Amiche care, amici,
sono rientrata giusto una settimana fa da un lungo viaggio che mi ha privata temporaneamente della presenza della mia compagna, rimasta in Irlanda per motivi di lavoro, come motivi di lavoro sono stati quelli che mi hanno costretta a partire.
Nulla come una sia pur momentanea lontananza ci fa sentire l’importanza di una presenza affettiva, e anche d’amore e di desiderio. Lunghe notti in albergo – o in casa, a Milano – mitigate solo da lunghe telefonate serali che non alleviano, ma anzi rinfocolano la percezione di solitudine. Stranamente, pur potendolo fare, né io né lei abbiamo voglia di andare in video, su Skype o WA, che pure per lavoro utilizziamo frequentemente, come se quell’immagine fosse troppo artificiale, artificiosa, incorporea, staccata da noi, e finisse per farci sentire più lontane ancora, fisicamente ed emozionalmente. Preferiamo affidarci alla telefonata tradizionale, che percepiamo come più intima e sensuale, come un dialogo sussurrato a brevissima distanza.
È comunque un’illusione effimera, che si dissolve al momento di chiudere la comunicazione. E a quel punto la solitudine si corica al nostro fianco e torna ad essere la nostra unica fedele compagna di viaggio.
Il ritorno, l’arrivo all’aeroporto, dove ritroviamo lei (o lui) ad attenderci con un luminoso sorriso che si accende non appena ci scorge tra la folla, è il momento in cui si sciolgono tutti questi sentimenti contrastanti, il disagio sottile di queste attese, e la gioia intensa di ritrovarsi, rinnovata come se si rinnovassero gli attimi e le emozioni del primo incontro; questo momento compensa in un colpo solo tutti i giorni di tristezza e di smarrimento. Facendoci capire ancora una volta quale immensa meraviglia è per tutti noi l’amore…
La lirica che segue, scritta circa un anno fa, cerca di raccontare uno di questi magici momenti, in cui ero io ad accogliere lei al ritorno da un lungo interminabile tour di concerti (in Danimarca e Belgio).
Con amore
M.P.
Un folle bacio e alcune facili rime
Ho scelto, per venirti incontro amore
l’abito più semplice e più bello:
come un fiore aperto al sole
la gonna che m’accarezza
le gambe ansiose.
Le scarpe con il tacco che rintocca
il mio passo sulla pietra della via,
annunciando al mondo intero
la mia irrefrenabile allegria.
La camiciola bianca in seta fina
che rivela l’ansia tesa
del mio petto – che ti vuole, adesso! –
illuminato da una collana
da due soldi che spicca tuttavia
come il lampo torrido dei tuoi occhi
chiari, dissi un giorno indulgendo
nel banale, come laghi alpini.
Gli orecchini che mi donasti
che sprigionano faville
sotto il sole sghembo di settembre.
Un nastro infine tra i capelli neri
che ho appena accorciato per esaudire
un tuo volere.
Per poterti ancor piacere.
E finalmente questa sera, dopo
tanto lontano viaggio, poserò
sulle tue labbra vertiginose
come il peccato, un solo, unico
appassionato, eterno, folle bacio.
Ci perderemo insieme, tu ed io,
già qui nel salone aperto e affollato
della stazione, tra le corriere.
Marianna Piani
Kilkenny, 27/09/18
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