me, più di qualunque poeta
in mille pagine, in mille più mille
versi ispirati e canti spiegati.

La tacita, riservata bellezza
racchiusa tra le palpebre serrate
come per non far fuggire i pensieri,
trattenuta da labbra schiuse appena,
appena piegate in quel distaccato
delizioso tuo broncio
per non sentirti amata abbastanza -
laddove “alla follia”
per te non è per nulla “abbastanza”...

La tua antica, medioevale bellezza
che custodisci, come un tesoro
in un segreto castello, laggiù
nel dolce schivo prato
della tua grazia di femmina amata,
insaziata, bramosa, mai placata,
aperta solo in attesa del bacio
che soltanto io, da sposa alla sposa
posso e voglio donare.

La consapevole, fiera bellezza
che indossi con elegante distacco
quasi non ti appartenesse affatto,
quasi fosse un destino:
quella bellezza che io bacio e abbraccio
alla fine del giorno, ogni giorno,
e che a notte posseggo
nell’inebriante ascesi
d'un antico rito pagano.



Marianna Piani
Kilkenny, 16 Maggio 2018



.

sabato 9 marzo 2019

Giovani passi



Amiche care, amici,

pubblico oggi versi che scrissi proprio all’inizio del mio volontario esilio, quassù in Irlanda, una via intrapresa principalmente per amore, ovvero la motivazione più forte e decisiva che si possa mai avere.
Il mio animo oscillava tra un silenzioso rimpianto di ciò che avevo lasciato, e la contentezza, potrei dire l’orgoglio di aver voluto e saputo prendere quella decisione, e di attuarla davvero. Non senza rischi, non senza costi, non senza dolorosi distacchi.

Ma l’innamoramento travolgente, improvviso e incontenibile, per la persona che ora è la mia compagna, l’ho sentito nascere e crescere in me con l’impeto di una giovinezza che, a quarantasei anni, pensavo di aver abbandonato per sempre.
Invece, e questa fu la scoperta più importante e decisiva, la giovinezza davvero quasi nulla ha a che fare con l’età, ma è tutta nelle scelte che facciamo, nel coraggio che abbiamo di rimetterci in discussione, nella capacità di accogliere nuove prospettive, anche rischiose, anche sconsiderate, nella propria vita.
E l’amore, in tutto questo processo di rinascita, è un potente, forse l’unico possibile, catalizzatore.

Vi lascio alla lettura, con sconsideratezza, e, naturalmente, con tutto il mio amore.
M.P.





Giovani passi

(Come coltelli, o artigli che straziano
vive carni, sono i rimpianti;
i rimorsi, quali si accaniscono
sulle vite dell'uomo, non conosco,
per mia sorte o virtù. Le mie ferite
sono soltanto quelle che ho inferte
o ricevute nel nome d’amore.)

Giovani passi mi hanno condotta
in questi luoghi, lontani
dalla luce abbagliante
delle scogliere mediterranee,
odorose di alghe brune,
abitate da astici dorati.

Giovani pensieri mi hanno reso
nuove idee, nuovi presagi,
giovani impeti mi hanno trovata
pronta a partire, ovunque sia,
purché lontano dal noto, cercando
l'ignoto. Il remoto. Il diverso.

Giovani voci mi hanno chiamata
con squilli di risa dai giardini
e dai parchi, giovani coppie
che amoreggiano sole,
sulle panchine, in mezzo ai prati,
o dietro sipari di siepi.

Protette, costoro, come
un raro tesoro, dalle complesse
trame del bosso, non dicono nulla
di sé, non sentono il mondo
tutto attorno, si baciano solo,
mordendosi una le labbra dell’altra.



Giovane dunque è il giorno che nasce
col sole che infiamma un cielo precoce,
e le giovani coppie d'amanti
sciolgono in fretta l'amplesso
prima che sorga del tutto, quel sole,
e così muoia la notte, con loro.

Giovane infine è questo viaggio,
giovane è tutto il nostro coraggio,
la smania che abbiamo in corpo e nel cuore
di mutare, di andare, per tornare
forse mai più, mai più

in questo nostro mare. 


Marianna Piani
Maggio 2018





.

sabato 2 marzo 2019

Marina




Amiche care, amici,

un anno fa, approssimativamente di questi tempi, trascorrevo una delle mie ultime fugaci visite nella mia città d’origine, prima di emigrare (quasi) definitivamente.
La vicinanza al “mio” mare è il ricordo più vivo che porto con me, e porterò per sempre, ovunque.
Un mare particolare, quest’Adriatico supremo, quasi un grande lago, ben diverso dal mare-oceano che ho trovato quassù in Irlanda, che tra l’altro è un’isola, e dell’isola, seppur grande, mostra con orgoglio tutti i caratteri, primo tra tutti il rapporto millenario di queste genti con il mare.
Il “mio” mare, forse anche per questo, per questa sua particolare atmosfera insieme tempestosa e intima, rimane e sempre rimarrà nel mio cuore.

Anche James Joyce aveva un rapporto importante con il mare, e per questo ha trovato per undici anni proprio a Trieste la sede ideale per il suo esilio personale ed intellettuale. Io ho compiuto il percorso inverso, ma il senso in fondo è lo stesso. Mi sentivo più in esilio a Milano, così lontana dal mare da parere del tutto estranea al senso dell’orizzonte, che chi è nato in riva al mare sa esserne il carattere più distintivo. Oppure a Monaco, dove cercavo di surrogare quella assenza, ancor più radicale, aggrappandomi agli argini di quel gioiello poco conosciuto che è il fiume Isar, in particolare nella parte sud del suo percorso, quella più selvaggia e sturm und drang.

Erano dunque gli ultimi giorni che avrei passato sulla riva di quel mare, e lo sapevo; e questo ha dato a questi giorni un sapore intenso di nostalgia, come non ne avevo mai provato prima di allora.
Milano, in cui pur ho vissuto quasi vent’anni, e che ho amato per tutto ciò che mi ha dato (ed è molto) non mi dà una emozione paragonabile…
 

Grazie di cuore, sempre, per accompagnarmi in questi pensieri, amiche dilette e amici.
Con amore


M.P.



Marina



Sono oggi accanto al mare:
sento il famigliare odore dell’alga,
la luce d'una notte senza luna
si diffonde e si rifrange nell'aria;
posso immaginarla, quasi vederla
frantumarsi in scintille nell'onde
inquiete, sebbene ancora sopite.

Dovrei essere felice, sentirmi
del tutto a casa, in questa atmosfera
mediterranea, che mi appartiene
come m'appartiene ogni memoria
impigliata tra frangenti e sassi,
tra questi scogli su cui saltellavo
da uno all’altro con spontanea grazia.

Dovrei essere felice, e uscire
a dirlo al mondo, allargando le braccia
come ali d'un gabbiano
per abbracciare chiunque mi sia vicino
amico benevolo e paziente;
dovrei essere felice, per amore,
per pudore, per lo sguardo sorpreso

che pur senza esser qui presente e vivo
colma di luce i luoghi.
Dovrei, vorrei, ma non sono abbastanza
forte da dar perdono
alla sua assenza, tanto
sento la sua mancanza
qui, al fianco mio, mentre
 
la fosca notte avvolge
di spettri e dubbi il mio rifugio
troppo lontana e troppo sola al mondo 


Marianna Piani
Trieste, Aprile 2018

.