«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

domenica 30 luglio 2017

Graffiti urbani - 3



Amiche care, amici,

terzo appuntamento con questa mia piccola raccolta di "graffiti urbani".
Graffiti, ma non dipinti: graffiti come il loro nome vuole, graffiati, intagliati a punta di ferro sopra i muri della memoria. Ciò che il poeta sa è che ogni parola non deve essere scritta, ma incisa in profondità nella materia per poter significare, per poter emergere oltre il tempo. Sa che la sua è una lotta - impari, perché comunque impossibile da vincere - contro il tempo, sia il tempo contingente, che sfugge tra le dita inesorabile e imprendibile, sia il tempo della memoria, che si deposita e muore, rendendo per questo vana ogni vita.
Il poeta sa che la parola è vita mutata in tempo, proiettata al mondo, a chi vuole ascoltare, e per questo destinata a varcare il confine del suo tempo. Una immensa responsabilità, e un privilegio che si paga, sempre, con il dolore.

Amiche dilette, amici, vi lascio alla lettura di questi versi, come di consueto, con tutto il mio amore.

M.P.




3
Il muro



 

Il lungo muro, al termine della via
della mia infanzia, è scabro
e fatto delle dure pietre rapprese
del Carso, e mostra graffi e ferite
come il dorso provato
d'un antico guerriero
reduce dalla sua guerra al Tempo.

Io mi soffermavo, lungo quel muro,
a giocare, fantasticando
tra quegli anfratti storie di draghi
o di prìncipi e fanciulle
perdute, rapite da qualche mago
dall'orrido sguardo, e infine
ero io quel principe che le baciava.

Oppure correvo, ridendo,
lungo quel muro, e mi slanciavo
sopra di esso, sbucciandomi talvolta
le palme delle mani, o i gomiti arrossati,
per guardare oltre, nella piana
di rovi e di sterpi che si stendeva
per un tratto selvaggio, sbarrato

alla vista e al passaggio, fino al prossimo
blocco di case, allora ancora
in lenta costruzione.
E oltre le case, annunciato
dal girotondo solenne dei gabbiani
e da alcuni pennoni pigramente
oscillanti – si scorgeva il mare.

Fortunata città quella
dove il mare accoglie
e conclude la vista giù per le strade
traverse, per le vie che scendono
come donne alla sera per il ritorno
degli amanti, in fretta, in ansia,
correndo alla marina!

Sopra quel muro
ho scritto la mia storia, ho inciso
i luoghi i fatti i dolori
della memoria, con un chiodo
nella pietra viva che si ribella
al ferro stridendo e digrignando
poiché sa che quel segno sarà eterno.



Marianna Piani
Milano, 14 Marzo 2017

domenica 23 luglio 2017

Graffiti urbani - 2


Amiche care, amici,

seconda stazione di questa mia breve raccolta, dedicata alla mia piccola "migrazione" personale, dalla città nativa, stretta tra il mare generoso e pieno di promesse e una terra aspra, dirupata e angusta, ma ricca di pensiero e ricordi - e la "grande città", che prometteva sogni e speranze, e illusioni.

Ecco, partivo non disperata o priva di tutto, come le persone che in questi anni lasciano le loro terre spinte da fame, paura, violenza, abbandono, ma ricca, ricca non di danaro - che non avevo davvero un quattrino - ma di privilegi, il più importante dei quali era, come è tuttt'ora, di essere libera.

E di essere donna.

Essere donna, ed essere libera, di spirito e di mente, è, credetemi, il privilegio più grande che mi è stato dato, senz'altro merito che quello di esserci nata.

Amiche dilette, emici, vi lascio alla lettura, scusandomi per la minore frequenza delle mie pubblicazioni in questo periodo, dovuta non come potrebbe sembrare a vacanza, ma, al contrario, a impegni di lavoro troppo pressanti.


Con amore, come sempre

M.P.




2
Privilegi


La mia giovinezza è stata libera
di legami, di padroni, di tiranni
sia pur mentali, di ingiustificate
discipline e di liberalismi
troppo scontati: libera mente in
libero spirito in libero corpo.

Nascere donna ho sempre creduto,
anche nei momenti più tetri, anche
quando piansi, anche quando disperai,
e quando fui abbandonata, anche
quando mi sentii violata: che fosse
un privilegio, e la miglior fortuna.

Ho avuto salute e bellezza, e forza
da vincere montagne, da amare
chiunque m'amasse, giovani bruni
dai ricci ribelli, o ragazze in fiore -
rosse chiome come corolle, occhi
celesti da confondere di baci.

Ho amato queste pietre e questi muri
della mia terra, madre, gelosa,
aspra terra consumata dal mare
e al mare avvinghiata, per non franare
dalle dirupate creste di calcare
bianco eroso e corrotto dalle alghe.

E in quegli anni infuocati ho potuto
segnare la carta a quadri grandi
dei miei quaderni mai smessi
di voci e di suoni che avevo nel cuore,

e urgevano d'essere dette
per rimanere, sì, per rimanere...



Marianna Piani
Trieste, 11 Marzo 2017
.

domenica 16 luglio 2017

Graffiti urbani - 1



Amiche care, amici,

ero giovane, disorientata e sola quando giunsi dalla mia Trieste, quasi in fuga, nella Grande Città, questa Milano che ancora accoglie e trattiene la mia vita, il mio lavoro, i miei affanni, le mie illusioni, i miei amori.


Sono passati molti anni da allora, anni in cui ho girovagato ancora molto, soggiornando e frequentando per periodi più o meno lunghi città che ho tutte in modo diverso ma fortemente amato (Monaco, sopra tutte, e poi Parigi, ovviamente, e Dublino, Copenhagen, Berlino, Bilbao, Seattle, L.A.) ma questo è rimasto il porto di partenza e ritorno, la mia casetta, i miei libri, il mio tavolo da lavoro, il mio giaciglio.
Sono passati molti anni, ma non ho mai dimenticato quel primo arrivo, in treno, con poche cose, proprio come un'esule (e forse questo è uno dei motivi per cui non posso non solidarizzare e comprendere le genti che arrivano qui da noi da lontano, migranti o rifugiati o disperati, per inseguire una illusione o fuggire un incubo), con l'unico pensiero di abbandonare un cumulo di ricordi, belli e dolorosi, per affrontare la vita cercando di mettere a frutto il mio assai modesto ma unico talento. Qui a Milano c'erano le Opportunità, pensavo, e forse non avevo torto. A quel tempo era ancora relativamente facile per una ragazza, sia pure appunto di talento certo non eccelso ma con grande capacità di lavoro, di inserirsi in una "macchina produttiva" (agenzie pubblicitarie, editori, case di produzione video, ecc.) ancora viva e fin troppo opulenta. Oggi tutto questo mondo è in gran parte finito, morto, e un azzardo come il mio sarebbe del tutto irrealizzabile.

Ecco, in questa breve collana che inizio oggi a pubblicare, dieci componimenti tutti diversi formalmente tra loro, in gran parte in versi liberi e sciolti, ho raccolto una serie di impressioni, tutte legate a quella mia piccola personale migrazione, certo non drammatica e atroce come quelle cui assistiamo in questi anni, ma comunque densa di implicazioni profonde, di profondi rivolgimenti della mia vita. Se fossi rimasta nella mia (amata e rimpianta) città, ora io non sarei quella che sono, sarei un'altra persona, e certo se ora incontrassi per caso quella me stessa di certo non la riconoscerei.
Sono tutti componimenti legati da un filo sottile, come fotografie sparse uscite da una scatola dimenticata in fondo a un cassetto, impressioni, pensieri, raccolti e annotati senza un ordine preciso.

Per questa sua casualità e libertà istantanea, e le stesure a tinte primarie, ho intitolato la raccolta "Graffiti Urbani".

Amiche dilette, amici, vi lascio alla lettura, se vorrete, con amore.

M.P.







Graffiti urbani



1

Questa città s'apre al viaggiatore
come una pietraia, grigia, color
calce, ceneri e liquami, e un'aria
di vapore fosco, una cataratta

spaccata: nulla d'umano l'accoglie
di là dalla lastra del finestrino,
scomparto dodici, classe seconda,
non fumatori, macchie sul sedile.

Fili e metalli intrecciano una tela
di legami ai pensieri, mentre il treno
sobbalza sugli scambi e si fa strada
tra le pensiline irte di figure disperse.

Giungervi è disumano, rimanere
anzichè fuggire è imperdonabile,
ritornarvi non costretti è del tutto
insano: eppure fu che vi rimasi.


Marianna Piani
Milano, Marzo 2017
.

domenica 9 luglio 2017

La finestra



Amiche care, amici,
lo sprazzo di un ricordo, un viaggio, una stanza, la città dove ero nata, il tramonto che si fa sera, poi presto la notte, pensieri dolci, poi oscuri, poi ancora dolci, timori confusi dal sonno, e infine il richiamo alla vita, e il sogno che vi si confonde.

Per voi, amiche dilette e amici, che mi leggete con fiducia, con tutto il mio amore

M.P.





La finestra


Oggi dalla finestra
della mia casa natale ho guardato
il sole morire in un tripudio furente
di rovente rubino aranciato.

Tu giacevi dormiente,
stremata dal viaggio, sopra il mio letto;
potevo sentire il tuo fiato
lento e quieto e appena un poco affannato.

Intanto che l'astro incandescente
s'immergeva sfrigolando nel mare,
strisce di nubi a pennellate dense
assediavano un cielo impaziente.

Io mi perdevo a indovinare
i tuoi pensieri, celati nel fondo
di occhi chiusi da palpebre abbassate
come sipari tra te e il resto del mondo.

Ma in fondo, riflettevo, in quel momento
tu non pensavi a me, non mi sognavi
come io invece sognavo di te, vegliando,
e trepidavo ch'eri via da me.

E forse, che strano, ora ero anch'io
perduta nel mare della mia infanzia,
ora che anche il sole di questa stanza
mi abbandonava e andava a morire.

Breve fu il tempo trascorso
prima che tu ti destassi un momento
e mi chiamassi: "vieni - qui da me"
interrompendo il mio viaggio a ritroso.

La stanza, che per un momento
fu vuota di noi, d'incanto
s'empì del nostro fulgore,
del nostro mutuo calore.

Alla finestra, il sole era ormai spento.




Marianna Piani
Milano, Febbraio 2017

martedì 4 luglio 2017

Odio cieco


Amiche care, amici,

quando accadono certe cose, quando inaspettatamente la violenza e l'odio ci trovano sulla loro strada e si abbattono all'improvviso su di noi, non si ha tempo di avere paura, nemmeno di reagire, solo di lasciare che la vita abbia il suo corso e che quegli istanti si marchino a fuoco nella nostra memoria e nella nostra anima.
Anche una violenza fortunatamente senza conseguenze, come questa che traggo dal profondo della mia storia di donna, repentina e subito finita, lascia tracce indelebili, e ci lascia diverse da come eravamo prima che accadesse.
Sta solo a noi, in questo noi donne siamo sempre lasciate del tutto sole, sta solo a noi e alla nostra forza d'animo - quando non ci sono ovviamente altre risultanze, anche fisiche, più gravi - di attraversare questa esperienza e di riuscire a mutarla in una crescita, di consapevolezza, di orgoglio, di volontà.

La violenza contro le donne ha questo di inconfondibile: non avviene mai e non si esaurisce mai nell'istante, nell'atto. Coinvolge l'intero nostro essere, la nostra dignità, e le nostre emozioni.

Un abbraccio, amiche dilette e amici, con amore.

M.P.





Odio cieco


      Uomo che d'odio ti accechi,
tu che quel lontano mattino
mi aggredisti alle spalle
con un duro spintone, e poi
mi abbattesti con un ceffone
che mi fischiò nelle orecchie
per ore, e sibilasti lesbica,
lercia puttana di merda!

      Tu che ti credi potente
e non sei che il niente d'un niente!
Tu che mi fissasti torvo
senza emozione da occhi
vuoti come già morti,
tu che sei morto nel cuore
prima che in corpo: tu mi rivelasti,
proprio tu, la chiave del mio riscatto.



Marianna Piani
Milano, 19 Febbraio 2017
.