«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

mercoledì 25 marzo 2015

L'ore



Amiche care, amici,

nel corso della mia vita nella scrittura - prevalentemente scrittura lirica come sapete - mi sono incontrata, scontrata, abbandonata, ritrovata, lasciata ancora, più e più volte con questo elemento fondamentale "armonico" e timbrico della poesia: la rima. Generatrice ed insieme distruttrice, ala e insieme catena.

Nel passato non era così, ma oggi il verso libero è una opzione forte, apparentemente "facile", apparentemente obbligata, per uno scrivere che non sappia di arcaico, di superato, se non di goffo e infantile, sentimentale e goliardico.
La rima, come in generale la metrica chiusa, in realtà ha passato un lungo periodo storico di disgrazia e di opacità, in parallelo con il figurativo in arte e il tonalismo in musica.
In seguito la rima è stata abbandonata perfino negli slogan pubblicitari, ultimo baluardo del kitsch retro, e si è completamente affrancata e per così dire liberata dal suo antico vincolo con la Poesia militante, con la scrittura creativa d'alto profilo. Nel contempo milioni di scrittori a ogni livello si sono impossessati del "verso libero", disponibile per la sua apparente facilità a qualsiasi uso e abuso, riempiendo - oggi - milioni e milioni di caratteri digitali, e di fatto togliendo anche al verso libero ogni valenza di rottura, di innovamento, di pregio artistico. Di fatto oggi il verso libero è praticamente la "norma" per lo stuolo immenso dei poeti dilettanti o improvvisati, mentre il lavoro degli Autori "estabilished" (non voglio dire professionali, perché la poesia non è mai comunque una professione) hanno iniziato ormai da anni a riavvicinarsi al verso "classico", se pur con mille possibili varianti o distinzioni.
Per questo oggi in realtà siamo molto più liberi che nel recente passato. Perché ci siamo sbarazzati finalmente di veti pregiudiziali e di altrettanto pregiudiziali normative; rima, verso irrelato, metro chiuso o libero, sono tornati a essere ciò che sono sempre stati, semplici strumenti di linguaggio.
In altre parole ciò che conta è il pensiero, l'emozione, e uno scrittore di versi, me compresa, ormai si può sentire perfettamente libero e "autorizzato" a scegliere uno o l'altro strumento per esprimersi nel modo per lui più consono ed efficace.

La rima in verità è un elemento del comporre che mi ha sempre profondamente affascinato, perché lo trovo così vincolante, specialmente quando espresso in schemi fissi (ABAB CC ecc) ma nello stesso tempo capace di trascinare il pensiero su vie del tutto inattese, sorprendenti, imprevedibili per lo stesso scrivente, che a volte si trova a seguire piuttosto che guidare la formulazione del proprio discorso. Il suo peso e ingombro me ne hanno tenuto lontano per lunghi periodi, ma ora, gradualmente, e anche man mano che la mia agilità tecnica, diciamo così, con l'esercìzio e lo studio quotidiano cresce, mi ci sono cautamente riavvicinata.

In questa breve lirichetta mi richiamo all'esempio di uno dei Poeti per me più fondativi, e amati, Umberto Saba (io, triestina di nascita e formazione, l'ho incontrato in un periodo precocissimo della mia vita, e sa il cielo quanto questo possa aver influito, anche inconsapevolmente, sulla mia successiva crescita come scrittrice - se pur rimasta sempre pervicacemente dilettante) che della rima ha fatto largo e libero uso e di cui si è anche preso gioco, con la sua impareggiabile grazia. Tenendo in sottofondo però l'ombra di una ingombrante figura, quella di d'Annunzio, anche lui per me un'incontro precoce, anche se in senso assai problematico. Eppure anche il Vate, mi rendo ora conto, ha avuto un ruolo - in massima parte inconscio - nella mia formazione, per la impareggiabile abilità linguistica e di sperimentazione tecnica delle prosodie più varie e complesse. Ho già detto in queste pagine come al Liceo (Classico) la mia insegnante di Italiano conferisse alle mie prove di scrittura una etichetta di "dannunziana" che io - all'epoca - consideravo poco meno di un insulto e respingevo sdegnata. Ma so bene che frange di quel particolare gusto linguistico mi sono rimaste impigliate alla penna fino ad ora, solo che ora ne sono consapevole e so come contenerle, o ribaltarle.

Vi lascio, amiche dilette e amici, con queste riflessioni, e questo piccolo omaggio a due grandi poli opposti (che più opposti non si potrebbe) della mia (e non solo mia) evoluzione cognitiva ed espressiva, e della Poesia moderna in generale.

Con amore

M.P.





L'ore               

               (Ulteriore omaggio a Saba
              e, tacitamente, D'Annunzio)

Scivolosa china
della rima in ore - come fiore
dolore, chiarore, motore, furore,
afrore, sapore, amore...

Quant'è laborioso evitarti:
tanto vale eludere a priori
ogni rima, o finanche
ogni assonanza, e affidarsi

a ben altre pirotecnie,
come i liberi ritmi e versi
scardinati, vincolati soltanto
dal budello tenace dell'emozione.

Ma l'attrazione del suono
l'oblio del canto
ancora ci incanta, dopo tanto
lupanar di parole e l'abbandono

di ogni cognizione,
di ogni ordine, di ogni intento
di riconoscimento: soltanto
vorremmo respirare

dopo tanta apnea d'armonia,
dopo tanto fiele di morte parole,
dopo questo affanno di vuoto,

dopo quest'agonia, quest'anarchia

che della libertà fa scempio
e strame: respirare vorremmo
sulle alte rovine d'Olimpo,
riaprire, vestali, le porte del Tempio.



Marianna Piani
18 Ottobre 2014

10 commenti:

  1. Poesia = Bellezza
    Bellezza = Emozione
    Emozione = Libertà D'Espressione.

    A questo proposito...

    https://www.youtube.com/watch?v=NXT_pg_RiJI

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    1. Luca,
      acchiappo subito al volo il tuo rimpallo:

      certo, la canzone, e la canzone d'autore in modo particolare, è l'ambito in cui la poesia "strutturata" ha mantenuto nel tempo tutta la sua vitalità, quasi intatta, quasi indifferente alle temperie letterarie contemporanee.
      E questo testo del grande Faber lo dimostra con grande chiarezza. Qui, e in molti altri suoi testi (inscindibili dal canto) questo artista raggiunge vertici poetici di grande livello. Non per nulla Fernanda Pivano lo aveva acclamato come uno dei più grandi poeti italiani della fine millennio. Forse un poco esagerando, ma certo è (e ora qualcuno sobbalzerà sula sedia) che la sua versione della Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters per certi versi è superiore per pregnanza emotiva allo stesso originale.

      Vero è che la canzone, per motivi costitutivi, non può rinunciare alla struttura poetica cosidetta "tradizionale" (versi, strofe, sillabe, accenti, rime), ed è vero anche che la canzone d'autore "alta" (come è il caso di De André o Bob Dylan, solo per citare i massimi) non aspira affatto alla Poesia tout court, perché il testo è talmente con-fuso alla musica, e perfino al timbro della voce (e proprio i due sopra citati ne sono un esempio clamoroso), da essere in realtà un altro fenomeno di espressione, parallelo, ma non coincidente.

      Comunque trovo splendido il tuo teorema logico/matematico, anche perché ha la caratteristica tipica di questi teoremi, di essere perfettamente reversibile:

      Libertà d'Espressione = Emozione
      Emozione = Bellezza
      Bellezza = Poesia

      Inoltre le equivalenze perfette permettono anche salti logici, così da arrivare al postulato primo della mia vita, e del mio pensiero poetico:

      Poesia = Libertà

      Grazie Luca, a presto

      Marianna

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    2. Il mio voleva (anche) essere un omaggio - seppur apparentemente indiretto, chiamando in causa Faber - a Saba, e alla sua splendida Poesia "Città Vecchia".
      Lo sottolineo per dovere di cronaca, ma sicuramente l'avevi intuito.

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    3. Luca, grazie per la precisazione, perché mi era sfuggito il tuo richiamo.
      Eppure si tratta di un riferimento importante e su molti piani. Una delle poesie da me più studiate e preferite di Saba, tanto che quel "lupanare" che inserisco in questa mia di oggi è un esplicito richiamo (voluto) proprio a QUELLA lirica, con il suo gioco spettacolare di rime.

      Città Vecchia - chiamata proprio così - devi sapere, è una zona della mia città (Trieste) dove per molti decenni il tempo si era fermato - come in una fotografia - ai tempi di Saba e precedenti. Io la conoscevo come le mie tasche, da adolescente vi andavo molto spesso a gironzolare, attirata da quei muri scrostati, quelle costruzioni fatiscenti, quegli odori, suoni e umori dipinti magistralmente da Saba nel suo ritratto. Ai miei tempi ovviamente non era più così come la ricorda lui, era ormai una zona in rapido degrado, e da lì a pochissimi anni vi avrebbero avviate profonde ristrutturazioni, così che oggi la zona è mutata quasi totalmente.
      Andavo a gironzolare, la attraversavo per raggiungere da quella che era casa mie il centro della città, e spesso mi addentravo tra i vicoli con la macchina fotografica che mi aveva regalato papà, una vecchia Nikon diseconda mano, a prendere fotografie in stile CartierBresson, rigorosamente in bianco e nero... Perché io ho avuta - confesso - anche quella passione, per un periodo piuttosto lungo, che ora, dopo l'avvento del digitale - e dei selfies - non frequento più in prima persona. Conservo però la Nikon F1 con i suoi obbiettivi... Assieme a molta nostalgia...

      Un saluto abbraccioso
      Marianna

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  2. Marianna cara , confesso di avere dovuto rileggere un paio di volte la poesia prima di farla mia, di appropriarmene con la certezza d'averla compresa. Problema mio intendiamoci , non ho mai amato i componimenti in rima,mi hanno sempre trasmesso l'idea della prigionia dello scrittore,della sua restrizione.
    Mi hai fatto fare pace con questa tecnica d'espressione e ti ringrazio; bello avere un amica colta e al contempo semplice che le cose non le insegna ma le porge con grazia.
    Grazie.
    Con affetto e stima
    Rossella

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    1. Cara Rossella, eh, la rima:
      "ala e catena" la definisco infatti.

      La ho evitata o almeno aggirata anch'io per lungo tempo, ma ora ne sono via via più attratta.
      Ovviamente non parlo della rima "facile" ma di tutta la gamma possibile delle armonizzazioni "sonore" in poesia, dall'allitterazione all'assonanza, alla rima appunto, in tutte le sue molteplici forme.
      Il fatto è che il "verso libero" non mi ha mai veramente convinto, per la sua volgare facilità, quando non sia trattato davvero magistralmente, e pochissimi lo sanno fare.
      Ma si tratta anche di una questione personale: io sono una scrittrice (dilettante!) di grande, fin eccessiva "facilità" - al limite della grafomania - e sento istintivamente la necessità di porre dei limiti, dei confini, delle gabbie a una espressione che altrimenti tracimerebbe e diventerebbe sproloquio o borborigmo. Ma questa è appunto una questione mia, ciò che per me è vero non necessariamente lo è per un altro.
      Quello che conta, secondo me, è comprendere il fatto che oggi il "verso libero" novecentesco è ormai suparato, logorato, e che al suo posto chi vuole scrivere in modo sensato e non solo per indulgere al proprio puro narcisismo ha a disposizione una totale libertà di scelta.
      E' segno di una profondissima crisi, questa, ma significa anche che abbiamo grattato il fondo con la carena, e che ora possiamo iniziare forse a risalire. E siamo in un momento storico splendido da questo punto di vista, raramente riscontrabile nella storia delle arti, dove veramente tutto è possibile e veramente ciò che conta è l'urgenza vera di ciò che vogliamo narrare ai nostri conspecifici.

      Per l'ultima frase, semplicemente ti adoro: no, assolutamente, non voglio "insegnare" un bel nulla a nessuno (con tutto quello che devo "imparare" io poi), solo raccontare di me, a chi lo vuole, per condividere la mia emozione di vivere...

      Grazie carissima, affetto e stima ricambiata mille volte!
      "E' bello avere un'amica sensibile e colta che ci comprende, con grazia!"

      Tua
      Marianna

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  3. Posso intromettermi ?
    Sarò breve.

    In tutta onestà, Marianna, a me hai "insegnato" qualcosa.
    Se non vuoi utilizzare questo termine, dirò che mi hai "influenzato".
    Hai fatto sì che i miei orizzonti di pensiero si allargassero ulteriormente, riguardo determinati argomenti.

    Grazie.

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  4. Hai ragione Luca, è una mera questioni di termini,forse a me "insegnare" suona come "imposto" , si la parola giusta è influenzare che è molto di più .
    Grazie a te , le tue analisi sono sempre illuminanti.
    Rossella

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    Risposte
    1. Ciao Rossella,
      Intervengo per dirti che non volevo rettificare la terminologia da te utilizzata :
      Ho 26 anni, sono nell'età in cui si è già uomini ma si è anche consapevoli di essere ancora per poco (fino ai trenta direi) ragazzi con tanto da imparare.

      Quindi, dire che Marianna mi ha insegnato moltissimo, anzi, che mi ha "influenzato" moltissimo, nel mio caso è la pura verità.

      E' stata quasi una "Professoressa" con me, ad esempio - tra le altre cose - mi ha fatto avvicinare in modo serio alla musica classica :
      Musica che ho sempre "ascoltato", ma non con la passione, la dedizione e lo studio - appunto - che metto in campo oggi grazie a Lei.
      Nel suo piccolo mi ha ampliato gli orizzonti, quindi ho voluto ringraziarla pubblicamente.

      P.s.

      Se non ho capito male, tifi Inter.
      Se sì, Grandissima !
      Anche io sono tifoso nerazzurro !

      P.s.s.

      Le mie analisi, a volte, rileggendole, si rivelano essere delle stronzate incredibili, siamo seri ! ^_^

      Buona giornata !

      Luca

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    2. Ora mi "intrometto" io...

      Solo per dire quanto sia felice di questi scambi di messaggi sulle mie paginette, che le rendono vive, significative, anche al di là dei "commenti"...

      Ovviamente mi fa anche piacere sentire una persona come Luca che mi accredita una cosa così importante...
      Non amo molto le "professoresse" Luca, come sai (hehe...), sopratutto quando fanno proprio le professoresse come se il mondo intero fosse tutto fatto di loro alunni... Ma da te posso accettare la qualifica. Del resto se avessi intrapreso la carriera universitaria - come pareva fossi avviata a fare prima di perdere i miei - sarebbe stato teoricamente possibile...
      Felicissima infine per averti contagiato con la musica così detta "classica".

      Ciao Rossella, un abbraccio!

      Marianna

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