Amiche care, amici,
esplorando, come sto facendo in queste settimane, la grande Poesia Americana del novecento, non è possibile esimersi da incontrare l'opera geniale e inconfondibile di Allen Ginsberg (1928-1997), considerato giustamente come una delle figure più importanti e più influenti della letteratura americana dagli anni '50 in avanti.
Erede in certo modo diretto del grandissimo vate Walt Whitman (cui indirizza il suo omaggio nella poesia che qui voglio citare, esemplare della sua vasta produzione), con simile respiro - versi lunghi, impianti poetici complessi e completamente liberi - parla in modo diretto alla sua generazione, inglobando nel discorso ogni possibile riferimento oggettivo, culturale, di linguaggio, fino a sconvolgere ogni retorica poetica in favore di una - in certo senso esteticamente opposta - retorica di denuncia, resistenza, di movimento.
Non mi dilungo oltre nella presentazione, essendo tra l'altro uno dei poeti della Beat Generation più noti (anche se dubito tra i più letti, data l'intrinseca complessità del suo eloquio) rinviando chi fosse interessato a un rapido approfondimento a questo sintetico ma esaustivo articolo su Poetry Foundation.
Posso solo aggiungere che affrontare in traduzione un autore come questo non è tanto difficile in sé (anzi, in certo modo si tratta di una lingua piana, non difficile da interpretare, salvo un corretto approccio allo slang e alle espressioni più apertamente crude), ma richiede uno sforzo per liberarsi di ogni orpello linguistico, di ogni preziosità di scrittura e di ogni artifizio retorico. Cosa tanto più difficile in quanto la nostra lingua - in poesia - tende ad avvalersi di tutti questi elementi in modo più o meno costitutivo, ma sempre presente. La Poesia Italiana è per sua natura una espressione della retorica (intesa in senso creativo e positivo, ovviamente), questa di Ginsberg, come quella di Whitman, è un lingua poetica più vicia alla sacralità della parola, alla preghiera.
Rimane un poeta comunque di estremo interesse e di grande intensità d'immagine, come in questa composizione che voglio proporvi, in certo modo esemplare di una poetica e di un clima che, a seguito degli ultimi avvenimenti politici, sono tornati prepotentemente di attualità.
Vi lascio alla lettura, amiche dilette e amici, come sempre, con amore.
M.P.
Allen Ginsberg (Young) |
A Supermarket in California
What thoughts I have of you tonight Walt Whitman, for I walked down the sidestreets under the trees with a headache self-conscious looking at the full moon.
In my hungry fatigue, and shopping for images, I went into the neon fruit supermarket, dreaming of your enumerations!
What peaches and what penumbras! Whole families shopping at night! Aisles full of husbands! Wives in the avocados, babies in the tomatoes!—and you, Garcia Lorca, what were you doing down by the watermelons?
I saw you, Walt Whitman, childless, lonely old grubber, poking among the meats in the refrigerator and eyeing the grocery boys.
I heard you asking questions of each: Who killed the pork chops? What price bananas? Are you my Angel?
I wandered in and out of the brilliant stacks of cans following you, and followed in my imagination by the store detective.
We strode down the open corridors together in our solitary fancy tasting artichokes, possessing every frozen delicacy, and never passing the cashier.
Where are we going, Walt Whitman? The doors close in an hour. Which way does your beard point tonight?
(I touch your book and dream of our odyssey in the supermarket and feel absurd.)
Will we walk all night through solitary streets? The trees add shade to shade, lights out in the houses, we'll both be lonely.
Will we stroll dreaming of the lost America of love past blue automobiles in driveways, home to our silent cottage?
Ah, dear father, graybeard, lonely old courage-teacher, what America did you have when Charon quit poling his ferry and you got out on a smoking bank and stood watching the boat disappear on the black waters of Lethe?
Allen Ginsberg
Berkeley 1955
Un Supermarket in California
Quanto ho pensato a te, Walt Whitman, questa sera, mentre m'incamminavo per le traverse, sotto gli alberi, con un principio d'emicrania, e fissavo la luna piena.
Nella mia avida ricerca, e per far incetta d'immagini, entrai tra i neon del supermercato alimentare, sognando i tuoi interminabili elenchi.
Che pesche, e quali penombre! Intere famiglie a far di spesa alla sera! Corsie affollate di mariti, massaie tra gli avocados, bimbi tra i pomidoro! - E tu, Garcia Lorca, che ci fai qui, tra quelle angurie?
Ti ho visto, Walt Whitman, senza bambini attorno, solitario vecchio goloso, a toccare carni nei congelatori e a gettare sguardi ai giovani commessi.
Ti ho sentito rivolgerti a ognuno di loro: chi ha tagliato le cotolette di porco? A quanto sono le banane? Sei il mio Angelo tu?
Dietro a te, mi sono aggirato in lungo e in largo tra luccicanti torri di lattine, seguito anche, immaginavo, dalla security locale.
Assieme percorremmo le libere corsie nel nostro solitario fantasticare, assaggiando carciofi, piluccando ogni possibile delizia refrigerata, senza mai passare alla cassa.
Dove andiamo, Walt Whitman? Il negozio chiude fra un'ora. In che direzione punta la tua barba stasera?
(Stringo il tuo libro e sogno la nostra odissea al supermercato, e mi pare tutto così assurdo.)
Cammineremo per tutta notte per le vie deserte? Gli alberi aggiungono ombra all'ombra, le luci si spengono nelle case, entrambi ci sentiremo assai soli.
Passeggeremo sognando della nostra amata America perduta, al di là delle vetture blu parcheggiate nei viali privati, fino alla nostra silenziosa casetta?
Ah, Padre mio caro dalla gran barba grigia, vecchio solitario maestro di coraggio, che America hai lasciato quando Caronte smise il remo e tu approdasti su una riva fumosa e rimanesti a guardare il battello scomparire allontanandosi sulle nere acque del Lete?
Allen Ginsberg
Versione Italiana di Marianna Piani
Milano 16 Febbraio 2017
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