«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

domenica 26 maggio 2019

Per essere te



Amiche care, amici,

quando non ci basta più nemmeno la presenza della persona che amiamo, quando la sua assenza, per qualsiasi motivo, diventa intollerabile, quando la nostra passione diventa tale da farci fantasticare una identificazione totale con lei, tale da desiderare non solo di essere dentro di lei, o che lei sia dentro di noi, ma di essere noi stessi lei, di fondersi e confondersi fino a prendere le sue sembianze, fino a assorbire la sua anima profonda e i suoi stessi desideri, non per annullarci in lei, ma per costituire una entità nuova e diversa, fatta di noi e di lei assieme.


Queste fantasie emergono nei momenti di assenza e di lontananza, che per me fino a poco più di un anno fa erano frequenti, lunghi e tormentosi: istintivamente, irrazionalmente (e forse follemente) ci pare allora che il solo modo di assicurare la nostra unione, di evitare che la vita faccia, come sembra, di tutto per separarci, sia quello di fonderci, di saldarci in una unica entità, indivisibile, con un'unica identità riconoscibile.


(Forse per questo anche noi coppie “non tradizionali”, desideriamo, sogniamo di suggellare la nostra unione con ciò che più si avvicina a questo status virtuale, un “riconoscimento” di identità sociale e legale, accettato, riconosciuto, stabile, "eterno". Per questo, anche per questo, io mi sposerò presto con la mia compagna…)

Con (folle) amore.
M.P.






Per essere te


Oh, quanto vorrei tu fossi ora qui,
proprio ora, trenta dopo mezzanotte
come il mio sogno di sempre, per sempre
incarnato, accanto a me, ammirato
corpo che emana bellezza al creato
anche nella oscurità del mio sguardo.

Fa che cali la notte sopra noi,
che giunga come un’amante gelosa
a coprirci, a entrambe, il corpo e le membra
di carezze e baci sempre più audaci!
Tu dici: “un bacio per ogni stella
che assieme a me trovi nella galassia”.

In fondo è una notte di fine estate
come le tante che abbiamo vissuto,
né più dolce, né più brutale, né
più chiara, né più tenebrosa. Solo
che ora posso immaginarti qui accanto
che respiri e sogni nei miei deliri.

Ti vedo, in un passato inconsapevole
di noi, che ti alzi, e indossi in fretta
e dolce silenzio l’abito viola,
e te ne esci di soppiatto lasciandomi
a smaniare nel letto sfatto, persa
nel tuo profumo che ostinato persiste.

Mi par di vederti, sbandierare
la tua fierezza di femmina alfa
che mi vince e mi schiaccia
con la sua bellezza, e l’imprendibile
imprevedibile giovinezza:
eppure ogni sera, qui, io ti aspetto.

. . . .

Ecco: mi par di vedermi, a esser te
tra la gente che si scosta a guardarmi
passare, tra due ali, come fossi
una regina, spodestata dal regno,
ma ancora emanante tutto il potere
e la gloria dell’essere amata.

Così a volte, a esser te
mi sorprendo, donna mia amata,
e te, a essere me.



Marianna Piani
Irlanda, 02/09/2018




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sabato 18 maggio 2019

Ritorno e finzione


Amiche care, amici,

una riflessione sul ruolo della memoria e del ricordo in contrapposizione al rimpianto
e alla nostalgia nella nostra vita, e dietro quello specchio che di tutto ciò è la poesia.
Molti dei miei componimenti si svolgono sul filo del ricordo, ma ogni volta sono il frutto di un'aspra battaglia, contro la nostalgia o, peggio, il rimpianto, emozioni che anziché far fruttare la memoria in funzione di una elaborazione del lutto, di un tentativo di progresso oltre il nodo del dolore, su di esso si ripiegano, negando di fatto spazio alla vita. Credo che questa dialettica, anzi questo conflitto, spesso violento, tra vita e tensione di morte, sia sempre interno ad ogni creazione, e che ogni creazione abbia un senso, un valore artistico e di comunicazione solo nella misura in cui sappia in qualche modo in sé risolvere
– temporaneamente questo conflitto.

Non aggiungo altro, per oggi, vi lascio direttamente, se vorrete, alla lettura.


Con amore
M.P.






Ritorno e finzione


E alla fine, tornare sui miei passi,
è un modo forse di concludere
il cammino, oppure è il bisogno
di qualcosa per cui valga morire.

No, quando mi prende il rimpianto

sul suo carro dorato,
mi ribello: non è da me, mi dico,
irritata perché non m’appartiene

– ne sono convinta – il rimpianto
del tempo avuto o dato, meno ancora
dei luoghi che mi ebbero accolta,
un tempo, e poi forse mai più.

Dice un poeta del mio tempo,
dice che il ritorno sia il luogo primo
della poesia, ciò che ne fa cosa
che ha un senso, nella vita di ognuno.

Il ritorno è un percorso che s’incurva
come la luce fa attorno a una massa
stellare, e questa è la via che ci illude
di poter capire ciò che di noi

il tempo ha consumato: in vero sappiamo
che è una via preclusa, né mai sapremo
ciò che abbiamo lasciato,
così come un raggio di luce disperso

nell’Universo nulla sa di sé stesso.
Non più assorbito, non più riflesso,
non più capace di restituire all’iride
dall’oggetto il sensibile, la verità.

Quante volte ho scoperto
che nel sensibile, oltre il diaframma,
non vi è che il nulla, e il nulla non ha
nulla di verità.

Poesia è somma finzione.
Poesia è questo ritorno vano.
Il ritorno è riunione.
Riunione è l’ultima finalità.




Marianna Piani
Kilkenny, 3/09/18




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domenica 12 maggio 2019

Pomeriggi


Amiche care, amici,
devo premettere, perché è importante, che in questa lirica, buttata giù qui in Irlanda in una splendida mattina di agosto, la mia memoria, il mio racconto, tratta della sorella che ho perduto anni fa, per sua decisione di lasciare me, la famiglia, la città, e tutto quanto (libri, vestiti, affetti, ricordi), per scomparire per sempre da qualche parte nel mondo.
L’ho cercata, ovviamente, ma ho trovato solo la sua ferma volontà di non farsi rintracciare, e ora so che vive, non so se felice o meno, ma da quel che ho potuto sapere in questi anni sì, da qualche parte nel nord della Germania.
Ne ho parlato spesso in queste pagine, perché si tratta per me di una ferita aperta e che non si rimarginerà mai più. Ciò che fa più male è che per tutta la nostra infanzia e prima giovinezza fummo molto unite, e i momenti più intensi di questa nostra sorellanza la vivevamo nelle nostre escursioni in alta montagna, le nostre ascensioni, le nostre competizioni folli sugli sci a chi faceva più punti FISI (e lei era sempre, e di gran lunga, in testa). E di fatto, da quando mi lasciò, poco tempo dopo abbandonai quasi del tutto queste attività, che non riuscivo più a concepire senza di lei, e da cui non riuscivo più a ricavare alcun piacere. Tutto questo si è  cristallizzato definitivamente nel mio cuore come memoria e motivo di immenso rimpianto.

Vi lascio alla lettura, amiche dilette e amici,
Con amore, che a volte fa rima con "rimpianto"
M.P.






Pomeriggi

Quei lunghi, sfiniti,
quasi infiniti pomeriggi muti
passati, distese supine sui prati,
a osservare le tracce del vento
tra le nubi filanti come vascelli
allo zenith dei nostri pensieri
per un mistero, o per un destino,
così indissolubilmente vincolati
tra loro come rami intricati.

Voleva dire percorrere assieme
i tempi della nostra passione,
mentre le mani, senza mai incontrarsi,
stringevano tra le dita
i fini germogli dell’erba
così cedevoli, e dolci, e innocenti
quali erano i suoi capelli
lasciati a danzare scintillando
nella luce compiaciuta del sole.

Poi c’era lì davanti
il sentiero che s’inoltrava senza
esitazione nella fitta foresta
di larici, pini e alti abeti
smagriti, puntati al cielo di piombo
o alabastro come gemiti acuti.
Salivamo affannate seguendo
quelle tracce scavate di sassi
accidentati e arditi come
alvei asciutti d’impetuosi torrenti.

L’ombra delle siepi di bosso,
le svolte cieche e repentine
tra le rocce e secolari radici,
non ci facevano paura,
non temevamo
l’angoscia di proseguire un cammino
di cui nulla ci era noto,
né se vi fosse alla fine una meta.

Così amiche, e sorelle, eravamo
che non temevamo la morte,
non sapevamo nulla ancora
del dolore infinito che all’Uomo
è dato, non conoscevamo
il gioco perverso della sorte
che devia ogni cammino
e lo disperde lontano dai rivi
insieme sognati, dalle illusioni,
e dalle nostre inesauste ambizioni.



Marianna Piani
Irlanda, Agosto 2018




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sabato 4 maggio 2019

L'Ausonia



Amiche care, amici,
scritto in estate, un ricordo d’estate, remoto ormai di tempo e di luogo.
Il tempo è l’Agosto di tre/quattro decenni fa, il luogo uno stabilimento balneare della mia città, i “Bagni Ausonia”, luogo piuttosto particolare perché era (ma credo ci sia ancora) proprio nel centro del porto, a poca distanza dalla casa che abitavo all’epoca, nei paraggi del Passeggio di S.Andrea, altro luogo “mitico” della mia infanzia.
Qui passavo parte delle mie estati, da giugno a settembre, quando i miei genitori non mi portavano tra le montagne, che era la meta preferita per le “vere” vacanze familiari.
Qui tra i tuffi, il nuoto e i giochi – che in età d’adolescenza si facevano sempre più audaci e più o meno consapevolmente sessuati – i lunghi momenti trascorsi distese al sole a chiacchierare, a confidarsi, a leggere Martin Eden, e sotto sotto a civettare coi nostri corpi fiorenti: io, che sono di pelle chiarissima nonostante la capigliatura e gli occhi neri, retaggio probabilmente della mia solida origine ebraica, sotto il sole in un attimo diventavo scurissima, una negretta, col segno bianco latte, quasi abbagliante, sotto il costume a due pezzi. Mi sentivo assai brutta, ovviamente, ma ora posso dire – con rimpianto – che dovevo essere invece bellissima…


(*  I "peoci" nel VI verso sono, nel dialetto locale, i mitili, o cozze, in colonie spontanee spesso molto numerose sui manufatti in cemento o metallo del porto, sotto il pelo dell'acqua, tra bassa e alta marea)

Con amore
M.P.





L’Ausonia


Si saliva in cima al pontile,
cemento grezzo come il letto
d’un torrente asciutto, poi noi
si ascoltava la risacca grugnire
sotto l’impiantito in legno d’abete
e tra i pilastri irti di peoci* affilati.

Con qualche riluttanza
da quell’altezza, scavalcando
l’inferriata, col cuore che impazziva
per la paura, ci buttavamo a picco
nell’acqua verde
fredda anche d’agosto
e ridevamo come pazze.

Intanto, tra l’onde che tintinnavano
nelle orecchie, udivamo il jukebox
che diffondeva quella canzonetta
estiva che ci spingeva a ballare –
dopo quei tuffi forsennati
senza respiro – ...senza respiro.

Noi ragazze allora, tutte insieme,
balzavamo a riva come otarie
sulle scogliere, scioglievamo i biondi
capelli al sole (e i miei neri)
e offrivamo i corpi bruni e fieri
agli sguardi e alle voglie
del cielo, e del mondo intero.



Marianna Piani
Agosto 2018


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