«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

martedì 28 agosto 2012

Un Faro

Amiche care, a volte l'amarezza, lo sconforto suggerisce al pensiero il suono aspro dell'invettiva, che non mi si confà molto, come un abito troppo stretto, o un po' sbilenco, o d'un colore troppo squillante, o troppo cupo. Allora, per istinto, cerco di intonare invece una melodia, una nenia a bocca chiusa, per calmare il mio spirito agitato e sconvolto.
Questa breve composizione è nata improvvisa e violenta come uno scoppio di pianto, quando sentii avvicinarsi a me l'uragano della fine di un rapporto, di un amore. Dopo quel giorno ogni cosa nella mia vita è mutata, e non so ancora dire se il mutamento potrà risolversi in un nuovo inizio, come molte carissime amiche cercano di convincermi - certo per rincuorarmi, ma certo anche per convinzione. Non so davvero, ora, se questo mutamento sarà quindi fondamento, pietra su pietra, di un nuovo edificio, oppure rimarrà semplicemente rovina e basta, una distesa di sfasciumi informe, inaridita per sempre…
So solo, per certo, di aver perduto la luce di un faro, e che ora la mia navigazione è disorientata e pericolosa, ma so anche che, nonostante tutto, nonostante questo dolore, ne è valsa la pena.
Vivere, con amore intenso, vale sempre, qualunque sia la pena che per questo si debba scontare.

Per voi, amiche dilette e amici cari, come sempre, con amore.

M.P.








Un Faro

 

Noi tutte,
donne di cuore e d'intelletto,
sappiamo patire
indicibili ferite e offese
nell'esser tradite,
o malversate, o derise,
o finanche ignorate
da chi
più di noi stesse amiamo.

Giammai però
sappiamo tollerare
d'essere da quell'amor deluse.
E più ancora atroce
è per noi sapere
d'esser noi per prime
di delusione causa.
Orgogliose,
nel nostro stesso orgoglio uccise.

In un caso, o nell'altro,
cento volte vorremmo morire
piuttosto di veder cosí perire,
soffocando,
ciò che più in noi
credemmo sacro,
e che, come lanterna
d'un faro nell'uragano
di fede lungamente alimentammo.


Milano, 8 Luglio 2012
Marianna Piani

martedì 21 agosto 2012

Helsingør


Care amiche, rientro con voi recandovi un "raccontino in versi", com'è frequente nel mio "stile".
La narrazione di un viaggio, con un'amica cara, anni fa, e, come di frequente nella mia vita, il senso di un abbandono, di un allontanamento ancora soltanto percepito, intuito, sentito dalla mia femminile sensibilità come l'imminente perdita di un pezzo di me stessa.
La storia si avvolge attorno al ricordo di una visita in Danimarca al Castello mitico di Helsingør, Elsinore - proprio lei, la magione di Amleto - e cerca di rappresentare il senso della Presenza e della Distanza quando, misteriosamente nel corso della nostra vita, per qualche istante coincidono.
In realtà sappiamo che in amore, in ogni genere d'amore, i momenti in cui la presenza - fisica - della persona amata, e la sua vicinanza reale, affettiva, collimano, sono appunto soltanto momenti, istanti, di grazia estrema. Fugaci. Irrecuperabili.
E come alle volte per qualche breve istante, pIù instabile e fugace ancora, la persona che pur ci sta accanto, o addirittura ancora stretta tra le nostre braccia, sia già lontana, remota, irraggiungibile.

O come a volte, viceversa, una persona da noi fisicamente distante, apparentemente irrimediabilmente divisa, sia invece miracolosamente a noi vicina...

Come voi, amiche dilette, e amici, cui dedico questa mia composizione, con amore.

M.P.



Helsingør

 

Ricordo, cara, come si fece scuro il cielo
quando giungemmo, a giorno fatto,
sul perimetro del severo muro che cingeva
il più celebre maniero d'ogni tempo,
memoria dell'angoscia di un re, padre d'Amleto.

Tu balzasti dalla vettura, avanti a me,
e, ricordo, piantasti le unghie nel mio braccio
per l'emozione che provasti quando una saetta
scoccò in cielo contro il diedro nero della muraglia
che affrontava il mare, bianco come in battaglia.

Il blocco di pietra lavica tagliava diagonale
alla vista il cielo, ove nubi vaste come vascelli cozzavano
murata contro murata con ininterrotto sordo rullare.
Non pioveva nemmeno una goccia, ancora, alzava
invece la sua voce il vento, invidioso del silenzio.

In cima al bastione, come una immagine di Fūssli,
tra i bagliori si stagliavano le figure di due ragazzi
che combattevano per gioco, con finte spade
di gomma argentata, coi mantelli che sbattevano nel vento,
figurandosi gli eroici guerrieri d'un altro tempo.

Ricordo che guardai allora dentro i tuoi occhi, come quarzi
dentro cui vedevo specchiata la vicina brumosa Svezia,
e colsi il tuo sogno di annullamento e fuga come il lampo
che poc'anzi aveva illuminato di luce viola i nostri volti
ancora uniti, guancia a guancia, come quelli di due amanti.

Ricordo che osservai tra me, senza dirlo, come in nessun altro
luogo al mondo avrei potuto percepire la selvaggia furia
che ti trascinava via da me, così come avveniva sotto quel cielo
che rotolava nubi come macigni a ostruire il giorno,
e tu, pur allacciata a me, già avevi senza me varcato il mare.

Provai a fermarti, come può l'amante smarrito fare,
carezzandoti con il dorso delle dita sotto gli occhi,
teneramante, e sfiorandoti poi in silenzio le palpebre serrate,
mentre trattenevo il tuo viso tra le due mani aperte
come due valve di conchiglia schiudono una perla marina.

Sentii sibilare nel vento i tuoi capelli, come i destrieri irsuti
agitano le criniere, una lunga ciocca mi schioccò sulla fronte
come la punta bruciante d'una frusta, marchiando per sempre
il segno della nostra vicinanza sulla pelle, e sotto di essa
nell'anima che già ardeva, e gridava, non ascoltata: rimani!

Piombò la pioggia, improvvisa e densa come usa in quei luoghi,
per un istante lasciasti che l'acqua ti incollasse i capelli come rivi
ritorti giù sulle spalle nude, poi con una risata larga, onesta, tua,
scuotesti il capo, come per scrollarti via ogni pensiero assieme
al gravame dell'acqua, e fuggisti alla vettura, traendomi con te.

E fummo ancora fianco a fianco, mentre il parabrezza
s'appannava del nostro affanno: gioioso il tuo, il mio angosciato.
Mi sorridesti, allora, come per dire: il viaggio è lungo ancora,
andiamo! E in quel sorriso seppi, chiaramente, in piena luce,
che tu, che mi eri accanto, non eri più con me, non più, mai più.

La tua mano ancora nella mia, e tu: ormai miglia e miglia avanti.

Oltre un intero mare.


Meina, 06 luglio 2012

martedì 14 agosto 2012

L'acqua


Un piccolo dialogo lieve e scintillante con una amica, poetessa e scrittrice che amo molto, per la sua grazia e (apparente) leggerezza, così lontana dalla mia rutilante fanfara interiore.
Laura, con pochi versetti lievi come i battiti d'ala di una farfalla, mi comunica immancabilmente serenità. Che è precisamente ciò di cui ho più sete e fame in questo terribile periodo della mia vita.
Questa brevissima lirica dedicata all'elemento puro e inafferrabile per definizione ne è un esempio chiaro.
Io rispondo con il mio solito impeto da torrentello spumeggiante, ma già rasserenata, un poco, non vi pare?

Dedico questo dialoghetto a lei, Laura, e a tutte voi amiche care, e amici, con amore.

M.P.



Siamo come acqua

Siamo pieni d'acqua all'interno,
l'acqua è il nostro elemento naturale,
primordiale, viviamo d'acqua.
Così sguazzare nel mare blu
mi fa sentire protetta,
come dentro un guscio.
E mi sento libera,
come una sirena,
libera e serena.


Pubblicato da dolcestellina75





L'acqua

L'acqua sono le lacrime
che spargiamo per le nostre
incoercibili incertezze,
l'acqua, cara,
è la vita che doniamo
dal nostro esausto grembo,
l'acqua è la saliva
che scambiamo con gli amanti
che ci ingombrano il cuore.
L'acqua è il fluire
libero e vasto
delle nostre menti
sempre in ricecerca
d'un mare in cui versarsi
per lì morire.


Milano, 19 Giugno 2012
Alla mia Stella
Marianna

venerdì 10 agosto 2012

Rossa


Approfitto di questo mio breve "rientro" online per pubblicare una lirica, giocosamente articolata in un Prologo, un Apologo ed un Epilogo, che a suo tempo dedicai ad un'amica molto, molto speciale, per me importante come il limone lo è per gustare l'ostrica della vita. Poche gocce della sua saggezza fulminea, ironica, perfino caustica a volte, fanno da catalizzatore per la mia sensibilità turgida, a volte fin troppo sensuale. Quando a volte mi lascio andare a tenerezze o bamboleggiamenti alla Liala o CarolinaInvernizio (sempre in agguato nella sentina dell'anima di una donna come me), mi basta pensare: ma questa roba magari poi la leggerà anche lei! E subito mi dò una salutare regolata!

Per molto tempo ho rimurgniato dentro di me qualcosa che potesse essere un ritratto verosimigliante, ma è molto molto dificile, perchè lei è sfuggente, inafferrabile, refrattaria ad ogni definizione.
Alla fine ho rinunciato ad avventurarmi in una "descrizione" diretta, sia pure immaginaria, e mi sono lanciata direttamente nel colore: il "suo" colore, affidando proprio alle vibrazioni di quel colore così denso, vitale, bollente ogni immagine ed evocazione di una donna viva, infuocata e vera nel suo modo di affrontare la vita.

Lei è unica e irripetibile, certo, come ognuna di voi, di noi, del resto. Tuttavia sono certa che molte di voi ritroveranno parte di sè stesse in questi miei liberi pensieri, e per questo dedico questa composizione non solo a lei, la nostra Red Cap, ma anche a tutte voi, amiche, donne dalla intelligenza vivida e dardeggiante come il sole di questo Agosto svagato e innamorato che ancora ci sovrasta tutte.

M.P.




Rossa.
 


(Prologo)

Red,
Rosso, rouge, rot, rojo,
rosso rubino, rosso pensiero.
Rossi versetti nel rosso libretto
tra le tue mani stretto,
il tuo Me-Ti
Il Libro delle Svolte.
Alla svolta, io, come te:
quindi. Pronte! Via!


(Apologo)

Rossa donna, rossa criniera,
rossa bandiera di libera mente
che sfarfalla nel vento,
rosso anche quello
nella rossa sera
o nell'alba sincera.
Rossa la luna
sopra i mari d'oriente
del tuo dipanare
fili di storia.
Rosso il vino
che brinda al destino
di dei troppo mortali,
rossa la coppa
delle tue labbra
schiuse all'ebbrezza,
che svela coscienza
di sè.
Rossi gli smalti
purpurei e carminio
che adornano i tuoi piedi
di viandante del dubbio:
Quante miglia percorse
quanti tagli e ferite
rimarginate o ricucite
e cento volte riaperte?
Rosse le cicatrici, rossi gli sfregi
di schiaffi subiti
sulle tue guance brucianti, e
rosse libere selvagge fiamme.
...

(Le fiamme son bianche,
tu subito m'interrompi:
abbacinanti o languorose,
ma bianche, o bluastre,
rosse lo sono
per convenzione soltanto.)



Oh! Le convenzioni,
che tu aborrisci
con rossa ira
dipinta sul volto!
Rosso il sangue
che ti fa rosso quel volto,
O che cola dai graffi
delle escoriate illusioni.
O che imbeve il ventre tuo
di femmina fiera.
O che intona
la tua rossa canzone
di ribellione:
rosse le note indignate
graffiate sui muri
sbrecciati di schegge
di rosse granate.
Rossa colomba
di pace e di lotta.
Rosso lo scrigno,
di velluto e broccato all'interno,

di mogano all'esterno,
corrusco, borchiato:
lo scrigno che custodisce,
impenetrabile fortezza,
le tue passioni.
Rosse come una Fede.

Rosse come Illusioni.


(Epilogo)

E tu alzi al cielo
la tua anfora rossa -
rosso pompeiano
con nudo di donna velata -
la alzi sopra la testa e improvvisa

la scagli lontano frantumandola
in trentanove esatti frammenti,
tra grandi e piccini.
Non per rabbia, non per odio,
non per astio, nè per dispetto,
e nemmeno per segno
di meditata follia:
per conoscenza, soltanto.
Per vedere se essa contiene
proprio quel rosso vino,
oppure la tua pura
essenza.

E io, affascinata,
raccolgo quei cocci,
e ne ammiro le forme,
mai uguali a sè stesse.
Mai eguali
ad alcuna altra cosa al mondo.
E mi ferisco, sbadatamente,
sui bordi taglienti.
E istintivamente
porto la ferita
alle labbra, e sento
il gusto salso del sangue,
che sa come di mare
amaro, dolciastro...
Rosso, è il sangue.
Rossa, sei tu.



Milano, 24 Giugno 2012
A Red Cap. Con amicizia e più.

mercoledì 1 agosto 2012

Mattinale


Questa è la cronaca di un abbandono, di una partenza, di una ultima carezza e di una stretta al cuore, con il senso chiaro di un ritorno che forse non avverrà mai più.
Non c'è molto di più da dire, tranne lasciare lo spazio alla malinconia di un canto interno, a bocca chusa, senza parole, come spesso fanno le donne quando sono troppo vicine alla disperazione. Perchè sanno che, dopo, tutto cambia. Tanto vale accogliere il nuovo, l'ignoto che bussa insistente alla porta, con una dolce melodia nel cuore…

La dedico a Sonja, che la lesse per me appena nata e mi aiutò a capirne il senso, e a tutte voi ora, amiche mie, e amici cari, con amore.
M.P.



Mattinale

Tutta la tristezza di un bacio
premuto forte sopra il mio seno
proprio là dove le coppe si giungono
nel sottile solco del cuore.

Tutta la tristezza delle sue mani
aggrovigliate ai miei capelli
come rami che si coprono d'edera
tenace come i graffi delle sue unghie ribelli.

Tutta la tristezza del suo fiato
profumato di notte di vino e di aurora
che mi involge il volto nell'ultimo esaurito ardore.

Tutta la tristezza e il calore febbrile del corpo
abbandonato come un'incavo in lento svanire
impresso sopra le mie lenzuola assorte.

E il brontolio cupo del motore che picchia sui vetri
come un'ape stordita, e subitamente s'invola.
...



Milano, 13 Giugno 2012
Marianna

sabato 28 luglio 2012

Nel Cilento






Qualche giorno fa, mentre mi ero perduta in un abisso che sembrava senza fondo, e vi stavo serenamente precipitando, apparentemente senza speranza, un'amica cara mi inviò un dono, un piccolo dono, un nulla, che però forse è stato quel piccolo, minuscolo, inatteso primo appiglio che mi ha aiutato a trovare "una" ragione, se non "la" ragione, che era ciò che principalmente avevo smarrito.
Lei aveva scritto, con mano ferma, sapiente, da artista qual'è, il mio nome su un ciottolo dalla forma ovoidale, quasi perfetta, e lo aveva posato, tra altri ciottoli anonimi, su una spiaggia del Cilento, lo ha fotografato per prenderne memoria e inviarmelo, e infine lo ha abbandonato a raccontare "per sempre" in qualche modo della mia esistenza e (ciò che per me conta di più) del suo affetto per me. In sè questo è già un "atto poetico", per la sua capacità di incidere con il pensiero nella realtà. Non vi pare? Per me lo è, sì...
A quel punto io, immediatamente, ho sentito l'urgenza di rispondere, componendo a braccio questi versetti in forma di sonetto "imperfetto", che ora voglio condividere con voi, amiche care e amici. Per significare come a volte un gesto minimo, ma in sè splendido, può significare forse anche un riaccendersi di vita, una luce in fondo a un tunnel, per qualcuno…

Per Mimì, e per voi, con amore
M.P.



Nel Cilento

 

La Marianna è dunque come un ciottolo di mare
piccolino, tondeggiante,  marezzato, levigato,
lucidato dal passare e ripassare del moto alternato
di illusioni e delusioni, onde salmastre e amare.

Se il suo corpo è così piccino
quanto grande sarà il suo cuore?
Sarà giusto un minuscolo granellino
di ossidiana annegata nel calcare?

Non sarà vasto invece, e in perpetuo movimento
per quanto è vasto questo vasto mare?
Non sarà dentro quel mare un intero firmamento?

Attende solo, pazientemente, che una provvida fanciulla
lo raccolga nella sua mano e con slancio lo rilanci
al profondo di quel mare cui soltanto appartieniamo.



Milano, 18 Luglio 2012
Ciottolo-Sonetto Dedicato a Mimì
La mia amica di un altro Mare
Marianna

mercoledì 25 luglio 2012

Dialogo VI


Un nuovo dialogo, tra me e una delle Artiste e poetesse da me più amate, come amica, come donna e come appassionata della Vita e della bellezza.
Per la verità, prima ancora dei suoi versi - come sempre scoccano brevi e abbaglianti come un lampo d'estate, di quelli che per lungo tempo poi lasciano una scia di luce impressa negli occhi - prima di questo, dicevo, mi ha colpito ed ispirato la piccola foto scattata dalla stessa Autrice, bellissima nel suo genere se pur apparentemente dimessa, in cui io mi sono ritrovata, pari pari, come fosse un mio ritratto.
E infatti è proprio un piccolo autoritratto quello che ho voluto poi abbozzare, in risposta quel suo "colpo di pennello", che, nei versi, è elegante, descrittivo ed essenziale come un ideogramma orientale.
Ecco, amiche care e amici, ComeMusica ed io dedichiamo questo nostro dialogo, questo piccolo gioco tra Osservazione ed Introspezione, a  tutte voi, con amore.
P.T.
M.P.




Foto: Sirmione - Aprile 2012 - by Come Musica



KEIRYU [28]
(di Come Musica)

Vola, nuota nel vento,
su, come l'anatra sospesa
nell'azzurro - cielo e lago.
Alla giusta quota sa librarsi.
I piedi per terra per osservare.

22 maggio 2012




Duckling
(di Marianna Piani)

Io, brutto anatroccolo
dentro me...
bella anatrina
che scuote la coda
dall'acqua,
per chi sa osservare
con bastante amore la vita.
Ferma, indecisa,
sul bordo del lago:
non dovrei guardare all'indietro
perchè indietro
non c'eri ancora tu.
Tu lo sai che questa bestiola
se vuole sa volare
e quando s'invola
pare che nessuno
la possa fermare.
Le ali non sono immense
come quelle del cormorano
e non sono
quelle d'un angelo santo
tutte dorate e splendenti.
Son corte, frullanti,
battono il vento
con nervoso dispetto.
Ma sono quelle che bastano
per levarsi da terra
e vedere il lago dall'alto,
parte inebriante

di un sogno.

Il resto del sogno
sei tu che me lo sai dare
elegante Airone

librante sul Mare.

Stresa, Lungolago, 31 Maggio 2012
A P.T. con ammirazione e affetto
Marianna

domenica 22 luglio 2012

Leonore No.2


Mie care, ho la fortuna di avere un'amica il cui nome di battesimo - da lei peraltro gelosamente celato dietro un intricata selva di avatar e di noms de plume - è Eleonora.

Ditemi, come si fa, prima di tutto,  a non dedicare un ritratto a una ragazza che si chiama Eleonora?
E poi, come si fa a non farlo, se questa ragazza è una scrittrice, un'artista e una poetessa dotata di un talento quasi commovente, per quant'è scoperto e inconsapevole della sua stessa forza; e come si fa a non farlo se questa ragazza, giovanissima, si dichiara appartenente a un'epoca senza tempo, e si descrive con diletto indossare guantini di pizzo bianco e ombrellino parasole, come in un dipinto di Renoir? Come si fa a non aver voglia di ritrarne la personalità multiforme e complessa, la sua intelligenza alta e chiara quanto può essere chiara e alta l'intelligenza delle donne quand'è al suo meglio, la sua libertà di pensiero, la sua estraneità - più ancora che ostilità - nei confronti di tutto ciò che è banale, usuale, mediocre…
Se poi si scopre con lei un'affinità di pensiero - più che di carattere - che ci lascia sgomente come di fronte a uno specchio vivente, allora è impossibile, per una donna come me, non cedere a questo desiderio e prendere matita e carta e pennelli e…

Tanto è vero che questo è il secondo ritratto che abbozzo di lei su queste pagine… E allora, a questo punto, dato il personaggio, come fare a resistere alla tentazione finale di intitolare il pezzo, Beethovenianamente, Leonore No.2. E di "giocare", un po' per celia e un po' per diletto (e un po' per reminiscenza colta, perchè no?), con questo tono "pieno", da Elegia, da Ouverture romantica, a tutt'orchestra?

Chi la conosce, la nostra Eleonora, la riconoscerà senz'altro qui, ne sono certa. Per il resto, lascerò a lei, se lo vorrà, la scelta di "rivelarsi" o meno attraverso qualcuno dei suoi diversi "nomi di riferimento".

Dedico invece, con sua licenza, questa "Ouverture Eroica" al femminile a tutte le donne come lei, artiste, creative, geniali, vive, intelligenti… A tutte voi, amiche care, e a tutte noi, e ai nostri compagni e amici maschi, perchè di certo ci riconosceranno, se ci amano…

M.P.




Leonore No.2
(Ouverture)

Ci sono donne, ci sono ragazze,
che muovono una vita in verticale,
aggredendo folli vette, impervie cime,
inesplorate vie tracciate sopra rocce
di granito o di fragile calcare:
è loro imperativo il loro stesso ardire.

Esistono donne vive, esistono ragazze
che spezzano catene con il solo raggio
del loro fiammeggiante sguardo,
e liberano le menti dalle anguste prigioni,
dalle miniere di salnitro dell'Usuale,
dello Scontato, del Mediocre, del Banale.

Conosco donne, conosco giovani ragazze
che fanno della loro lucida gaiezza
la nitida sfida a ogni torpida saggezza,
che scaturiscono dalle lor ferite aperte
le scintille che inondano di luce il cammino
di mille altre sperdute pellegrine.

Vi sono donne intrepide, vi sono ragazze
che gridano il loro canto forte al mondo
fiere della loro indifesa femminea grazia,
che s'imbarcano su vascelli senza rotta
per smarrirsi tra genti e luoghi e bestie
e spettri e impetuosi turbini di sapienza.

Ci sono donne, ci sono tenere ragazze
inquietamente nude, ritte sull'orlo dell'abisso
pronte a sfidare ogni sguardo, ogni giudizio,
pronte a lasciarsi ardere nelle fiamme
del disprezzo dello scandalo e del pregiudizio
come streghe, come sciamane, come puttane sante.

Esistono folli donne, esistono vergini ragazze
che cavalcano in schiera le loro puledre sciolte
i seni al sole, gli sguardi negli sguardi, le criniere
libere sulle spalle, le mani avvinte alle gemelle mani,
stringendo spade di passione nei  pugni esangui
per conquistare il mondo al loro Regno di Bellezza.

Di queste donne, di queste ragazze
di queste schiere di cavalieri dalle tornite gambe
aggrappate al dorso ansimante e crespo dei destrieri,
di costoro  inevitabilmente siamo chiamate ad esser parte
tu ed io, per destino e vocazione, e per passione:
noi due, Eleonora mia, siamo le pazze tra le pazze.


Milano, 8 Giugno 2012
A Eleonora

Marianna

giovedì 19 luglio 2012

Dialogo V


Paoletta e io vorremmo donarvi un altro piccolo dialogo, avvenuto tra noi qualche tempo fa.
Lei aveva pubblicato una meravigliosa, sorprendente poesia, che trascrivo qui di seguito, quella che a me parve come un canto straordinario attorno all'Assenza: l'assenza dell'essere che pensiamo possa dare un senso alla nostra esistenza, e che se ne è andato, o non ci ha mai raggiunto.
E la lettura di questi versi, così intensi e quesi disperati,  mi ha ispirata immediatamente una "risposta", come un eco, in forma di sonetto.

Dedichiamo questo dialoghetto a voi tutte, amiche dilette, e amici cari, con amore.
P.M.
M.P.

 

Schegge
di Paola Mancinelli


Me le ricordo, sai
quelle tue mezze verità
tagliate sottili
a filo di cuore,
servite fredde
su un letto di promesse.
Il sereno è alle porte,
mi dicevi,
gli dovremo aprire
prima o poi.
Da allora
non ho sentito bussare,
neanche una volta.
Il legno della porta è ancora intatto.
Le tue dita distratte,
il mio tormento.
Domando.
Attendo.
Le tue mani
sanno anche fare male,
quando non ci sono.





Assenza

Indicava l'orizzonte, Lui, l'Amore, mentre mi cingeva la vita,
noi due seduti di fronte al sole calante al largo del mare,
e diceva: "lo vedi laggiù il nostro futuro, quant'è sconfinato?
Laggiù, lo vedi quanto cammino faremo, assieme, tu ed io?"

Io abbandonavo il capo sulla sua spalla, senza quasi fiatare,
per timore di rompere l'incanto, per timore che ogni cosa
svanisse in un turbinio di luce e di ombre e di onde lucenti,
al momento in cui il sole si fosse spento nei flutti salmastri.

Avrei varcato mille mari per Lui, allora, avrei sfidato
l'intera rosa dei venti, da Ponente a Libeccio a Maestrale,
avrei fissato diritta negli occhi la più furiosa tempesta, ogni fortunale.

Intanto il Sole implacabilmente chiudeva i battenti del giorno,
e con questo ogni cosa prendeva già a mutarsi in puro ricordo,
e Lui svaniva dal mio sguardo, mutando la sua presenza: in assenza.


Milano, 7 Giugno 2012
A Paola
(Marianna Piani)

mercoledì 18 luglio 2012

To Antonio Machado


Un omaggio dato per un omaggio ricevuto, per un omaggio dedicato a un Poeta sommo, Machado. Insomma, una sorta di gioco di specchi poetico, e come ogni gioco di specchi per me sempre così eccitante, stimolante, affascinante, irresistibile…
E per una volta non pubblico nulla di mio, ma direttamente una composizione di un amico, poeta di grande spessore, spesso ospite di queste pagine (anche con suoi commenti, fin troppo indulgenti nei miei confronti), e che io considero se non il mio "maestro d'arme" per lo meno il mio mèntore e l'appassionato "disturbatore" della mia pigrizia mentale.

Tempo fa mi inviò in dono questi suoi versi, dedicati appunto a Antonio Machado, un poeta prediletto da entrambi (e di cui sto meditando di dedicare la prossima settimana un breve "ciclo" nell'ambito della mia rubrica "poesiedelmattino" su Twitter) pregandomi di tradurglieli in italiano. Per me un "invito a nozze", come potete immaginare. La complessità concettuale dei versi, nella loro apparente linearità, non hanno reso il compito facile da risolvere, Spero tanto di esserci riuscita. Tuttavia, chi può, si goda piuttosto direttamente il suo eloquio nella lingua originale inglese.

Altor ed io dedichiamo questo nostro "dialogo" a tutte voi, amiche care e amici gentili, con amore, come sempre.
A.T.
M.P.



To Antonio Machado
- for his Poetry

1)
Your intellect is useless here
…and your eyes, too.
One may linger to feel
what’s no longer here.

2)
I saw her yesterday
and again today
forever
is every day.

3)
Don’t need to shout
I can see how
you stir the melancholy.

4)
They smile radiantly
in the light of day
“to see is to live”
Tonight, like every night
I’ll wait patiently.

5)
I know how to wait for her
in bed, all dressed, clean shaven
and not yet ready to cheat on  her.

6)
I hold nothing in my hand
nothing in my head
and as I wander around
my feet leave no prints
upon the ground….

(A. T.)






Per Antonio Machado
- alla sua Poesia


1)
Il tuo intelletto è senza senso qui,
così come i tuoi occhi.
C'è chi potrebbe soffermarsi per percepire
ciò che non è più qui.

2)
Ho visto lei ieri
e oggi ancora:
il per sempre
avviene tutti i giorni.

3)
Non occorre gridare
io so vedere
come sai suscitare
la melanconia.

4)
Essi sorridono raggianti
nella luce del giorno
"vedere è vivere".
Stanotte, come ogni notte
attenderò con pazienza.

5)
Io so come attendere lei,
a letto, interamente vestito, ripulito
e non ancora pronto a ingannarmi di lei.

6)
Non ho nulla in mano,
e nulla nella mia mente
e quando inizio a vagare
i miei piedi non lasciano alcuna impronta
sopra il terreno...


(A.T. tradotto da Marianna, con amore)

lunedì 16 luglio 2012

Un Palloncino Giallo


Questa breve composizione è nata come una fiaba in versi, il ricordo di una visione e di un pensiero avuto realmente da bambina. Un racconto che ho dedicato originariamente a una amica cara, una meravigliosa creatura, artista e donna.
La Libertà, la rottura del vincolo che ci lega alla terra, la conquista del Pensiero, e dal Pensiero lo Spirito senza peso che porta in alto, sempre più in alto, con un prezzo da pagare in cambio, infine, in moneta sonante di Solitudine, e forse di Follia...

Dedicata a voi tutte amiche care, e amici gentili, come sempre, con amore.
M.P.

(Nota: "Monrupino" è un piccolo Comune nei pressi di Trieste, noto per la chiesa e la suggestiva Rocca, luoghi in cui ho trascorso molti dolci momenti della mia prima infanzia)



Un Palloncono Giallo

Mi era sfuggito di mano
il palloncino giallo
a forma di paperella
e ora era solo un puntolino
in mezzo al sereno del cielo
sopra Monrupino.

Non frignavo, come tutti i bimbi fanno
quando perdono il loro gioco.
Indagavo quell'ondeggiare nel vento
e mi chiedevo se sarebbe mai giunto
a quel Paradiso, di cui mi diceva Suor Betta
a lezione di religione.

Un puntolino, disperso nel cielo,
così anch'io mi sentivo,
invidiando quel pupazzino
un po' inespressivo che poteva,
liberato dal filo che lo vincolava
alla terra, vedere Dio.

Anch'io senza peso, anch'io libera
e leggera, anch'io sopra il mondo,
anch'io a danzare un girotondo
tra le nubi di bambagia.
Anch'io infine un niente
scomparso all'orizzonte
verso il mare.


Stresa, 31 Maggio 2012
Alla mia adorata P.M.
Con amore, semplicemente.

sabato 14 luglio 2012

Caduta Stella


Dedicata a una perdita, a una sorella... Ma in generale, a chi ci lascia, in un modo o nell'altro, per non più tornare. E noi rimaniamo esterrefatte e mute, senza capire se ciò che è accaduto sia veramente accaduto, e se per noi ciò sia più una ferita oppure piuttosto una colpa. La colpa di non aver saputo abbastanza amare, o comprendere, o confidare. E ci rimane soltanto l'infinito lago immoto del rimpianto, in cui specchiarci, cercando di scorgere dentro quella incerta figura che ondeggia sospesa nell'acqua quieta, limpida o torbida non importa, l'immagine di chi non possiamo più chiamare direttamente per nome con la speranza di avere in cambio una risposta.

A tutte voi, amiche care, e amici gentili, con amore, sapendo che mi perdonerete la traccia incoercibile della mia amarezza…
M.P.




Caduta Stella



Vieni, caduta stella, vieni a me
e afferra la mia mano come un'elsa,
come un ramo di fremente incertezza
che non ti può più salvare.
Vieni, sorella, che fosti con me fanciulla
e mai volesti essere donna in pienezza.
Mai con me accanto...
Vieni in sogno e lasciami il sapore acre
della tua giovinezza
bevuta in un solo sorso
di spumosa birra.
Fino alla totale ebbrezza.
Vieni sulla cima estrema
della torre che cieca guarda il mare,
dalla rocca di Duino,
pianta i tuoi piedi sulla roccia nuda
così che io li possa devotamente ornare
di lacche rosso fuoco e poi
teneramente, lungamente baciare.
Vieni, con me, e grida all'orizzonte
il tuo nome santo, e il tuo dolore,
che non trova riposo,
conficca le tue unghie nel mio seno
fino a farmi male
per poi appoggiarvi il tuo capo
cosicchè io possa aspirare pieno
il profumo salso dei tuoi capelli
color del rame.
Lascia che così io sciolga
la tua forte treccia, al vento
impetuoso che ci frusta il viso,
lascia che per un volta ancora
io possa guardare diritta
nei tuoi occhi
infuocati di tristezza,
lascia che per un istante
io possa cingerti dei fiori
dei miei baci i fianchi,
e che possa chiamarti angelo,
un momento solo, ancora, e trattenerti
prima che le tue immense ali
con un gemito di rabbia
spieghi al sole morente in cielo
e che da questa terra mia
ti levi alta in volo
per mai più tornare.


Milano, 29 maggio 2012
Marianna Piani

giovedì 12 luglio 2012

Monteviale


Ecco una composizione che è come un racconto, semibiografico, quasi discorsivo, quasi antipoetico. E il tema è la Sorellanza: quel senso misterioso che unisce le donne che riconoscono sè stesse nell'altra al di là di qualsiasi legame di sangue o anche di lontana parentela. È un grande piccolo mistero, è un genere di amore e di complicità, che ha radici profonde, come nell'aneddoto che racconto, nella storia di una lunga costante consuetudine, oppure anche semplicemente ha origine nell'istinto, nel sentire comune, nel comprendere di poter gioire e soffrire all'unisono, come le corde vibrano coppia a coppia, in una viola d'amore.
Questa composizione è nata per Mara, in particolare, per il senso fraterno dell'affetto che ci unisce, ed è dedicata a tutte le donne che nella Sorellanza trovano il conforto e il rifugio da quel senso di solitudine intima e profonda che ogni donna, anche se amata, e circondata da affetti famigliari, figli, amici, ha provato e prova dentro di sè nel profondo del suo essere donna. Ciò che solo un'altra donna a lei misteriosamente magicamente affine può comprendere e riconoscere.
A tutte voi, amiche dilette, e amici cari, con amore
M.P.

(P.S. Monteviale è una località sulle colline nei pressi di Vicenza, dove da piccina avevo trascorso alcune estati indimenticabili con la famiglia ancora unita)




Monteviale

Martina aveva otto anni, Alice sette.
La collina di Monteviale era tutta fiorita,
puntata di violette, gigli e margherite.
Le mamme le avevano rassettate entrambe
le bimbette, raccomandando di far le brave,
ma s'erano scordate poi di loro temporaneamente
per chacchierare di mariti di scarpe e di cucina.

Martina indossava una vestina bianca
di cotone, Alice la gonnellina lilla e due fiocchi
che trattenevano al lato i capelli in due codini;
sfuggite per un momento allo sguardo della mamma
mano nella mano risalirono la collina
finchè non furono arrivate affannate sulla cima
per vedere com'era dall'altro lato l'altro mondo.

Era immenso quel mondo, da quella parte, e si perdeva
nelle nebbia della distanza lungo la strada serpeggiante
in fondovalle, fino al campanile, confusa sentinella
di quella contrada, che in quell'istante distante
rintoccava l'ora, o forse chiamava per una preghiera.
Martina tutto questo vedeva, ma ancora non sapeva
coglierne la pace che tanto avrebbe poi rimpianto.

Vedeva invece il manto morbido umido del prato
steso sul declivio come una trapunta, e sentiva la voglia
de gettarvisi dentro a perdifiato strillando la sua gioia.
Alice intanto s'era appallottolata con la mutandina dentro l'erba
a cogliere una per una minuscole margheritine
in un mazzetto di stelline bianche da offrire a mamma al ritorno,
con quel sorriso che le avrebbe certo avvalso il suo ambito abbraccio.

Piccole amiche da sempre, di mamme amiche,
non sapevano il loro destino di divenir sorelle,
senza esserlo, nella vita a venire, e assai più che sorelle,
amiche dilette di cuore e di sangue quando la sorte
venne ad accanirsi atroce sopra una di esse,
e l'altra le avrebbe fatta salva la vita
con la sua presenza, la sua pura esistenza.

Ma allora tutto questo era lontano, ignoto
come le atmosfere di Marte e le lune di Giove,
e nulla occupava per ora la lor coscienza
altro che il richiamo del gioco, e il senso
di appartenere l'una all'altra, come appartengono
due ciliegie a quel picciolo che dividiamo
per scoprire a chi rimarrà in sorte la matrice.

Furono allora corse, e fughe, e rincorse a perdifiato,
e discese, e risalite ridendo e cadendo e strillando,
e poi acchiapparsi, e ricadere, e ruzzolare avvinghiate
rotolando giù per il declivio perdute nel vorticar confuso
di erba di cielo di fiori di fango di luce di buio,
di Martina, di Alice, innocenti allora già nella vertigine,
nel turbine che presto le avrebbe travolte nella vita.

Le mamme le richiamarono allora all'ordine,
col loro grido di battaglia: "Ma vi siete ammattite?"
ma non ebbero cuore poi di sgridarle duramente,
nonostante i vestitini sconciati, le ginocchia sgraffiate,
l'erba e le foglie nei capelli, le scarpine tutte infangate.
Perchè i loro due fiorellini amati, ruzzolando dentro i fiori,
avevano ora addosso tutti i profumi e i colori


...della loro spensierata Primavera.

(Alice donò le margheritine alla mamma infine.
Solo cinque, le altre le aveva smarrite nel ruzzolare.
L'altra mamma, quella di Martina, segretamente
ne fu commossa, e le accarezzò entrambe sulle guance.
Con dolcezza smarrita e stanca di chi parte:
lei era l'angelo che tra non molto
avrebbe spiccato quel volo senza ritorno).


Milano, 27 Maggio 2012
A Mara.
Marianna Piani

domenica 8 luglio 2012

Voler essere



Amiche dilette, e amici cari, poco potrei dire di questi versetti, così semplici e ingenui, in forna di ballata; tranne forse che sono scaturiti nell'urgenza di esprimere quel desiderio estremo di appartenenza e insieme di annullamento del sè nell'altro, nell'oggetto del proprio affetto più alto, in ciò che chiamiamo amore, intendendo con ciò ogni genere di amore, al di là di ogni limite o distanza o confine o schema o pregiudizio. Vestire di sè l'oggetto amato, deoggettivizzarsi, astrarsi addirittura, pur di poter far parte del suo universo, diverso da sè, astrarsi fino a farsi pensiero, liet motif, espressione di desiderio distillata come pura idea nella mente dell'altro, perennemente. E molto, molto semplicemente, essere sua.

Dedico questa "ballata" a Paoletta, che come sempre mi ha ispirata con le sue imagini libere e sublimi, e a Elisabetta, che mi ha letto il cuore.
E, naturalmente, a tutte voi, amiche mie e amici, con amore

M.P.




Voler essere


Vorrei essere nuvola
per potermi fare guanciale
al tuo capo esausto
dalla cura del giorno,
ed ispirarti nella notte oscura
i sogni più sfavillanti
di stelle.

Vorrei essere prato
per accogliere nel mio grembo
i tuoi piedi nudi nervosi
in corsa sfrenata, oppure
indugianti immersi nel piacere
del mio umido tenero
abbraccio.

Vorrei essere seta
per tessere la veste
che accarezza la pelle
più sensibile del seno
e del tuo ventre di velluto
per arricchirla dei miei
vezzosi amorosi pizzi.

Vorrei essere puledra
per scatenarmi selvaggia
nella tua prateria
e scalpitando e soffiando
sentire infine la carezza
della tua mano serena
che mi placa.

Vorrei essere spina
del tuo roseto adorato
per gustare una stilla
del tuo sangue di vino,
e poi col profumo del mio fiore
che sboccia lussureggiante
al mattino, inebriarti.

Vorrei essere l'acqua
di quella fonte saltellante
come un bambino,
e detergerti il viso
dalle lacrime salse
del tuo pianto dolente,
per sempre.

Vorrei essere il suono
della risacca della tua marina,
per sussurrarti alle orecchie
quel canto sommesso
di armonioso abbandono
e ispirarti intanto l'incanto
del tuo perdono.

Vorrei essere la luce
del sole d'oriente
per baciare le tue pupille
ardenti e con esse accendere
i tuoi sguardi sul mondo
e la grazia della loro avida sete
di raccoglierne ogni senso.

Vorrei essere il nulla
per poter essere ovunque
accanto a te per sempre,
e farmi pensiero
terso innocente intenso
per potermi pensare sempre
nella tua mente.



Milano, 26 Maggio 2012
Marianna Piani

giovedì 5 luglio 2012

Dialogo IV



(Videolettura di Refuge ‏@Mary_3497)

Sempre in esilio, nel mio "rifugio segreto", con qualche difficoltà in più per accedere a un apparecchio per comunicare con il "mondo", voglio lasciarvi oggi questo nuovo "dialogo" tra me e Paola "Come Musica", una artista e poetessa straordinaria e unica, che io amo infinitamente, e che già avete incontrato in queste pagine.

Si tratta di un ragionamento sulla "Mancanza", molto in tema del resto, che può esprimere in qualche modo anche quanto voi mancate a me, amiche mie e amici cari, in questo orribile periodo. Io riprendo, letteralmente, dallo stesso medesimo incipit di Paola, strappandolo quasi di forza dalla interiorità gelosa e intima di lei alla espressione mia, più concreta, sanguinosa, esposta, del "vulnus", la ferita che non rimargina se non lasciando segni indelebili.


Non so quanto ci metterò ad attraversare questa mia piccola personale "valle di lacrime", nè al momento saprei dire neppure se mai ci riuscirò veramente e a che prezzo. So che ce la sto mettendo tutta. E che vi ho tutte sempre nel cuore.

Per ora dedico questi pensieri concertati assieme alla nostra grandissima Paola (come sempre, lei, è come un lampo di luce sfolgorante Verità, densa e abbagliante come una supernova) a tutte voi amiche mie del cuore e amici cari, con amore.
 
A presto
M.P.
(6 Luglio 2012) 

Paola ed io ringraziamo, veramente toccate e commosse,
la nostra amica Mary per la meravigliosa videolettura
che ancora una volta, con passione e immensa sensibilità
 ha voluto donarci: un dono per noi tutte, inestimabile!


(Vi consiglio sempre vivamente di visitare le pagine di Paola,
sono un tesoro tutto da scoprire: una autentica "sinfonia di emozioni".)




In Punta Di Penna
Di Come Musica (Paola)

Mi manchi.
E' un sussurro.

Lo cancello.
Non lo scrivo più.
Non si legge adesso.
L'avverto.

16 Maggio 2012




Tagli

Mi manchi:
È un grido, un urlo
inciso come graffi
sulla carne viva.

I graffi più profondi
rimargineran bruciando;
i tagli e le ferite
della tua desolante assenza
saran per sempre in vista
come cicatrici e sfregi
sui miei seni bianchi.

Ah, potessi col mio silenzio
soffocare l'assordante suono
del tuo silenzio vano!



Milano, 19 Maggio 2012
Per Paola, in punta d'anima
da Marianna

lunedì 2 luglio 2012

Dialogo III (Trio)


Amiche care, e amici gentili, ho dovuto interrompere per motivi di salute e di vita la mia presenza costante qui su queste pagine. Questi motivi permangono e la mia frequenza probabilmente non potrà più essere quella di prima, almeno per un certo lasso di tempo.
Tuttavia non voglio (e non posso) abbandonare questo mio rifugio, questo giardino che mi ha dato finora tanta gioia e tanta consolazione, sopprattutto raccogliendo la vostra amicizia e il vostro affetto, i vostri commenti, le vostre idee, le vostre critiche, le vostre libere voci. Tutto questo mi mancherebbe troppo.
Quindi, anche se con un poca di  fatica in più, per ora, cercherò di continuare a curarlo e irrigarlo ancora di idee e storie ed emozioni.

Riprendo anzi con quello che mi sembra un bellissimo dono, cui hanno partecipato due amici e poeti fondamentali per la mia formazione e per la mia ispirazione, Paola Mancinelli, che già conoscete bene da queste stesse pagine e Altor, la persona che per prima mi ha convinta ancora tanto tempo fa a provare (e osare) a "cantare" con la "mia" voce personale anzichè limitarmi sempre soltanto a "nascondermi" dietro le traduzioni dei "Grandi" di altre lingue e culture.
Insieme, sulle pagine "indifese" di Paola, sviluppammo in tutta spontaneità ed autonomia questo "dialogo", inizialmente nato tra lei e lui, e a cui in seguito mi unii io, creando così come una sorta di "trio" musicale "classico", d'archi, Violino, viola, violoncello, due donne ed un uomo, due voci femminili e una maschile. Intessendo il nostro fraseggio attorno al medesimo tema, lanciato proprio da Paola: "Per Nome" - che si concludeva con un invito "Mi raccogli?" così tenero, diretto, perentorio, che non poteva assolutamente non essere raccolto.

Per gioco potreste immaginare quale di ciascuno di questi strumenti potrebbe incarnare la voce di ognuna di noi:
Paola il violino, Marianna la viola e Altor il violoncello, forse? Oppure ci troviamo di fronte a un trio di violino, violoncello e pianoforte? ...Oppure potreste immaginare un'aria lirica, a tre voci, Soprano, Contralto e Baritono?
Voi che ne pensate?

Comunque il brano si siluppa con un canto e controcanto - bellissimo secondo me - delle due prime voci, ripreso con variazione, e si conclude con l'irrompere della terza voce, la mia, in forma di fiaba, dove mi diverto a scompigliare l'idillio in una folata di vento e un battito d'ali, secondo il mio stile un poco sbarazzino…

A noi è sembrato un bel gioco, questo, e lo offriamo a tutte voi amiche, e amici, come sempre, con amore.

P.M.
A.T.
M.P.





Per nome

Di Paola Mancinelli


E quel dubbio
sotterrato in terra arida
che ad ogni lacrima
riaffiora
mutando d'aspetto.
Lo colgo
lo invaso
lo osservo.
Sbocciato al buio
non sfiorisce la sua natura.
La mia,
è già un petalo
caduto
sul tuo asfalto.

Mi raccogli?

(Paola Mancinelli)
17 Maggio 2012




Si, ti raccolgo!
E per non farti
mutare d'aspetto
ti invaso
e ti osservo
mentre sbocci
alla luce
dove fiorisce
la tua natura
Il mio
non era fiore
neanche petalo
era senza nome
come il dubbio
dell' l'asfalto
su cui tu
cadesti
da sotto il quale
nessuna lacrima
più riaffiora

(Altor)
18 Maggio 2012



E quando il suono del mio nome
riecheggiò
come un antico canto
allora,
ci fu una vasta eco intorno.
Assordante.
Ogni cosa si rivestì di senso,
anche quel dubbio.
Anche lui.
Lo chiamai per nome
svelandone la natura
sillabandone la verità
che fa male.
Così male.
Tanto.
Ma fui raccolta
dopo quel sacrificio
e fui felice.
Questo sì.
Io, raccolta per nome.

(Paola Mancinelli)
20 Maggio 2012



Nel tuo nome
indago l'aria
trasparente
che mi acceca
col suono
cubico
spigoloso
e tagliente
che mi cerca

Nelle lettere
tonde, dove
mi nascondo
non sibila
il vento
Occulto
bocciolo
sempiterno
qui, ti aspetto

(Altor)
20 Maggio 2012



 

Stellafanciulla
(Poesia in forma di fiaba)

 

...E venne il Vento pazzo,
ululando il suo risentimento,
e in un momento, il Petalo, spoglio,
strappato dall'oscuro suolo ov'era caduto,
risalì al cielo e precipitosamente,
si ritrovò ad esser Stella
tra le mille stelle del firmamento.

E vide giù il mondo, le genti, i mari,
agitarsi d'un moto lento,
quel che a terra appariva
solo un folle inutile tormento.
E pianse allora gocce di rugiada,
di pietà per quel mondo morto,
e sospirò col suo profumo denso assorto.

E venne allora una Farfalla, maculata
rossa e bianca, follemente innamorata
di quel petalo oramai fatto stella.
E volando con immensa, indicibile fatica
per ricongiungersi al suo amato bene,
ben sapeva che a quella rarefatta altezza
si sarebbe immolata nel suo cimento.

Ora sono due gli astri in quel cielo
più lucenti d'ogni altro intorno,
Petalo e Farfalla son stati un giorno,
ora sono Vega e Antares le ammirate,
eterne stelle, salvatrici dei naviganti:
perennemente ora amandosi, tra le galassie
arderanno di luce propria, non più riflessa.

Luce dell'amore che gli anniluce annulla,
ardi nel nostro nucleo cuore, di stella fanciulla!



Milano, 18 Maggio 2012
Marianna Piani

giovedì 21 giugno 2012

Custodire

"Custodire"
Una immagine di Paola Mancinelli

 
La suggestione di una foto di Paoletta, bellissima ed enigmatica come tutte le sue, e la mia fantasia, ancora una volta, si scatena, libera e selvaggia: un sogno, una visione, e la voglia immensa di abbandonare la ferma terra per lanciarmi in una libera, sfrenata avventura, viaggiare, attraversare mari e continenti, rischiare, espormi, gridare, combattere furibonda per amore...
E nel contempo volermi sentire placata, in pace, protetta, "custodita" appunto, come quella minuscola, insignificante chiave, raggomitolata, nell'ombra, accoccolata sul palmo della mano di lei dolcissima, calda, materna, pura.
Avventura, follia, temeraria sfrontata libertà della mente, e trepido immenso bisogno del cuore di essere amato, consolato.
Contraddizioni dell'anima inquieta di una donna. Di ogni donna, credo.

La dedico a te Paoletta, per la grazia infinita delle tue immagini, a A.T. altor, meraviglioso amico, che mi ha donato le sue prime preziose impressioni di lettura ed aiutato a renderla più sincera e più viva, e a tutte voi amiche care, e amici, con amore.
M.P.


Potete incontrare Paola e il suo mondo meraviglioso
direttamente al suo "Spazio Indifeso" 
http://lospazioindifeso.blogspot.it




Custodire

Quella notte non dormivo, mentre il vento
ululava e strideva infiltrando le connessure
degli infissi, tormentando sui cardini le imposte
come rande lacerate dalle avide tempeste.

Mi levai, infreddolita, involgendomi fino al capo
nel mio patchwork di piumino, incollando al vetro
il nasino congelato per spiare che mai accadesse
al mondo, in quell'alba acerba di tuoni e di percosse.

Nembi grevi come pece si sfrangiavano
sopra il mare, turbinando e fiammeggiando
come vele immense d'un vascello di ventura
torreggiante nei miei sogni di paura.

Henry Morgan ne sbarcava, smisurata oscura
la figura, l'occhio da ribelle senza scampo,
scuotendo fieramente dal mantello
la salsedine del tempo e delle stelle.

Mi chiamava a sè, il Nero Principe del Mare,
protendendo la guantata e salda mano.
Sull'istante, fui rapita dal suo sguardo calmo,
acquattata fui come un furetto nel suo palmo.

Avrei navigato da allora assieme a lui, per sempre,
nei remoti oceani, da Occidente a Oriente,
doppiando insieme Magellano, incrociando
da corsara i mari delle Antille, al suo comando;

tra i golfi, i porti, gli arenili, e gli anfratti tormentati
dalle correnti, e i venti senza tregua di Sumatra
e le baie più segrete di Tortuga e d'Hispaniola,
e le secche dei Sargassi: mai più, mai più sola!

E quando una palla - gelosa - m'avrebbe infine colto in fronte,
egli avrebbe ululato il suo dolore ai quattro venti,
avrebbe espiantato infine il cuore dal mio seno bianco
rinchiudendolo in uno scrigno da tenere sempre al fianco.

E quando dopo mille e mille anni anch'egli fosse morto
soltanto a te - eletta - affidato avrebbe la sua santa chiave:
La minuscola lucente chiave che custodisci ora
nel cavo della mano, tenera come un'aurora.


Milano, 16 Maggio 2012
A Paoletta, miei occhi, mio sguardo
Marianna

lunedì 18 giugno 2012

Dialogo II


Care amiche, e amici miei, ecco per voi un altro "Dialogo", con un'altra artista da me personalmente molto, molto amata: assai diversa da me per stile e per tono, ma di grandissima forza evocativa, e acuta, intensa sensibilità. Per me ha del miracoloso come lei sappia esprimere un'emozione, una visione in poche, calibratissime parole. Casualmente (ma esiste veramente, il Caso?) anche lei porta il nome di Paola, che è per me - per motivi anche molto intimi e personali - un nome speciale, immensamente evocativo e denso di significati.
Paola ed io in questo "dialogo" ci siamo scambiate non solo emozioni, ma più ancora visioni, figure di un sogno. Lei intona l'apertura, io rispondo a canone, prendendo il via dall'immagine da lei evocata.
Ho menzionato "canone" di proposito, perchè Paola utilizza la parola con razionale (MAI formale) attenzione alla forma, all'equilibrio, alla geometria, come una ricercatrice alla ricerca della dimostrazione di un teorema. Tutto nella sua scrittura si iscrive in una perfetta logica di metro, suono, senso. Non a caso lei sceglie per esprimersi forme poetiche orientali, in tutta la loro trigonometrica e logica essenzialità. E io, a canone appunto, cerco di intrecciare il mio tema al suo. Lei misuratissima, densa, Io pazzerella, scintillante. Penso ne possa risultare un bell'insieme musicale, tema e variazione, tema e variazione, toccata e fuga, a due voci...

(P.S.: Io chiamo scherzosamente la mia Paola, un poco alla Jane Austen, "Ordine e Intuizione".)

Ecco, dunque, Paola ed io dedichiamo questo "Dialogo" a tutte voi, amiche care.
Con amore

P.T.
M.P.


Vi consiglio vivamente di visitare le pagine di Paola,
sono un tesoro tutto da scoprire.


Keiryu 16
di Come Musica (Paola)


I lampioni tacciono
cala la notte, il buio è sovrano
le ombre sussurrano piano.
Le membra chiedono riposo
nell'ascolto non c'è discordia.




...e poi viene l'Aurora
Di Marianna Piani
 

...
Quella luce fioca, vacillando
riempie di sguardi
dolenti e intensi
questi occhi tuoi verdi
perdutamente immensi.
Il riposo non ristora
l'animo costantemente teso
nel ricercare del Puro,
dell'Insondato, del Vero.
L'anima tua ti trasporta
fino alla soglia
del luminoso impero
dell'inesprimibile Aurora.





Keiryu 19
Di Come Musica (Paola)

Il sole abbozza un volto
di donna che sorride e gioca
tra le nuvole nascosta.
Narra una storia di seduzione:
cerca occhi per farsi ascoltare.





Un volto di donna
di Marianna Piani


e dalla foresta di abeti
perennemente tesi al cielo
si protende una mano forte,
smisurata, immensa:
a sfiorare quel volto
in una siderale carezza.

S'alza allora il vento,
geloso del suo regno,
e ogni cosa svapora
in un sospiro di pura
luce abbagliante. Dissolta
in un solo istante.



A Paola, Pura Luce
Milano, 14 Maggio 2012
Marianna

giovedì 14 giugno 2012

Annunciazione



Care amiche, lettrici e lettori, come narro nel testo stesso di questa composizione, poco tempo fa un'amica cara (di cui per ovvi motivi di risevatezza taccio il nome), molto a sorpresa ha voluto confidarmi di essere in attesa di un bambino.
Ho avuto un moto di gioia infrenabile e, come mi capita quando una potente emozione mi prende all'improvviso, alla gola, ho pianto come una vitella: dalla felicità di apprendere una notizia così bella, e per la tenerezza che mi ha trasmesso il fatto di essere stata giudicata da un'amica degna di ricevere per prima una confidenza così importante, fondamentale.
Cosa c'è di più importante infatti per una donna che scoprire la propria maternità?
Io per motivi personalissimi sono estremamente sensibile su questo argomento.
Questo è il momento in cui all'interno del corpo di una donna si salda la Speranza alla Vita. È la prova estrema del coraggio e della dedizione femminile.
Per questo, senza sforzo alcuno, in pochi minuti, mi è scaturita questa riflessione, a mio modo, in versi, come una aperta testimonianza di tutta la mia ammirazione, quasi una preghiera, al cospetto della potenza invincibile della Vita "incarnata" nella Donna. E al diavolo ogni timore di sembrare enfatica!

La offro col cuore a lei, alla mia amica futura mamma, e a tutte voi, amiche care, e amici, più che mai con amore.

M.P.




Annunciazione

 

Era dunque un giorno di maggio, qualunque,
quasi all'imbrunire, quando, parlando d'altro,
all'improvviso, mi svelasti il tuo dono immenso
ancora segreto, non so se ridendo, o piangendo.

In quel preciso istante, il Tempo, tirannico cocchiero,
rivolse il severo sguardo a noi due, sorpreso,
lasciando sbandare il suo carro per un istante,
e il Sole stesso, incuriosito, risollevò il capo

all'orizzonte, illuminando ancora a giorno
l'intero mondo. Perciò vidi i tuoi occhi
balenare intensa gioia, rivaleggiando
il suo fulgore, che impallidiva, al confronto.

Volli allora carezzarti il viso, per un momento,
e mi chinai poi in ginocchio accanto a te
sgranando cautamente la camicetta bianca,
mentre mi sorridevi stupefatta: bottoncino

per bottoncino, fino a scoprirti il ventre.
Candido, ancora piano come una betulla,
palpitante, come le ali chiuse d'una farfalla.
Posai le mani sui tuoi fianchi, teneramente.

E, mentre istintivamente ti ritraevi un poco,
accostai le labbra alla vellutata pelle,
per baciare casta, come si bacia una reliquia,
la Vita che ora sapevo v'era custodita.

Tu mi appoggiasti le mani sul capo, grata,
forse sorridendo, o piangendo, comprendendomi,
indulgente sacerdotessa ora del Santo Frutto
del tuo Amore, che presto ti chiamerà Mamma.


Milano, 14 Maggio 2012
A una mamma, futura.
Marianna

martedì 12 giugno 2012

Sguardo chiaro (a Margherita Hack)



Un piccolisimo personalissimo omaggio a una Donna stupenda,
una grande scienziata e una persona di fondamentale significato
per tutti noi, e in particolare per noi donne,
che compie oggi gli anni.
Non importa quanti, perchè il genio non ha età.
Penso che tutte voi amiche, e tutti voi amici miei
vi unirete a me e al mio augurio.
Grazie Margherita!
M.P.




Sguardo chiaro


Sguardo chiaro di una donna immensa
più limpido del limpido cielo
più luminoso di un astro fiammante
più mistrerioso di una galassia lontana
più autentico di questo infinito
che tu esplori per nostro sapere
da un'intera eroica vita.
Noi siamo estasiati
dalla Grazia
della tua esistenza,
che ha dato e dà un senso
al nostro profondo costante
segreto anelito
all'infinito.

Milano, 12 Giugno 2012
Per Margherita Hack
Marianna

domenica 10 giugno 2012

Dialogo I


(Videolettura di Refuge ‏@Mary_3497)


Amiche mie care, oggi vorrei inaugurare una nuova "rubrica", che chiamerò "Dialoghi". Ora vi spiego.

Questo mezzo meraviglioso che abbiamo oggi a disposizione, il blog, la rete, è straordinario non solo perchè ci permette di "esporre" i nostri pensieri, le nostre idee, le nostre creazioni grandi e piccoline a un Pubblico, a lettrici e lettori, a chiunque possa essere interessato, incuriosito, stimolato.
È molto più di questo: consente, anche se a distanza, quella comunicazione tra anime, tra artisti, che un tempo avveniva nei salotti, nelle riviste letterarie, o negli storici caffè.

Qui da me  e su altri blog di appassionate come me avvengono non soltanto scambi di carinerie e di attestati di amicizia, ma anche veri e propri interscambi di idee, di spunti, di temi, di intere composizioni. Nel mio caso adoro partecipare in questo modo alle pagine delle artiste che più amo e stimo, prendendo spunto ed ispirazione da una loro composizione, iniziando così un vero e proprio dialogo a due, o a tre, o più artisti, in cui l'uno afferra il pensiero dell'altro, e lo sviluppa, a modo suo, col suo stile, con la sua sensibilità.
Quanto cresciamo, così, donandoci il sostegno una dell'altra, stimolando il pensero a nuovi voli, a nuove avventure, nuove esplorazioni.

Inizio qui orpitando una delle Artiste che, come sapete, amo di più, con cui ho un continuo costante scambio di emozioni, di sensazioni, di pensieri.
Ed ecco qui quattro "battute" del nostro "Dialogo", che continua tutt'ora,  generando frutti che forse, anzi, certamente senza la presenza di lei, io da sola, non avrei mai saputo ottenere.

È bello penso anche per voi assistere al "confronto" diretto tra due voci, tra due stili così diversi, con risultati certo di diverso spessore, eppure così chiaramente illuminati entrambi da una grande inesausta passione. Che è anche, penso di poterlo dire, una reciproca passione, un forte rapporto interpersonale di affetto e ammirazione.

Vi prego, comunque, di non lasciarvi sfuggire la straordinaria purezza, l'armonia intensa del fraseggio di Paola, cui io, molto modestamente, mi affianco col mio caratteristico risuonar di fanfare.

Altri incontri seguiranno spero, altri "Dialoghi" con lei e altre straordinarie artiste e artisti che ho avuto la meravigliosa ventura di incontrare. È una ricchezza che desidero condividere con voi, se volete.




Ringraziamo con commozione l'amica Mary, che ci ha donato, per pura amicizia e passione, la videolettura in testata.

Paola ed io dedichiamo quindi questi nostri pensieri a tutte voi, amiche dilette, e amici cari, come sempre, con amore.
P.M.
M.P.

Potete incontrare Paola e il suo mondo meraviglioso
direttamente al suo "Spazio Indifeso" 
http://lospazioindifeso.blogspot.it


Fortunale
(di Paola Mancinelli)

Ti levasti
come alito di vento
lieve
disteso
favorevole.
D'un tratto
ti mutasti
in burrasca
in uragano
in tempesta.
Io e le mie vele
squarciate,
a naufragare.
Su altri lidi.


Quando spiove
(di Marianna Piani)

...E lontano, mentre tambureggiava ancora
l'eco cupa dell'uragano, un raggio improvviso
lacerò l'orizzonte e si abbattè come un dardo
contro il mare nero, che ribollì schiumando, offeso.

Io che credevo di perire lì, sul lido riarso,
capii di essere stata chiamata invece a intonare
il mio inno d'amore a chi d'amore ancora s'illude.
Per permettere alla Vita di prosperare.



Pasto
(di Paola Mancinelli)

Verranno
gli occhi tuoi
a stanarmi
ingordi
feroci
ribelli.
Si prenderanno tutto.
Guarda,
c'è ancora un pezzo
di me
qui.
Sfamati pure,
il resto
ormai
è come carne
a brandelli.



Sfamare
(di Marianna Piani)

L'amore non è prendere, è dare.
Tutto il desiderio di una donna
aperta alla passione
è fame di darsi, non di sfamarsi:
sfamare, nutrire, donare,
con le gocce ambrate del suo seno,
o con il sangue del suo grembo,
o con la saliva delle sue labbra schiuse.


Domina d'affetti, mai doma:
la vita della femmina d'uomo
è un destino di dono estremo,
vita per vita, carne per carne,
brandello per brandello,
Strazio per strazio.


Immenso dono, il donare,
radice del nome stesso di donna.



 


Paola Mancinelli e Marianna Piani
9 - 15 Maggio 2012

mercoledì 6 giugno 2012

Verso Miramare



"Attesa"
Una immagine di Paola Mancinelli
http://lospazioindifeso.blogspot.it



Questa composizione trae isprazione
da uno dei più tradizionali, struggenti, antichi stati d'animo per una donna: L'attesa.
E infatti l'avevo intitolata così, all'inzio, ma poi ho cambiato il titolo per evocare il luogo
dove mi ero immaginata consumare questo mio stato, sospesa tra cielo e mare.
Alcune di voi, di quelle terre, forse lo riconosceranno, ma non è importante in questo caso:
è uno scenario mentale prima che naturale.
Da millenni le donne attedono. Attendono l'amore, attendono i loro guerrieri al ritorno, attendono
i figli, attedono una carezza, attendono il ciclo, attendono gli amanti, attendono, e attendono…
Con infinita inesausta femminilissima (im)pazienza.

In realtà quel giorno ero effettivamente in attesa del mio uomo, di ritorno da una lunga assenza,
erano proprio i minuti precedenti l'arrivo, mentre col mio abito più carino, attendevo appunto
eccitata, ansiosa, l'annuncio del volo in arrivo, nella hall affollata e indifferente dell'aereoporto.
Tutto il rimpianto del tempo trascorso nell'assenza, tutto il desiderio che tendeva il mio corpo
come un arco: questa era la mia attesa, l'attesa del Monarca della mia anima, che arrivasse infine
e con grazia e forza mi riprendesse con sè… E l'ho fissata, come un'istantanea, nel mio taccuino.

Ho voluto quindi illustrare questo poemetto con una stupenda, enigmatica immagine della nostra Paola,
nella quale ho ritrovato in essenza tutto il mio essere sola, donna, femmina, tesa in questa attesa
piena di ansia, di promesse, di solitudini e di anticipazioni di una gioia che stava per compiersi.

Per questo la dedico per prima cosa a lei, che mi ha aiutata ancora una volta, con la sua arte,
ad esprimere il mio più intimo sentire, e poi naturalmente a voi tutte, amiche care, e amici gentili
come sempre, con amore.
M.P.



Verso Miramare

Piccoli flutti accarezzano teneramente l'arenile
fatto di ciottoli candidi e neri e ambrati e dorati.
L'arco largo armonioso della risacca
ripete costante il suo commosso arpeggiare.

In una costellazione di scintillanti lumi
si frange fiammeggiante il carro del sole
schiantandosi contro la superficie del mare.
Il vento confonde profumo di glicine e salso.

Immergo i piedi nudi nell'acqua appena
increspata, che li accoglie con grazia.
Un pagurino, stupito, si affretta zampettando
sul fondale, trascinando la sua cornucopia di sabbia.

Seduta, sull'orlo del pontile di scabro cemento
rubo i capelli al vento, con le due mani dietro la nuca,
e scruto la linea dell'orizzonte sgombra, in attesa,
come una Penelope in attesa del perduto Ulisse.

La mia luce tuttavia verrà dal cielo, non dal mare:
di laggiù dove s'aggruppano cumulunembi in tempesta,
Il mio eroe giungerà, da remotissime lune
di vetro e metallo, recandomi in dono le perle lucenti

dei suoi mirabili denti, e i selvaggi smeraldi
dei suoi inconcepibili sguardi, e le sete d'oriente
della sua pelle brunita, combusta di soli equatoriali,
e l'incenso e la mirra del suo piacere più intenso.

Verrà, come quel maestoso cormorano che veleggia
lontano, ignaro di tutto fuorchè del suo volere.
Verrà, e scenderà a larghi cerchi, sempre più chiusi,
fino a celarmi, tutta, sotto le smisurate sue ali bianche.

Il tempo non scorre più ora, si rapprende, raggruma.
E ora io stessa sono l'Attesa: io donna, io tutta, io sola,
io nuda, indifesa, ritta sulla banchina del ricordo che consuma,
io chiusa palpitante vulva, lussureggiante spiga di grano

offerta in sacrificio al Dio Sole. Il Dio fiammante.
Dio d'Amore. Dio atteso. Dio Umano.



Milano Malpensa, 14 Maggio 2012
A Paoletta, per la sua presenza illuminante, nella mia vita
Marianna Piani


Un'amica, Mary, dalla voce dolcissima, cogliendo ogni mia intenzione
senza che ci fossimo neppure parlate prima, mi ha fatto questo dono
meraviglioso, leggendo per me i miei versi.
Una sensazione indescrivibile, per me, come se d'un tratto le mie parole
non mi appartenessero più, prendessero vita, e il volo, da sole, con le loro
sole forze, con l'evocazione di una voce intensa, appassionata.
Grazie, grazie, mille volte grazie, amica mia cara! Ascoltate...


domenica 3 giugno 2012

Poetesse


Tempo fa ho pensato di dedicare questi versi, in forma di fanfara, di inno,
a tutte le donne che conoscono, amano, leggono, praticano
la poesia. Ho esitato a lungo a pubblicare, perchè temevo potesse
sembrare un'autocelebrazione, dal momento che io stessa
assai immeritatamente in verità, di questa schiera sento di far parte.
Alla fine ho pensato che potesse essere un omaggio
assai più ampio alla Donna nella sua intera essenza:
la Donna creatrice, fattrice di vita e bellezza.

Perchè per me, l'ho detto in diverse occasioni, Poesia non è solo
esprimersi con le parole e la musicalità, ma con ogni mezzo
che consenta di esprimere capacità di ricercare, cogliere e ricreare bellezza.
In questo senso Poetesse non sono soltanto
le meravigliose donne che "armate" di penna, o tastiera,
trasmettono i battiti del loro cuore direttamente alla punta
delle loro dita, donne meravigliose di cui sono fiera di essere amica
come Paoletta, Paola, Rosanna, Eleonora, Laura, Surfinia, RedCap...
Ma lo sono a pieno titolo anche ragazze e donne apparentemente lontane da questo mondo,
eppure capaci di donare pensieri, immagini, idee, come Sonja, Carolina, Stefania...
E soprattutto ci sono le donne che amano la Poesia
senza avere la improntitudine che abbiamo noi "militanti",
e che con la loro sensibilità danno tutta la luce e il nutrimento
senza il quale le nostre piantine, esili o forti, minuscoli fiorellini di campo
o rigogliose lussureggianti piante che fossero, tutte avvizzirebbero senza speranza.
Perchè la Poesia, come ogni Arte, acquista vita, senso e bellezza
grazie agli occhi di chi ha la sensibilità di osservarla, uomo o donna che sia.
Per questo dedico questa mia piccola composizione soprattutto
alle amiche lettrici e agli amici lettori, che con la loro grazia
il loro affetto e la loro intelligenza fanno il più grande dono possibile:
la partecipazione.

Con amore, come sempre, più che mai
M.P.




Poetesse

 

Occhi di luce, sguardi scuri come mari,
capelli, agitati come stendardi,
aggrovigliati dai turbini violenti
di tempeste e intimi fortunali.

Mani, candide sensitive corolle, sigillate
da sanguigne gocce di ceralacca.
Seni tesi nelle vesti tese dal vento
sul corpo, palpitanti sopra cuori immensi.

Labbra, sensibilmente socchiuse come
boccioli di rose rosso-magenta sbocciate
nel torrido sole d'estate, denti lucenti
spasmodicamente infitti in rabbie silenti.

Andate: incidendo nel vostro orgoglio
a stento domato, passo passo tambureggiando
il selciato dell'attonito mondo con quei vostri
sfrontati tacchi che vi fanno più vicine al cielo.

Andate, con i vostri taccuini, le penne
sbocconcellate in cima, i volumi sgualciti
di versi nelle vostre borsette ricolme di grazia,
tra i bijoux e gli smartphones perennemente connessi.

Andate, menti libere come cavalle sfrenate
in praterie illimitate se non dal vostro dolore,
andate, cuori gonfi di sangue rappreso
delle vostre mai vinte mai esauste illusioni.

Andate e spargete a piene mani
i petali fragranti della vostra bellezza,
Andate, ragazze, giovani e donne che donate
voi stesse, prodighe anime, generose ostesse.

Servite il vino, transunstanziato in canto:
il mondo assetato spegnerà la sua arsura
ebbro, senza forse mostrare gratitudine alcuna.
Piacere, quello sì tanto, e conforto al proprio pianto.

Ma voi andate, le gambe scoperte
nel vento tagliente. Andate, mie care.
Andate perché siete donne dotate del dono
del canto. Solitarie, nella follia del mondo.

Voi siete: le mirabili pazze, Poetesse della Rete!



Milano, 10 Maggio 2012
A tutte le meravigliose donne
che amano, praticano, sognano, vivono, creano, militano Poesia,
sulla carta, nello spazio digitale, con immagini,
idee, pensieri, dolori, passioni, affetti...

Marianna  Piani

mercoledì 30 maggio 2012

Sentiero



(Una Immagine di Paola Mancinelli)
http://lospazioindifeso.blogspot.it


 

Un'altro flusso di ricordi, sgorgato dal cuore di una immagine unica
e l'evocazione  di uno scenario impresso nella mia mente da anni non lontani.
Vi rivelo soltanto che lo sfondo di questo raccontino in versi
è il Lago d'Orta, dove avevo scoperto per caso un ripido sentiero
che portava dritto a una minuscola baia un poco defilata.
Dove una ragazza innamorata, come me, poteva starsene indisturbata, sola
a meditare e a respirare tutta la bellezza del luogo.

E che l'ho scritta tutta d'un fiato, di getto, in un luogo non meno bello,
su una panchina sul lungolago, a Stresa,
a matita nera sul risvolto di copertina di un libro.
Il libro era "Il pranzo di Babette" di Karen Blixen. Nientemeno.

Dedico questa composizione a Paola, che ancora una volta mi ha donato una
delle sue poesie di luce e il primo spunto, l'ispirazione, di tutto il racconto.
E a tutte voi, amiche, e amici, come sempre.
Con amore.
M.P.




Sentiero

Martina discese adagio,
percorrendo il sentiero segreto
che le aveva indicato un'anziana del luogo
nel suo corrusco e melodioso accento.

(Che donna di emozionante bellezza
pensò nel guardarla: i segni del tempo
come spaccature nei muri
di una chiesa antica non la sfregiavano.

La esaltavano, anzi, perchè erano
i tagli profondi, le ferite, i graffi, gli incavi,
che il tempo, armato di dolori come coltelli,
le aveva scavato nel volto: segni d'una passione mai doma.)

Discese dunque, e dopo poco
per quant'era brusco e scosceso il cammino
si tolse i fragili sandali da nervosa gazzella,
e raccolse i capelli con un nastrino. detro la nuca.

Procedette cauta, soffrendo a ogni passo
le pietruzze affilate sotto i piedi non usi,
aggrappandosi ai rami del lauro severo, incombente.
E infine, d'improvviso, s'aprì a lei inviolato il lago.

Le scarpine in una mano, il cuore nell'altra
in due salti fu sopra una roccia
che affiorava dall'acqua immota,
e lì sedette assorta, cingendosi le ginocchia.

Guardò sotto di sè, sè stessa riflessa
nello specchio verdastro, appena increspato,
contro le nubi ardenti di un cielo non placato.
E vide i suoi occhi cupi, molto inquieti.

Come sono scuri! - le venne da pensare
come se non riconoscesse più, in quello sguardo, sè stessa.
E subito risentì su di sè l'abbraccio del lago,
e rammentò altri due occhi, teneramente amati.

Come due laghi: scuri, profondi insondabili abissi.
Oppure - come laghi - cangianti, di scintillante cristallo,
in cui immergere i piedi nudi appena feriti
per lasciarsi lenire i graffi dalla dolcezza del flutti.

Tolse dalla pochette rossa un foglietto stampato
con un'immagine sola, e una nota a matita:
Un luminoso prato, una margherita, un cancello sbarrato.
E rilesse, per la millesima volta, ad alta voce, la nota.

Che chiudeva dicendo soltanto: "infinitamente".
Ebbe una vertigine, acuta, e si artigliò alla roccia
per non cadere. Sfiorò qualcosa, nel gesto convulso.
Udì accanto a sè un tonfo lieve, impercettibile, breve.

Un sandaletto giaceva ora sull'argilla ondulata del fondo
come un corallo, adagiato di lato. Irridente.
Inavvertitamente spinto nell'abisso. Danzava adagio
rifratto dalla pigra corrente.

Lo osservò a lungo, senza fare nulla di nulla..
Povera me - fantasticò tra sè - sono perduta.
Rimarrò qui per sempre! - Per sempre: abbandonata
tra quel cielo, e quell'acqua, e quel foglio sgualcito

stretto nel pugno.

...

La intravvide così, da lontano, un barcaiolo aitante
di passaggio: lei, come una minuscola sirena
raggomitolata sullo scoglio, a riva, il mento puntato
sulle ginocchia. Immota. Trasognante. Serena.

Intanto, un minuscolo avannotto,
attratto dal colore corallino del sandalo immerso,
ne sbocconcellava guizzando perplesso
la vezzosa cinghietta, aperta.


Stresa, 5 Maggio, 2012
Marianna.