«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

domenica 30 giugno 2019

VENTENNIO


Ventennio






Amiche care, amici,

Come vedete, questa settimana ho rinunciato alla mia consueta pubblicazione di poesia, come ho fatto altre volte in occasione di particolari eventi drammatici, avvenuti negli anni precedenti, tali da rendermi inopportuno, o penoso, o addirittura impensabile fermarmi a esporre su questa bacheca le mie poesiole. Feci così, ad esempio, in occasione della la strage parigina del CharlieHebdo, o per quella del Bataclan...

In questo caso si tratta, per fortuna, di una situazione assai meno tragica, anche se per certi aspetti non meno drammatica, che però almeno per me personalmente ha avuto la valenza di una svolta epocale.

Sulla vicenda della Sea Watch, perché attorno questa vicenda voglio soffermarmi, cioè del lungo braccio di ferro tra il nostro attuale governo - o meglio ancora, tra la persona che ora occupa la carica di ministro dell'interno del nostro paese - e questa nave ONG impegnata in una operazione di soccorso in mare, sul blocco navale, sulla decisione di disobbedienza civile che ha spinto il Capitano Carola Rackete a violarlo, e sulle conseguenze penali del suo gesto, non voglio soffermarmi.
La mia posizione, tanto per fugare ogni dubbio o "nénéismo", è semplicissima: se devo scegliere tra diritti umani e il rispetto di una "legge" che li mette in discussione, io sto dalla parte dei Diritti Umani, senza se e senza ma.
- Per prima cosa perché una legge (o addirittura un decreto, come in questo caso) è scritta da un governo in carica, e quindi è soggetta ad essere impugnata, modificata, cancellata, superata in ogni momento da un qualsiasi governo successivo; mentre di converso i Diritti Umani sono quelli, solidi, validi ovunque, sempre, inoppugnabili.
- In secondo luogo perché, se una legge "mette in discussione" i diritti umani, per definizione essa è una cattiva legge, e in sè contiene i presupposti per la sua contestazione.
Così come avvenne ad esempio per le leggi razziali di triste memoria: pur essendo leggi promulgate in una forma apparentemente legale, rimanevano intrinsecamente fuori legge, e andavano combattute e destituite nel più breve tempo possibile.
Ma non mi fermerò oltre su questo tema specifico, come dicevo.

Parlerò invece dell'ormai famoso video (1) che è apparso sui social, e che registra "senza filtri" - come il suo autore tiene a precisare - l'arresto della comandante Rackete e le contemporanee urla di una piccola folla di fanatici leghisti e sovranisti che l'hanno accolta in un diluvio di insulti e minacce irripetibili. La visione di questo filmato ha rappresentato, per me davvero come un simbolico spartiacque epocale, nonostante la folla di fanatici presente si potesse definire più "sparuta" che "oceanica".
No, non possiamo più nasconderci dietro il dito delle nostre illusioni, delle nostre convinzioni generosamente positive riguardo una intelligenza e una sostanziale "bontà" della specie umana.
O, quanto meno, io non riesco più a farlo, dopo aver visto quel video nella sua interezza.

Queste illusioni, questa fiducia di fondo, questa razionalità umanistica, alla visione - e soprattutto all'ascolto - di quel filmato (perché l'audio di un filmato e le immagini che lo accompagnano sono una rappresentazione viva, diretta, e non "in vitro" come le centinaia di insulti dello stesso tenore apparsi contemporaneamente sui social), tutto questo è crollato, angosciosamente e dolorosamente dentro di me, come un ideale Ponte Morandi, che è venuto giù, e mai più si potrà ricostruire uguale a prima.

Ebbene mai, fino a un paio di anni fa, avrei potuto nemmeno lontanamente immaginare di assistere a una simile manifestazione di barbarie assoluta, allo stato brado, immagini e suoni che credevo confinati nei recessi più oscuri della Storia, e che non avrei mai immaginato si potessero ripetere così, nudi e crudi, davanti ai miei occhi.
Per di più agiti da parte di persone abbronzate, in maglietta e ciabatte infradito, apparentemente "normali", apparentemente uguali a noi. Non da orde barbariche o da fanatici religiosi radunati sotto un patibolo eretto per la strega di turno,  legata ("manette, le manette!") ed esposta agli sputi, agli insulti, al ludibrio. A questi sedicenti "cristiani" lì presenti, e a quelli che vomitano insulti in rete, ricordo, per inciso, che simili grida e urli, simili insulti, simili sputi furono riservati al Cristo mentre veniva issato sulla croce, simbolo primigenio di tutte le forme di "disobbedienza civile".
Sì, siete voi, che la baciate e ci sbavate sopra a TRADIRE quella croce, quel simbolo, quella tradizione alla base della nostra Civiltà Occidentale! E se davvero foste credenti (ma NON lo siete, tranquilli, è del tutto evidente!) temereste ora l'ira del vostro Dio, che si è sempre presentato come UN DIO GIUSTO, o vi sotterrereste dalla vergogna, come avete fatto negli anni passati, prima che arrivasse qualcuno che fosse, finalmente, davvero peggiore di voi!

A parte ciò, quel video, pur essendo un piccolo reperto, quasi insignificante di fronte all'oceano dell'odio quale si presenta ormai senza remore né freni un po' ovunque, ripeto, non solo mi ha sconvolto profondamente, sebbene fossi razionalmente preparata al peggio, ma ha fatto crollare dentro di me ogni speranza sulla possibilità di recuperare questa gente se non combattendola, apertamente, duramente, e senza tentennamenti.
E da questo ho capito anche, in modo chiaro e definitivo, che ormai siamo DENTRO un prossimo ventennio leghista e sovranista, e che NULLA ce lo potrà risparmiere ormai; meno che mai i nostri leader, disorientati, letteralmente travolti e frastornati dalla attività frenetica e incontenibile di un piccolo uomo grasso, a modo suo molto abile e immensamente ambizioso, che aspira chiaramente a "entrare nella Storia", costi quel che costi.
Di fronte a questo abbiamo una leadership del tutto impotente di una controreazione minimamente efficace, incapace di una vera unità di intenti, quale la Storia sta reclamando a gran voce.

Dunque siamo dentro un nuovo ventennio, il "ventennio leghista", e da ora in avanti potrà andare solo peggio: finora abbiamo solo saggiato i primi test "in vivo" che ogni regime totalitario compie per misurare fino a che punto può, gradualmente o a strappi progressivi, spingersi, per procedere a tappe forzate fino all'obbiettivo finale di un regime che è ancora da definire nei dettagli, ma di cui ad esempio la recente intervista di Putin al Financial Times ha dettato delle chiare ed efficaci linee guida. L'Italia in pratica si sta preparando, e, bisogna dare atto, perfettamente in chiaro e senza sotterfugi, ad abbandonare la civiltà politica e sociale dell'Occidente e dell'Europa, e si appresta a entrare a tutti gli effetti nell'orbita delle "democrature" orientali; e tutto questo - quel video è lì a testimoniarlo - avverrà, e avverrà presto, molto presto. Anzi, sta già avvenendo. Non ci sarebbe nemmeno più il tempo materiale per opporci con un minimo di efficacia, anche se miracolosamente trovassimo di colpo quell'unità e saldezza d'intenti che finora non abbiamo saputo trovare.

Quel video, insomma, mi ha convinta DEFINITIVAMENTE che dobbiamo prepararci a una lotta di resistenza lunga, scomoda, che costerà sempre più caro a chi avrà il coraggio di esporsi (coraggio di cui il Comandante Rackete è simbolo ed esempio), a chi vorrà manifestare il proprio dissenso (cosa che sta già accadendo) o la propria semplice "diversità" nei confronti dei canoni del potere (anche questa fase è già pienamente in atto), con una inaudita apertura di credito nei confronti dei gruppi attivisti neofascisti, il "braccio secolare", ormai scatenati sul campo godendo di una sostanziale totale impunità.

Se pensate che esagero, ditemelo, vi prego.
Ma prima, vi prego anche di riguardare un attimo quel video, ascoltate.
Questo non è un film di fiction, non è una rappresentazione sui social, è realtà, la NOSTRA realtà.
Per me, personalmente, quelle urla, che è difficile definire "umane", sono le voci che, sulla soglia dei miei 47 anni, hanno distrutto ogni residuo di "innocenza", politica, sociale, antropologica, per sempre.
Non perdonerò mai più che costoro mi abbiano fatto questo!

Grazie per avermi seguito anche in questo intervento, purtroppo, molto deprimente, e assai poco ottimista.

Scusatemi.
Con amore, comunque, sempre.

M.P.
30 Giugno 2019
Kilkenny, Irlanda

(1: il video di cui parlo, ripreso con uno smartphone, purtroppo non è raggiungibile su Youtube, ma solo via social, per cui non sono in grado di inserirlo qui, come avrei voluto)



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domenica 23 giugno 2019

Adriatico minimo e solenne


Amiche care, amici

Una lirica dedicata alla mia terra. Anzi, per meglio dire, al mio mare.

Ora che mi sono trapiantata proprio di fronte a “un altro mare”, per citare Claudio Magris (si chiama “Mare d’Irlanda”, in realtà è un pezzetto appartato di Oceano, e da Dublino, con una breve traversata, se voglio posso recarmi direttamente a visitare la casa natale di John Lennon, a Liverpool), la lontananza ha avuto l’effetto di una lente d’ingrandimento sulla memoria, e così ritrovo dentro di me dettagli e frattaglie che pensavo ormai dispersi da tempo.

Non si tratta di nostalgia, vorrei sottolineare. Si tratta di un sentimento complesso, in certo modo contradditorio, difficile da definire in poche righe. Un poco come se il tempo e lo spazio (come del resto sostengono le teorie relativistiche) non siano che il tessuto di un’unica coperta distesa sulla nostra esistenza: la tiri da una parte, e ne scopri un’altra.
La distanza dai miei luoghi d’origine è aumentata, soprattutto psicologicamente: non è più alla portata di una corsa in macchina sulla orribile A4, occorre un volo internazionale – e io detesto volare – e un trasferimento in treno. Nulla di tremendo, ma sufficiente per farmi percepire ed interiorizzare un netto distacco, che sarà probabilmente definitivo.
Questo distacco è ciò che mi ha portato quasi inevitabilmente ad esplorare ancora i luoghi della memoria con uno sguardo nuovo, insieme disincantato e intenerito, senza ombra di nostalgia, come dicevo, ma solo la voglia, e forse il bisogno, di riconoscermi in essi viva. In fondo, la memoria è come uno specchio, che rimanda immagini – e di conseguenza emozioni – strettamente intessute al tempo.

E, piccola anticipazione, questo distacco mi ha fatto ritrovare ed esplorare, per la prima volta in assoluto, il suono e i toni del mio dialetto. Ma di questo parlerò in una prossima occasione.

Con amore
M.P.




Adriatico minimo e solenne


I

Adriatico minimo e solenne,
come un bimbo che gioca
a esser grande; odore di salsedine,
di pece, e di pescato putrescente
nei recessi segreti dello scalo,
e io nel ricordo, a zonzo tra le barche.

Gli ormeggi ben tesi in attesa
dei tre giorni di bufera, il sartiame
che scampanella a ogni onda,
un poco più a quella, lunga e profonda,
del mercantile all’orizzonte,
pur già lontano miglia.

Pigramente, dondolano le rande
contro il cielo livido e viola
dei tramonti di settembre, in attesa
della pioggia improvvisa, che si perde
a rivoli tra le pietre del porto:
ricordi che mi vedono bambina.

Gridi aspri di gabbiani esasperati
con le strette ali lampeggianti
contro gli oscuri nembi sullo sfondo:
dicono di viaggio, di fuga libera
oltre i confini, di malinconia,
del coraggio selvaggio delle onde.

Così immaginavo che si potesse,
amare, venerare il mare,
fino all’esaurimento di ogni forza,
di ogni volontà, oltre ogni prudenza.
proprio come si fa in amore, un viaggio
verso, dentro un ignoto mondo.

Il grido degli uccelli nel mio cuore,
il lamento a tratti di questo vento
che adorna di spume d’argento l’onde,
le voci spigolose e il suono brusco
del dialetto, i volti antichi, scolpiti,
dei vecchi uomini di mare, bruni

come tizzoni arsi: li avrei amati
se li avessi rivisti, a bestemmiare
e ad imprecare sulle loro barche
ingombre di cordami, e reti vuote,
e di sfasciumi di memoria. E invece
trovo che tutto è ormai scomparso.

Spazzato via. Come nulla lascia
l’onda che si ritira dalla battigia,
abbandonando solo
una torma di carapaci e valve
svuotate, nella sabbia.
Fino alla futura onda già in arrivo.


II

Questa riva cui mi accosto è una linea
che non è stabile, che non si ferma,
che si avvicina, e subito mi sfugge,
un limite vago, che del confine
non ha la sostanza né la costanza:
non è un confine, non è una barriera.

Basta un minimo alito di vento:
se non mi sposto in fretta, l’acqua salsa,
carica di fragranze e turbinii,
mi investe il piede, nudo
nel sandalo festivo, e l’accarezza
con un sensuale mormorio d’invito.

In piedi sulla riva, sola,
penso che potrei ripartire, ora,
senza indugiare oltre, traversare
l’immenso piano d’acqua che
come separa, così unisce
le sponde delle nazioni, e le genti.



Irlanda, 2018
Marianna Piani




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sabato 15 giugno 2019

Sguardo chiaro


Amiche care, amici,
Scrissi questa breve lirica nell'ormai lontano 2012, in omaggio del compleanno di Margherita Hack, e la ripropongo oggi, solo leggermente "sistemata" di metrica, e in lieve ritardo con la ricorrenza.
Ero una bambina di forse sei anni quando ebbi il privilegio di conoscere questa straordinaria donna di scienza, grazie a mio papà, che la frequentava sporadicamente. Mi lasciò una impressione fortissima, ne fui soggiogata, anche se non sapevo perché, con un misto di reverenza, timore e attrazione. Margherita Hack fu per decenni il Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Trieste. Ci ha lasciato troppo presto, fiera e indomita ancora nei suoi 91 anni come era sempre vissuta, il 29 Giugno del 2013, appena un anno dopo la composizione di questi versi...


Con amore, per la donna, per la scienza.

M.P.




Sguardo chiaro
(Per Margherita Hack)



Sguardo chiaro di donna infinita
più limpido del limpido cielo
più luminoso di un astro morente
più misterioso di una galassia lontana
più autentico di questo immenso
che tu esplori per nostro sapere
da un’intera incommensurabile vita.


Noi siamo estasiati
dalla grazia di conoscenza
della tua esistenza
che ha dato e dà un senso
al nostro profondo costante
incoercibile anelito alla bellezza,
dall’eterno all’infinito.



Marianna Piani
Milano, 12 Giugno 2012




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sabato 8 giugno 2019

Solitudine in vetta



Amiche care, amici,
oggi riprendo un tema a me caro, l’avventura dell’arrampicata su roccia, in montagna. E la nostalgia dei paesaggi, dei luoghi, delle vastità e delle solitudini che ne erano sfondo e motivo.
Più che uno sport, quale praticai a fondo negli anni giovanili, per me è una specie di culto, più vicino alla contemplazione che allo sforzo fisico e alla complessità tecnica necessaria per compierlo senza troppi rischi.


Ora purtroppo non esercito più, me ne manca il tempo, e la distanza con quelle che consideravo le “mie” montagne (le Dolomiti, il grande anfiteatro ampezzano e il Cadore) è divenuta incolmabile. Inoltre gli anni di mancato esercizio si sono accumulati rapidamente, e ora non potrei certo più compiere nulla di ciò che potevo fare con una certa disinvoltura in passato, le mete che potevo raggiungere, che pure non erano per nulla “estreme”.
Rimane la memoria, molta dolorosa nostalgia, intrecciata con quella della follia e della bellezza che invecchiando di anni e spirito ho perduto e, sempre, la speranza di rivedere un giorno quei luoghi, cosa che per ora mi è preclusa.


Con amore
M.P.





Solitudine in vetta

M
i hanno sovrastato per anni,
solenni, quelle rocce aguzze,
taglienti sui bordi come rasoi,
cornici spaccate, fratte e rifratte,
squassate come molari guasti,
e come quelli intrise
d’un qualche sentore di morte.


Per anni le ho guardate
con segreto timore, ergersi e inarcarsi
sopra il mio cuore, sopra
ogni mia percezione, e oltre
la mia comprensione, potenti
e disperatamente sole,
sfidare la mia umana fragilità.


E fragile, minuscola e leggera
qual ero, appena più che una effimera
contro il cielo in balia anche del più flebile
vento, frusciavo le ali
di celluloide sottile e coglievo
la sfida, cercando il motivo
del mio essere - dunque - viva.


Salii quelle rocce che mi fissavano
severe dall’alto dei loro
milioni di anni, le salii
e risalii, nei miei pochi anni, ostinata
come era ogni singola pietra
che trovavo sul mio cammino,
ostinata e avida di verità.


Eppure, ogni volta,
una volta giunta alla cima,
ciò che mi sommergeva, come un mare
invernale, era il trovarmi qui sola:
la solitudine senza dolore,
senza quasi speranza che sempre ė
per lo sfidante, innamorato,


il giungere alla vetta.


Marianna Piani
Irlanda, 18 Settembre 2018


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sabato 1 giugno 2019

I salici



Amiche care, amici,

molte volte mi sono trovata in questa situazione, quella che ho tentato di esprimere in questa breve lirica, scritta su un tovagliolino di carta (davvero, faccio di queste cose) non ricordo quando, poiché non annotai la data.
Molte volte sono partita, e ripartita, molte volte ho viaggiato senza sapere se avrei mai fatto ritorno, molte volte mi sono perduta nel mondo, volontariamente, scientemente, molte volte ho cambiato di luogo, di lingua, di prospettiva, di conoscenza, di vita.
E molte volte mi sono chiesta se tutto questo avesse un senso, se valesse la pena questo fuggire, sempre, comunque, ovunque fosse a chiamarmi quell’altra me stessa, che mi precedeva sempre di un passo. E se la nostalgia che provavo per ciò che perdevo fosse rimpianto.
No, non lo è mai stata.
La vita per me esiste finché ha movimento, la vita è movimento. Mutamento, nel tempo e nello spazio, disequilibrio, anche precipizio e caduta, purché avvenga: tutto pur di increspare lo stagno, pur di sconfiggere l’ordine, beffare l’entropia, e beffare, ancora per un poco almeno, la morte.

(E l’amore cos’è se non l’essenza, l’estrema espressione di tutto questo?)

Con amore

M.P.




I salici

Salici, e lunghi filari di pioppi
e betulle in lamé,
prati a perdita d’occhio
come dorsi convessi
di immensi dormienti ramarri.

Il mio viso, diafano e assente
come un soffio d’ansia opalina,
riflesso sul finestrino del treno,
sempre in fuga verso l’esilio.

E in fine, io che non mi pento.


Marianna Piani 
Irlanda, 2018



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