Amiche care,
amici,
buon inizio
anno, innanzi tutto, a tutte e a
tutti coloro che hanno la ventura di passare, anche solo per una veloce
occhiata, tra queste pagine.
Ho già espresso ciò che più mi angustia, in questo periodo, e ciò che in un
modo o nell’altro mi spinge ancora a scrivere, qui e altrove, nonostante tutto,
nonostante l’impegno e a volte la disperazione che questo comporta.
Vorrei aggiungere che il “lavoro” della scrittura per me si svolge prevalentemente – se non esclusivamente – di notte, non prima delle 23, più spesso dopo le 24, e si protrae nelle ore “piccole”, a volte fin dopo le tre o quattro del mattino.
Questo non soltanto perché il resto della giornata è occupata dalla attività che mi dà da vivere (e io lavoro da freelance, quindi senza orari e compresi i sabati e le feste comandate), e nemmeno per la forza di una abitudine che risale ancora ai tempi dell’adolescenza, ma piuttosto perché quelle sono le ore in cui posso avere un rapporto più diretto e concentrato sui pensieri e sulle parole che sento la necessità di esprimere. Se l’architettura si avvale di pietre e mattoni, la musica di strumenti e suoni, la pittura di forme e colori, la scrittura ha la sua materia prima nella parola. E non solo nel significato di essa, e nel rapporto che essa ha con le altre parole per organizzare un discorso, una narrazione, o una narrazione; ma anche, forse addirittura prevalentemente nel caso della poesia, nella sua forma più materiale, visibile, di forma, suono, accento, fino all’intreccio visivo dei caratteri tipografici che la compongono.
Per raggiungere questa profondità di indagine, almeno per me le ore notturne sono da sempre l’ambiente ideale, in ogni caso l’unico che può darmi la necessaria concentrazione, la solitudine, il silenzio – anche mentale.
Naturalmente so
che si tratta di una cosa del tutto personale: ogni scrittore, grande, meno
grande o infimo, intrattiene un suo approccio “privato” e unico con la scrittura.
Non ci sono formule o ricette, per quanto si sforzino le scuole di scrittura
creativa. Esistono sono scrittori la cui chiarezza mentale è così solida e
sicura da poter essere tradotta nella scrittura anche in mezzo alla confusione,
in mezzo a una folla, o in situazioni di stress che per me sarebbero
insostenibili.
La mia capacità di concentrazione è invece decisamente fragile, insicura, evanescente, e quindi devo proteggerla da sovraesposizioni all’esterno se voglio cercare di coglierla viva.
La mia capacità di concentrazione è invece decisamente fragile, insicura, evanescente, e quindi devo proteggerla da sovraesposizioni all’esterno se voglio cercare di coglierla viva.
Vi lascio alla
lettura di questa riflessione, come sempre, se vorrete.
Con amore
M.P.
Con amore
M.P.
Come una profezia
A notte fonda
mi vengono in visita
le parole, che
non sono voci,
non son
pensieri, né formule di
preghiera, né
intenti precoci:
sono solo
parole, in fila, con il lume
nelle mani,
come una processione
di vergini la
prima notte spose,
a voler
scacciare il buio ansiose.
È il momento,
non c'è chiasso
della folla, né
fracasso di vetture
e furgoni, né
scampanìo volgare
di telefoni cellulari.
Per questo
vengono, una per una,
le parole, e
s'affollano per uscire
allo scoperto,
non più impaurite
dal clamore del
mondo intorno.
(Tutto questo,
solo questo,
è la poesia -
come l'intendo io:
nulla che non
sia già detto,
che viene in
luce dalle tenebre
dell'oblio, che
si svela
nuda parola per
nuda parola
sola e trepida nella
notte -
come una
profezia.)
Marianna Piani
8 febbraio 2018
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