«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

domenica 29 settembre 2019

Esci via da me, pensiero


Care amiche, amici,
oggi propongo alcuni versi scritti poco meno di un anno fa (non registrai la data precisa) quando più forte e viva era la sensazione di vedere il mio paese sprofondare in un abisso di ineluttabile, progressivo degrado; un degrado di umanità, di sensibilità, perfino di pura e semplice dignità.
I giorni di relativo, e probabilmente momentaneo respiro che stiamo vivendo in queste ultime settimane, un anno fa sembravano inconcepibili, e assistevamo con un misto di angoscia, orrore e disperazione a un susseguirsi progressivo di avvenimenti che parevano inarrestabili, sostenuti da un’onda devastante di risentimento, rancore, odio, xenofobia spinta fino a un aperto razzismo, quale non avevamo mai visto prima, e non solo noi, ma neppure la generazione prima di noi.

Non inserii questi versi nella mia piccola antologia in preparazione: all’epoca in cui ero impegnata nella raccolta e nella selezione dei testi, questo mi appariva troppo legato alla realtà contingente, anche perché in quel momento ci trovavamo ancora pienamente dentro quella temperie, la indegna e incivile piazzata nota come “il discorso del Papeete” che pose repentinamente fine a questo ignobile capitolo di storia, o cronaca, era ancora lontana da avvenire, e del tutto imprevedibile.
Ora però siamo, come dicevo, in un momento in cui l’imprevedibile è avvenuto, e quindi è possibile girarsi per un momento indietro per vedere cosa ci siamo, per ora e fortunosamente, lasciati alle spalle, e che cosa rischiamo di ritrovarci di fronte molto presto, se non saremo capaci di impegnarci con tutte le nostre forze per creare una alternativa valida.

Al tempo in cui scrissi questi versi la mia stessa scrittura, il senso che essa poteva avere in questo momento per me e per la mia vita dentro questa realtà profondamente squassata dalle sue stesse fondamenta (Costituzione, Carità Cristiana, Democrazia), era entrata in una fase di profonda crisi, da cui in realtà non sono ancora uscita, tanto è vero che mi è tutt’ora penoso, terribilmente faticoso scrivere “poesia”, proprio io che ero abituata invece a dover piuttosto contrastare una eccessiva facilità di scrittura, non sempre accompagnata da una qualità almeno accettabile.
La Parola, per me così importante, essenziale, evaporava, diveniva sempre più inafferrabile, sempre più inconcludente, di fronte a un incendio che stava devastando le mie certezze, infiammando le mie più profonde convinzioni etiche, morali e umane.
Si tratta questo di un lavoro impegnativo, ancora in pieno svolgimento; piano piano sto ritrovando un equilibrio, e confrontandomi con altri (e forse proprio questa per me è la più grande novità) che condividono le mie idealità, i miei timori, le mie speranze, sto ritrovando un senso a ciò che sto facendo. 
Mi rendo conto che non meno di prima, ma forse più che mai ora, una strofa che parla dell’amore è vitale, palpitante, e carica di senso, importante da trasmettere, da condividere.

In fondo soltanto l’amore, proprio quello più disarmato e nudo, soltanto l’amore può davvero sconfiggere l’odio.

Con amore, come sempre grazie per la vostra lettura, grazie di essere qui.
M.P.






Esci via da me, pensiero, svapora,
sfuggi come una nuvola di fiato
nel gelo dell’alba urbana,
condènsati sui vetri degli androni,
sulle lastre delle vetrine,
negli occhi tristi dei passanti,


mùtati in rugiada e lacrime
che venano i muri grigi
dei palazzi e delle case
lungo i viali spogli di forme e storia
delle periferie. Ora è il momento
di darmi il senso, in fine, del tuo fluire.


Ogni senso è liquefatto ormai, cola
come quella rugiada, prende forma
senza una forma, come l’acqua
in un torrente, s’adagia, e riprende
a precipitare, e tracima l’alveo
in cerca di un’etica che muore.


Incombono le livide ombre
di ciò che credevamo annientato
per sempre: non i campi, o le siepi
di filo spinato – per ora – né i roghi
della ragione; peggio ancora
nuove tenebre ad accecare menti.


Mi appare nuovamente immorale
scrivere ora in colonne di versi.
Occorre agire. Forse anche morire.
Non più parola: il pensiero si fonde
in un rogo indecente
di cronaca e storia.




Marianna Piani
Irlanda, 2019





(Per chi volesse, la mia seconda raccolta "Sillabario lirico e sentimentale" è disponibile da Amazon in formato tradizionale qui, e eBook qui.)

domenica 22 settembre 2019

Qualche pigra parola



Amiche care, amici,

desideravo per prima cosa ringraziare un'altra volta tutti coloro, e non sono pochi, che mi hanno onorata con la loro attenzione, acquistando su Amazon (in eBook o su carta) la mia ultima "fatica", "Sillabario lirico e sentimentale".

Non essendomi rivolta a un editore, ma avendo scelto la via - un poco controversa - della autopubblicazione pura, non mi attendevo davvero la risposta che ho ottenuto in così breve tempo. Beninteso, si tratta sempre di numeri in assoluto modestissimi, tuttavia, dopo il mio "esordio" in stampa di un paio di anni fa, che ebbe un riscontro talmente minimo da spegnere in me ogni eventuale ambizione di successo, se mai ci fosse stata, certamente non mi aspettavo che così tanti lettori mi concedessero la loro fiducia.

Sinceramente, ho sempre scritto soltanto perché sentivo la spinta a farlo, radicata dentro di me, e mai per avere "audience"; e non ho mai e poi mai inseguito i numeri, né su questo sito né sulla distribuzione dei miei testi stampati. Tuttavia la scrittura ha valore solo se incontra la lettura, e se anche è vero che un alto numero di lettori non rendono necessariamente un testo valido, è anche vero che un testo che non presupponga la presenza e il riscontro di (pochi o tanti) lettori è quasi sempre un testo privo di valore.
E questo vale tanto più per un testo poetico, dove il "poetico" si distingue dal "prosastico" principalmente per la maggiore - a volte assolutamente prevalente - rilevanza data alla "parola" rispetto alla "narrazione". Un testo poetico riceve senso soltanto quando è recepito e, per così dire, decodificato da una comunità di lettori, non essendoci la traccia della "storia" a garantirgli una sopravvivenza "oltre" il testo.

Dunque, l'unica cosa che posso fare a questo punto è ringraziare di cuore tutti, lettrici e lettori, e non solo coloro che hanno avuto fiducia e hanno voluto portarsi fisicamente a casa un pezzetto della mia vita sotto forma di pagine in carta o digitali, ma anche tutti coloro che di quando in quando trovano la curiosità e il tempo di soffermarsi su queste pagine, assai più volatili, ma anch'esse rese significative soltando dalla presenza di chi ha la bontà di accostarsi e leggerle.
Grazie davvero, grazie infinite!

Vista questa vostra benevolenza, ho sentito ora la necessità di riprendere in mano la mia prima raccolta ("Le solitudini e i luoghi") di cui dicevo sopra, che fu un primo esperimento nato quasi come una scommessa con me stesssa, e ora sto lavorando alacremente su una sua riedizione, totalmente rielaborata - quindi non solo rivista e corretta, ma proprio ripensata e ristrutturata; ma di questo dirò più in là, quando sarò in dirittura di arrivo...

A proposito di "parole", la lirica che propongo oggi si occupa proprio di "parole mancate", quelle che per stanchezza, per pigrizia o abitudine a volte trascuriamo di dire a chi ci ama.

Queste parole orfane, questi pensieri non tanto "mai nati", quanto "mai detti", sono come il tempo che ci sfugge di mano e che sappiamo non tornerà mai più, portando via con sé tutte le sue occasioni uniche, preziose, irripetibili. Ogni parola d'amore, di tenerezza, di affetto che dimentichiamo o rinunciamo a dire alla persona che ci sta accanto e ci ama, e forse la aspetta, sono altrettanti pezzi di felicità che scivolano via dalla nostra vita, e ci sfuggono per sempre. Non c'è nulla che possa compensare questa perdita, non esiste motivo tanto grande da giustificarla.
Il dramma è che ce ne accorgiamo solo quando il danno - alla nostra felicità - è ormai compiuto.

Con amore

M.P.






Qualche pigra parola ti dirò
soltanto:

la stanchezza chiude e scarica il giorno;
tu t’affidi a un farmaco per lenire
il tuo dolore profondo, invisibile
sotto la superficie del tuo calmo
respiro.


Lento. Regolare. Lo ascolto, come
tutte le notti: è il suono caro, fragile
della tua vita che fluisce al mio fianco.
Vorrei aver trovato oggi per te
quelle parole d’amore che tu
t’attendi, che meriti, che rimpiangi.
Senza dire. O sapere.


Qualche pigra parola sfumerà
nel pianto.

Ciò nonostante, per il dolore o
l'abitudine, oppur per allegria,
ci rimarremo accanto.



Marianna Piani
Irlanda, 2019



Per chi volesse, la mia seconda raccolta poetica "Sillabario lirico e sentimentale" è disponibile da Amazon, sia in formato tradizionale (qui) che eBook (qui) .
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domenica 15 settembre 2019

Un folle bacio e alcune facili rime




Amiche care, amici,

sono rientrata giusto una settimana fa da un lungo viaggio che mi ha privata temporaneamente della presenza della mia compagna, rimasta in Irlanda per motivi di lavoro, come motivi di lavoro sono stati quelli che mi hanno costretta a partire.

Nulla come una sia pur momentanea lontananza ci fa sentire l’importanza di una presenza affettiva, e anche d’amore e di desiderio. Lunghe notti in albergo – o in casa, a Milano – mitigate solo da lunghe telefonate serali che non alleviano, ma anzi rinfocolano la percezione di solitudine. Stranamente, pur potendolo fare, né io né lei abbiamo voglia di andare in video, su Skype o WA, che pure per lavoro utilizziamo frequentemente, come se quell’immagine fosse troppo artificiale, artificiosa, incorporea, staccata da noi, e finisse per farci sentire più lontane ancora, fisicamente ed emozionalmente. Preferiamo affidarci alla telefonata tradizionale, che percepiamo come più intima e sensuale, come un dialogo sussurrato a brevissima distanza.
È comunque un’illusione effimera, che si dissolve al momento di chiudere la comunicazione. E a quel punto la solitudine si corica al nostro fianco e torna ad essere la nostra unica fedele compagna di viaggio.

Il ritorno, l’arrivo all’aeroporto, dove ritroviamo lei (o lui) ad attenderci con un luminoso sorriso che si accende non appena ci scorge tra la folla, è il momento in cui si sciolgono tutti questi sentimenti contrastanti, il disagio sottile di queste attese, e la gioia intensa di ritrovarsi, rinnovata come se si rinnovassero gli attimi e le emozioni del primo incontro; questo momento compensa in un colpo solo tutti i giorni di tristezza e di smarrimento. Facendoci capire ancora una volta quale immensa meraviglia è per tutti noi l’amore…

La lirica che segue, scritta circa un anno fa, cerca di raccontare uno di questi magici momenti, in cui ero io ad accogliere lei al ritorno da un lungo interminabile tour di concerti (in Danimarca e Belgio).

Con amore
M.P.



Un folle bacio e alcune facili rime


Ho scelto, per venirti incontro amore
l’abito più semplice e più bello:

come un fiore aperto al sole
la gonna che m’accarezza
le gambe ansiose.
Le scarpe con il tacco che rintocca
il mio passo sulla pietra della via,
annunciando al mondo intero
la mia irrefrenabile allegria.
La camiciola bianca in seta fina
che rivela l’ansia tesa
del mio petto – che ti vuole, adesso! –
illuminato da una collana
da due soldi che spicca tuttavia
come il lampo torrido dei tuoi occhi
chiari, dissi un giorno indulgendo
nel banale, come laghi alpini.
Gli orecchini che mi donasti
che sprigionano faville
sotto il sole sghembo di settembre.
Un nastro infine tra i capelli neri
che ho appena accorciato per esaudire
un tuo volere.
Per poterti ancor piacere.

E finalmente questa sera, dopo
tanto lontano viaggio, poserò
sulle tue labbra vertiginose
come il peccato, un solo, unico
appassionato, eterno, folle bacio. 

Ci perderemo insieme, tu ed io,
già qui nel salone aperto e affollato
della stazione, tra le corriere.


Marianna Piani
Kilkenny, 27/09/18





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sabato 7 settembre 2019

La mia compagna canta




Amiche care, amici,

Riprendo a pubblicare i miei pensieri, dopo una breve pausa per un rapido "viaggio in Italia" (per motivi di lavoro).
È un poco curioso sentirsi in qualche modo straniera in patria, anche se in realtà nulla mi sembra cambiato, e dopo poche ore a Milano avevo la sensazione di non essermi mai mossa.
Ciò che più mi ha colpito, appena mi sono risvegliata e sono uscita per la colazione al bar sotto casa, è stata la luce sfolgorante, quasi accecante, del tutto diversa da quella soffusa, cristallina ma già quasi autunnale che avevo lasciato poche ore prima in Irlanda.

In Irlanda avevo lasciato anche la mia compagna, impegnata in un giro di concerti, ed è la prima volta da oltre un anno che mi ritrovo sola con me stessa, a milleseicento chilometri di distanza, a dormire in un letto che mi sembra diventato troppo grande. E anche i miei gatti sono rimasti ad aspettarmi laggiù. O meglio, lassù.
Non sento la solitudine però, non ne ho avuto il tempo, sono stata troppo impegnata per il lavoro, e già stasera mi imbarco e sarò a Dublino a mezzanotte, dove la ritroverò ad attendermi.

Tuttavia provo un sottile senso di tristezza, di mancanza, come se questi giorni trascorsi senza di lei fossero dei giorni vuoti, sprecati, non vissuti. Non vissuti a pieno, almeno. Un tempo sottratto, passato, e perduto per sempre.
Non resta che evocare la sua presenza nella memoria, e per me la poesia è precisamente il luogo e il rifugio della memoria.
Per questo la breve canzonetta che pubblico oggi risponde perfettamente al mio stato d’animo, combattuto tra la dolcezza del ricordo e l’ansia dell’imminente ricongiungimento.

Con amore
M.P.





La mia compagna canta


La mia compagna mi è accanto,
e mi dice: – canto.
Perché così non sarai più sola –
e con la sua mano, piccina
e salda, mi tocca una spalla
con quella sua dolcezza amara.

E quieta quieta intona la sua voce
così uguale a quella d’un flauto antico,
mormora note morbide e distese
che mi penetrano la mente come
fossero da sempre mie, e dunque
giacciono con me come fa il suo corpo

spoglio, accendendosi di voglia e gioia.


Marianna Piani
Dicembre 2018


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