«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

domenica 25 marzo 2018

«Pretty You»



Amiche care, amici,

ragionavo proprio ieri con una amica sul concetto di "felicità", la condizione umana più fragile e relativa.
Indubbiamente in questi giorni, personalmente, intimamente, io sono felice: ho realizzato un sogno che ,ai tempi in cui scrivevo la lirica che oggi vi regalo, sembrava lontano, irraggiungibile, quasi irreale.
Questa decisione presa e realizzata non senza difficoltà e paure, ha rinfocolato il mio amore come una folata di vento su un falò, sollevando scintille a coprire per numero e luminosità le più luminose stelle.

E con l'amore, con le sue ansie, con le sue attese, giunge quella che noi umani usiamo chiamare "felicità".
Eppure questo è un periodo triste, intorno a me, una situazione in cui ho capito di quanto sia difficile vedere non dico realizzati, ma almeno non minacciati i propri ideali, le proprie convinzioni più alte, le più care tra le proprie certezze. E ho realizzato di quanto l'essere umano possa, e voglia essere egoista, assetato di potere, razzista, chiuso a riccio nel proprio orticello striminzito con l'illusione che tutto ciò possa continuare per lui, al diavolo tutti gli altri, tutti. E di quanto la paura domini questo nostro universo, generando odio, risentimento, anche violenza. Che delusione, per una Umanista quale mi pregio di essere, "scoprire" l'esistenza di questa maggioranza rumorosa, tutta attorno a noi.

Per carità, lo sconforto, razionalmente, non ci deve far vedere ciò che (ancora…) non c'è. Siamo, grazie al Cielo, ancora lontani da una tragedia concreta e reale (anche se per alcune minoranze ciò potrebbe non essere del tutto vero) che possa paragonarsi a quelle maggiori della Storia: Il totalitarismo serpeggia pericolosamente nel nostro privilegiato occidente, preceduto come sempre nella Storia da un apparentemente più "inoffensivo" populismo, ma abbiamo ancora strumenti, creati in decenni di Democrazia Reale e di Lotte, che ci consentono di tenere a bada la belva, se lo vogliamo, anche se con fatica ed esponendosi a qualche rischio. E sappiamo che quanto più saremo disposti ad esporci in prima persona, e a correre questi rischi (come ha fatto quella coraggiosa ragazza che ha rifiutato di servire un potente perché dichiaratamente razzista, rimettendoci il lavoro, per me un simbolo di questi tempi, una Rosa Parks in sedicesimo), tanto più difficile sarà per i nemici della Democrazia e della Tolleranza "vincere" davvero.

Dico questo perché, personalmente ho vissuto, sto vivendo questo periodo in uno stato di angoscia, di tristezza, di delusione che contrasta drammaticamente con la felicità presente in questo stesso momento nella mia vita personale.
Come è possibile che convivano due sentimenti così opposti, la gioia esaltante di mettere su casa con chi amo, e la tristezza infinita per una situazione, da noi in Italia, ma non solo da noi purtroppo, di marea montante di odio, razzismo, xenofobia e, ciò mi riguarda anche privatamente, omofobia?
Ebbene, non è possibile, nel senso che le due cose non devono affatto "convivere", perché ciò che alla fine deve prevalere è il senso di ciò che noi siamo, le nostre certezze, le nostre convinzioni, e, naturalmente, il nostro amore.
Se c'è una lezione che Etty Hillesum, con il suo straordinario emozionantissimo Diario, ci ha lasciato è proprio questa: non c'è tragedia, orrore della Storia che possa scalfire la nostra profonda reale interna felicità, che proviene dalla certezza e dalla bellezza dei nostri Ideali, e dall'amore che sappiamo di poter esprimere con la nostra vita. La profonda, invincibile Umanità che si trova nelle righe di questa giovane donna, che rimane sé stessa, con la sua intima felicità di esistere, anche a contatto, fino ad esserne travolta, della peggiore tragedia dell'Umanità, questa è una testimonianza che deve rimanere un esempio per tutte, tutti noi.

I nostri "mostri" - per fortuna - sono ancora poco più che dei buffoni, e la loro "granitica coerenza" si sfalda già ora solo per la smania di accarezzare la ampolla tossica del Potere. Possiamo e DOBBIAMO combatterli, rallentandoli, fermandoli (ricordando che anche Mussolini e Hitler parevano dei "buffoni" all'inizio, così come oggi ci appaiono personaggi molto pericolosi come trump o kim) prima che possano crescere tanto da provocare danni davvero irreparabili.
No, personalmente non lascerò che l'amarezza del momento incida in alcun modo sulla mia felicità privata, personale. L'amore, che è il sentimento che in questo momento prevale su tutto nella mia anima, è superiore a qualsiasi malvagità. E promuove un ottimismo di fondo in ogni mia azione...

Vi lascio alla lettura, amiche dilette, amici, di questa lirica, che racconta, tenta di raccontare come è avvenuto, inatteso, improvviso, imprevedibile - e travolgente - il mio primo incontro con l'amore della mia vita. A volte la vita cambia in un istante, in un "colpo di fulmine", generato magari da una piccola, breve frase, come quella del titolo…

Con amore, più che mai, carissime, carissimi!

M.P.






«Pretty You»


Mi dicesti così, innocente e piana
come solo tu sai fare:
"sei bella". You're so pretty.
E io non seppi che crollare ai tuoi piedi
e innamorarmi alla follia di te.

Proprio tu, che la bellezza,
quella umana e quella degli dei,
tratti da pari a pari, proprio tu,
che incedi e ti concedi da regina,
giocavi coi miei capelli e l'impazzivi.

Proprio tu che hai il fuoco
in cuore e fiamme in luogo di capelli
e i prati delle tue terre proiettati
nelle pupille, tu con il tuo volto
candido costellato di scintille:

tu mi dicesti bella, nel tuo accento
morbido e suadente, e una luce
di desiderio già sulle tue labbra
vivido e perverso, come il riflesso
viola del tuo colpevole rossetto.

Dall'ammirarti a amarti allora fu
questione d'un istante.
E quando fosti nuda nel mio letto
e io fui totalmente soggiogata
dalla tua essenza, solo allora seppi.

Seppi, oppure m'illusi, e dissi:
il nostro amore è un amore bambino,
lo nutriremo, lo cresceremo insieme,
tu ed io, fino a che
riluceranno le nostre stelle in cielo.


Marianna Piani
Milano, 20 Agosto 2017


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mercoledì 21 marzo 2018

Sono figlia



Amiche care, amici,

non commenterò troppo a lungo questa breve lirica, che è una confessione di felicità e di ardore, nonostante la melanconia sembra pervaderla. Vi lascio volentieri alla sua lettura...

Solo alcune riflessioni a margine, oggi, rpimo giorno di Primavera...

Per tutte e tutti l'accettazione di sé stesse/i è solo l'arrivo, mai raggiunto, di un lungo, faticoso percorso.
Per una persona omosessuale, ve lo posso assicurare, vi è una componente di sofferenza e di intensità maggiore, per lo scontro continuo con morali e convenzioni che si sente in qualche modo di infrangere, per sensi di colpa tormentosi e che paiono infiniti.
Eppure raggiungere l'amore, in qualunque forma sia, è l'unica cosa che ci può dare il senso di questo nostro cammino.
Amare una persona, rispecchiarsi in essa, è l'unico modo che abbiamo per avvicinarci alla meta del proprio completamento.
Rimane sempre una parte di accettazione del sé che rimarrà perennemente critica, problematica, ma ritrovare nello sguardo di un'altra persona il proprio volto, oddìo, aiuta, aiuta molto: a pensare che in fondo, nella nostra fragile umanità, contiamo qualcosa per qualcuno, esattamente come costei, o costui conta per noi.

Sporadicamente ho partecipato a qualche "Gay Pride", e mi piace questo senso di "orgoglio" conclamato, perché occorre gridarlo al mondo, senza vergogna, contro quanto ancora rimane (e non è poi molto, per fortuna, almeno da noi in Europa) di oscurantismo, chiusura, pregiudizio, paura (sì, molti, Dio solo sa perché, hanno paura di noi!), fino all'odio che arma mani di fanatici e squilibrati.
Ma non è tanto l'orgoglio il sentimento che io sento di professare.
È piuttosto la serenità, pur nell'inquietudine, di essere me stessa.

Essere nata omosessuale, ora, dopo un lungo, sofferto percorso, lo considero un dono, non una privazione, o tanto meno una deviazione: un dono perché mi ha dato modo di vivere la mia vita più intensamente, di confrontarmi con il mondo da una posizione di fragilità e debolezza, di non dare mai nulla per scontato o acquisito. E tutto questo ha certamente contribuito a esaltare la mia sensibilità.
È più facile, quasi naturale, per persone sottoposte a discriminazione, sia pur blanda come nel mio caso, costrette a lottare - anche con sé stesse - per affermare la propria individualità, il proprio diritto alla felicità, giorno per giorno, è più facile, credo, anche se certo non automatico, comprendere e solidarizzare con le parti più deboli, esposte, della nostra spietata società, i poveri, gli immigrati, i clandestini, tutti i deboli e i diversi, di ogni fede, sesso o colore.
Forse devo proprio a questa mia sensibilità, più acuta e scoperta, quanto di bello e di buono io cerco di essere proprio nei confronti del mondo, in una visione di tolleranza, accoglienza, condivisione.
Di questa sensibilità sì, amiche dilette e amici - e non dell'essere omosessuale per la cui cosa non ho alcun merito o demerito - sono "proud", orgogliosa!

Con amore

M.P.







Sono figlia


Sono figlia del mio stesso sogno
che contempla la mia fuga, il viaggio
verso un vasto mondo, oltre la distesa
delle onde ostili e infide.

Sono gemella del mio anelito
di ghermire e donare il godimento
del corpo e l'anima nella bellezza
aperta del mio stesso stupendo sesso.

Sono immagine del mio immaginare
la ribollente vita contro l'immota
morte, che non demorde, triste segno
sopra muri a calce secca.

Sono il volto del mio tempo consumato
che mi sfuma dentro come una fiamma
che non trova più alimento
né ragione di avvampare, eppure avvampa.

Sono il vento che mi colse dalla culla
e mi rapì con sé fino in vetta, dove
potei abbracciare i destini della gente
e quello mio, differente.


Marianna Piani
Milano, 12 Agosto 2017

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sabato 17 marzo 2018

Audace



Amiche care, amici,

questa lirica racconta di un viaggio, l'unico finora in cui ho potuto presentare la mia città alla mia fidanzata, lei Irlandese, della terra di Joyce, era curiosa ed eccitata. Mi disse tra l'altro che voleva assolutamente provare questo famoso vento, la bora, di cui aveva sentito parlare, ed ebbe fortuna, perché, anche se un poco fuori stagione, e pur essendo più rara che in passato, furono proprio giorni di bora, anche se moderata.

La condussi a fare forse l'esperienza più "triestina" che si possa immaginare: risalire, in piena bora, fino in cima al grande molo che fronteggia la piazza del Municipio - Piazza dell'Unità - e si spinge per oltre duecento metri nel golfo, in direzione del (lontano, sullo sfondo) Castello di Miramare. Il molo ha il nome di "Audace" in ricordo del cacciatorpediniere Audace che vi attraccò nel 1918 segnando la fine del I° conflitto mondiale e la definitiva annessione della Città al territorio Italiano. Per la Storia…

È una esperienza davvero speciale, il molo è molto largo e sicuro, ma la bora, quando soffia con acceso vigore come in quei giorni, spazza il mare e inonda di schiuma e salsedine l'intera superficie. Questo, più il lastrico a grandi pietre rettangolari in granito, molto irregolari, che rendono faticosa e precaria la camminata con i tacchi (del resto sempre sconsigliati in quella città così mossa e irregolare, ma io su questo sono una testarda), più la spinta vigorosa del vento - credetemi, molto vigorosa, e per di più a folate imprevedibili e improvvise - danno la sensazione di essere a bordo di una nave, in navigazione a un'andatura da macchine a tutta in pieno mare. Credo che questa esperienza sia unica, unica di questa città, che per tanti versi mi somiglia, o magari sono io che, nonostante tanta assenza fin dai miei vent'anni, continuo a somigliarle.

Per gli innamorati - o le innamorate - poi è quasi d'obbligo, raggiunta la cima del molo, accanto alla grossa bitta con la rosa dei venti che segna la ideale "prua" di questa ideale imbarcazione di pietra, emulare la scena del Titanic con un lungo, appassionato, profondo bacio, con i capelli che sferzano i visi infiammati dal desiderio, dalla salsedine e dal sole, e le vesti piene di vento e di mare, che giunge fino nei più intimi e segreti recessi dell'anima e del corpo…
Audace è il nostro amore; audace - sempre - è l'amore…


Per voi, amiche dilette e amici, con infinito amore!

M.P.






Audace


Vieni, vienimi accanto, non temere,
qui con me sull'orlo ultimo del molo,
guarda, guarda questo mare audace
che si stringe a noi tutto intorno.

Questo mare che si spinge oltre il mondo
e l'immaginazione, guarda e ascolta
quando rumoreggia contro gli scogli
o canta melodie esotiche e ci incanta.

Ascolta e non temere il solenne
folle infuriare del vento
che ci investe alle spalle, solleva
le vesti con brividi di malizia

scoprendoci le gambe al sole
che tramonta sul limite finale
del cielo estivo che ci appartiene
come si appartengono i nostri cuori.

Tu, che non sei nata su queste spiagge,
non sei avvezza alla nostra allegra
impudicizia, cerchi di fermare
la gonna che impazza sulle tue cosce

mirabili e fiere; io lascio che gonfi
come una vela la sottana bianca,
come fa ogni ragazza di questi luoghi,
per l'emozione di sentire il vento

e lo sguardo ammirato della gente
accarezzare la mia pelle nuda.
Anche il tuo sguardo su me si posa
sorpreso e pieno di domande mute.

Nulla, credimi, può darmi incanto -
e turbamento - più di quel tuo verde
innocente sguardo su me confuso
per un istante che voglio eterno.

Vieni accanto a me, non temere,
appoggia il capo sulla spalla mia,
lascia che i tuoi capelli e i miei avventati
si fondano in un groviglio di colori

nero e rosso, porpora e carbone.
Guarda questo mare che ci attende:
affidiamoci alla sua forza
per la costa opposta, anneghiamo

nei nostri magici pensieri: siamo
solo frammenti sparsi, nell'assenza,
nella nostra attesa d'un infinito
che ci prenda.



Marianna Piani
Milano, 16 Agosto 2017

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martedì 13 marzo 2018

Ferrovia costiera




Amiche care, amici,

questa poesiola la scrissi pensando a quando per la prima volta lasciai la mia città natale, con l'intenzione di non ritornarvi per lungo tempo, forse mai più.

La lasciai dunque senza rimpianti: ero rimasta sola, e me ne partii quasi con rabbia, come se volessi dare alla città la colpa di ciò che mi era accaduto. Anche mia sorella, Paola, partì, si separò da me senza voltarsi indietro, forse lei in qualche modo incolpava me di ciò che era accaduto; allora non lo sapevo, ma non l'avrei più rivista.

Me ne partii dunque senza rimpianti, tuttavia qualcosa dentro di me si spezzava, e provavo un sordo senso d'angoscia, ma non per tutto ciò che mi era accaduto e che mi aveva infine spinto a partire, ma proprio per tutto ciò che, assieme ai miei anni più felici, lasciavo alle mie spalle. A partire dal paesaggio, lo splendido, inconfondibile ("aspro e vorace" per dirlo con le parole di Umberto Saba) paesaggio triestino e del suo ampio e quieto golfo.

Come sa chi ha avuto modo di visitare questa città (oltre ovviamente a chi vi abita o vi ha abitato), il tratto ferroviario che la unisce al resto dell'Italia - e del mondo, direi - percorre la stretta striscia di terra che, chiusa tra le alture carsiche e il mare, porta fino a Monfalcone, dove il paesaggio sfocia allargandosi nella parte più orientale della pianura veneta. Appena partiti e per almeno una ventina di minuti il convoglio procede a velocità molto moderata, per via delle molte curve che seguono il contorno orografico della costa, tra macchie mediterranee di pini marittimi e arbusti, brevi gallerie e molte aperture panoramiche sul golfo, un centinaio di metri più sotto. Queste sono le ultime immagini che il viaggiatore registra della città che sta lasciando, le ultime immagini che porta con sé nel suo ricordo.

E ora, a distanza di tanti (tropi) anni da quella prima partenza "definitiva" (anche se in seguito sono tornata a Trieste molte volte, pur tutte di breve o brevissimo periodo) il ricordo pian piano sfuma ineluttabilmente nella nostalgia.

Grazie sempre, amiche dilette e amici, per essere con me in questi miei percorsi sentimentali e personalissimi.

Con amore (tanto)
M.P.







Ferrovia costiera


Il pensiero, il ricordo, il sogno a volte,
ricorre a quel mare che da molti anni
ho lasciato - senza rimpianto.

L'ultima curva della ferrovia,
tra i roccioni spaccati e i fitti rovi,
apre dall'alto al golfo come d'incanto.

A quell'ora lo scintillìo del sole
sull'onde è intollerabile per quanto
è intenso, ma dura appena un istante.

Subito il convoglio s'infila - cambiando
di tono il canto - in una galleria,
tetra come il timore di morire.

Quanto fu acuto allora il mio sentire,
in quel preciso istante, da fuggitiva,
che non avrei rivisto più quel mare

come sua figlia, come sua sposa,
come sua amante.



Marianna Piani
Milano, 9 Agosto 2017

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venerdì 9 marzo 2018

Quel porto lontano, io ricordo


Amiche care, amici,

come da tempo programmato, ma mai in un momento più opportuno per me, vi scrivo queste righe dall'Irlanda, la terra della mia compagna, in cui mi sono trasferita, per un tempo indeterminato, ma forse per sempre.

Dico di un momento "opportuno" perché, pur sentendomi tutt'ora Italiana e in fondo orgogliosa di esserlo, non riesco a immaginarmi come parte di un Paese in cui una buona metà delle persone che posso avere la ventura di incontrare, casualmente, sul lavoro, in metropolitana, nelle vie del centro, hanno ceduto alla Grande Paura del Diverso e del Nuovo, e hanno votato in massa, godendo di ciò che la Democrazia gli garantisce, per una concezione del mondo chiusa, impaurita, piena di odio e di rivalsa su chi è più povero e sfortunato. Per persone, anche, che da "leader" considerano persone come me e la mia compagna come emarginate, appestate da evitare, nel migliore (o forse peggiore) dei casi delle malate da curare.
In questi ultimi mesi il clima si è fatto davvero pesante, e ciò che fino a non molto tempo fa - pur sempre presente - era represso, o nascosto, ora viene espresso ad alta voce, o anche nei gesti e nei fatti. Una innoicente passeggiata romantica  ultimamente poteva diventare un piccolo incubo.


Così me ne vado. Non è una decisione presa in seguito a questi ultimi fatti, sono molti mesi che la sto programmando assieme a colei che amo, perché vogliamo realizzare un progetto di vita, come qualunque coppia al mondo, e trovavamo il "clima" sociale e culturale quassù, pur essendo un Paese di forte tradizione Cattolica, decisamente più favorevole che in Italia. E poi la mia compagna, che è una musicista specializzata nel folk irlandese, non ha la possibilità in ogni caso di spostarsi in modo stabile a Milano…
Il mio lavoro invece è più "slegato" dalla location, ho sempre avuto il mio studio in casa, inoltre nel mio settore l'Irlanda in questo periodo conosce un piccolo boom di produzione, tanto è vero che già da tempo lavoro proprio per Società Irlandesi. Dovrò venire in Italia, di quando in quando, perché lavoro anche per Agenzie Italiane (peraltro pessime pagatrici, rispetto al resto del mondo), e mi sono tenuta per ora la casa di Milano, ma la mia vita, e il mio cuore, sarà per ora, e per il tempo che vorrà il Destino, qui in Irlanda.
Comunque non ho molti rimpianti: sinceramente, non riesco più a riconoscermi in un Paese che sceglie di farsi governare da certa orribile gente... E infine, da europeista convinta e ostinata, e un po' poliglotta come sono, mi considero "a casa" quasi in ogni parte d'Europa.


. . .

La Poesia, ovviamente, viene con me: è una vocazione, una necessità direi quasi, cui non potrei rinunciare nemmeno se lo volessi, così come non posso rinunciare a quest'angolo felice su queste paginette e alle amiche e amici che qui posso incontrare, per donare loro qualcosa di me, per quel che vale…

Il componimento che vi propongo oggi non rispecchia certo l'animo mio in questo momento, è invece frutto di un periodo di grande tristezza e depressione l'estate passata: solitudine, malessere, il mio disagio psichico che recalcitrava ai farmaci, l'amore lontano, il caldo soffocante e opprimente, la città agostana semideserta… Uno scontro con il senso del tempo che mi aggrediva con aspra desolazione.
E disperazione…

Per voi, amiche dilette e amici, come sempre, con amore.


Kilkenny, 9 Marzo 2018
M.P.






Quel porto lontano, io ricordo

...Quanto fosse lontano quel porto
oltre un oceano di mare
ora piano e sopito come il dorso
d'un drago immenso pronto
a gettarsi a capofitto verso il fondo.

Il ricordo dei marosi
che battono spietati e fragorosi
la dorsale di pietra della costiera
è vivo ancora, in quella
che il marittimo consumato chiama
non senza disprezzo una bonaccia.

Quanto lontano fosse quel porto,
e quanto vicino, tanto
da sentire già il suono dei trattori
e delle gru d'acciaio tutte prese
nel loro insensato affaccendarsi.

Quanto vicino, per la prima volta
pensavo allora, questo porto d'arrivo
mio, verso cui senza volere, forse
senza nemmeno esserne cosciente
per un'intera vita avevo mirato.

E ora, che come non mai mio lo sento,
come non mai vicino,
cosa faccio, anziché esultare,
o sollevata respirare vivificata,
oppure perfino intonare un canto?

Provo un freddo orrore.
Per la prima volta in questo specchio,
faccia faccia con un tempo ora nemico,
mi ritrovo a guardare negli occhi
la me stessa che ora sono.

La bellezza è un involucro che il tempo
offende e erode, ciò che rimane
sulla rena gialla sono milioni
di morte spoglie di conchiglia.



Marianna Piani
Milano, 5 Agosto 2017
(a Rita, recente ma stupenda amica)

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sabato 3 marzo 2018

Annidate rime



Amiche care, amici,

un paio di giorni ancora e la ancor giovane democrazia italiana esprimerà un voto, e sapremo se avrà vinto la paura, la rabbia, l'odio, il pregiudizio, la chiusura mentale, se il cancro del populismo e del fascismo, da sempre latenti nell'organismo della nostra società ma ora resuscitati, si farà conclamato, pronto alla metastasi.

Oppure se, magari sul filo di lana, prevarrà ancora un filo di Ragione.

La democrazia è questa, quando si indebolisce lascia spazio a questa deriva patologica, che può essere mortale se non la si contrasta, con tutta il rigore, la decisione, la convinzione - e la speranza - possibili.

Io da pate mia, nel mio piccolo, comunque vada, la contrasterò, con tutte le mie energie e la mia forza, che è la forza della cultura, della ragione e dell'amore. Una forza senza odio e senza violenza. Ma cerente e inflessibile.

Da anni ormai chiudo sempre questi miei interventini qui con un saluto, grato, alla vostra presenza, e un richiamo finale all'amore. Non a caso, naturalmente.
La cultura, l'ideologia dell'amore, della vita e della libertà si contrappone in modo irriducibile, radicale a quella dell'odio, della morte, del totalitarismo. Ed è questo, non altro, il mio modo di essere, grazie all'educazione e all'esempio che ho ricevuto dai miei genitori, il patrimonio più prezioso, insostituibile che ho ricevuto da loro, e di cui non smetterò mai di ringraziare la loro memoria. Non lo sento nemmeno come un merito, è solo fortuna.

Per questo dunque faccio poesia, con i miei poveri mezzi, con il mio modesto talento, ma con studio, applicazione, ricerca, passione, onestà. Perché la poesia, nel profondo, è amore, è l'espressione sensibile di questo sentimento primario, e non importa se dà voce direttamente ad esso oppure no, anche dei versi dedicati a un paracarro, o a un lavandino, se di poesia autentica si tratta, parlano d'amore, con amore e per amore.

E per questo, comunque vada, io, come certo voi che mi leggete, rimarrò libera, felice di vivere, innamorata del mondo, della vita, della mia compagna, della luce e della natura, disponibile ad accogliere e aiutare chi viene da noi, spesso a rischio della propria vita, per povertà, disperazione, a chiedere il nostro aiuto, pronta a cedere un frammento degli immensi e ingiusti, immeritati privilegi che abbiamo acquisito, semplicemente per essere nati sulla riva "giusta" del fiume.

I tempi sono complessi e difficili, ma obiettivamente non sono (ancora) senza ritorno, la tragedia è ancora espressa in farsa, e proprio per questo ancor più occorre impegnarsi, mettersi in gioco. Perché la farsa non si muti infine in tragedia.
Il mio impegno, il più aperto, sincero, si esprime anche su queste pagine, e lo faccio e lo farò sempre con gioia, con passione, con la meraviglia che ho conservato da quando ero una bambina. Quando rileggo le straordinarie pagine di Etty Hillesum, a cui mi accomuna solo il mio quarto di semitismo, e ammiro la sua serenità, il suo umorismo, la sua voglia di vivere, la sua ironia, espresse fino all'ultimo istante della sua tragica e breve vita, mi rendo conto di quanto sono fortunata ad essere nata nella Libertà, in questi anni incommensurabilmente più felici, checchè tentino di fare i nemici della vita e della bellezza per ributtarci indietro. Non permetterò che nessuno e nulla al mondo possa anche lontanamente minacciare di togliermela. Non certo senza lottare.

La lirica che vi propongo oggi - che nulla ha a che fare con quanto detto fin qui, tranne per il fatto di essere frutto di un gesto e un pensiero d'amore - la scrissi quasi di getto in momenti sereni, l'estate passata, mentre osservavo la bellezza incontaminata di un gruppo di giovani ragazze, così libere, così spigliate, così allegre da diffondere letteralmente attorno a loro un alone di grazia e di bellezza. Mi ricordavano, chissà perché, le rime in una poesia, che devono essere appunto leggere, spigliate, in certo modo allegre, e sopra tutto spontanee…
E così ne è risultato un piccolo inno parallelo alla poesia e alla bellezza.


Accada quel che accada, questa gioia di vivere non potranno mai togliercela...

Vi lascio alla lettura, amiche dilette e amici, come sempre, appunto, con amore

M.P.





Annidate rime


Poche tenere parole, a mente
compitate come una litania
d'amore, pochi pensieri
che s'avviluppano
ai tuoi desideri, quelli

più belli di ieri, incoscienti
forse, di certo oggi
a quelli meno innocenti.

Poche parole incise sulla lastra
di travertino del mio affetto
incorruttibile come la pietra
serena, e serena io,
donna illetterata, in cerca
di un qualche ritmo,
di una cadenza,
di una melodia che dica
di te ciò che di te
soltanto io conosco.

Tra le parole, dolci
e disperate come di chi sa
l'ineluttabilità
del nulla che ci sovrasta,
annichiliti quali siamo,
s'annidano le rime,
come accordi modulati
per domare il nulla
dell'entropia che ci cancella.

Poche parole, poche rime sparse
forse senz'intenzione, certo
senza motivo che in sé stesse.
Così sono, senz'altro motivo
d'essere che il loro essere stesso,
le belle ragazze che sciamano
davanti a me, di me ignare,
vociando nei viali dell'estate.

Ragazze come rime, vaghe
e immotivate, essendo
la pura bellezza in esse,
così ben create, quella

dell'intero creato.
Purezza e colpa
in uno sguardo solo,
bellezza e rapimento
in un unico firmamento.

Eccole le mie rime, sfuggite
tra le parole, ribelli come loro
sono, e giovanissime, contente
del loro essere al mondo
l'unico puro canto, sorgente
da un cuore colmo
d'un affetto che non sa
dove versarsi,
lava incandescente
che precipita senz'ordine
né intenzione le pendici
del vulcano in loro
già così ben desto.

Poche parole, in versi
senz'altro vincolo di forma,
libere di fluttuare
come foglie alla brezza

dell'alba che s'appressa,
cosparse qui e là
di antichissime sonorità,
ecco come s'incarnano
in me quelle parole
che - ostinata qual io sono -
s'ostinano a tenermi in vita.

Come ogni autentico cantore -
o cantatrice -
o incantatrice quale sono -
non crea e canta
le sue proprie parole, non intona
le proprie cadenze e rime,
non cede alla scrittura
il suo proprio pensiero,
ma al contrario, avviene
che da esse egli è creato:

la sua vita da esse
è intonata e detta,
la penna intinta nella scrittura
origina il suo pensiero,
come la pioggia
origina la sorgente
e la sorgente scioglie il fiume,
che tutto alla fine narra
ridiscendendo al mare,
a morire, sì, ma in fondo
sazio d'amore e di vita
colmo.



Marianna Piani
Milano, 31 Luglio, 2 Agosto 2017
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