Amiche care, amici,
questo che segue è un ricordo del mio primo viaggio a Berlino, diversi anni fa, in compagnia di un'amica.
Scendevamo da Copenhagen, dove avevamo soggiornato per una settimana per seguire un corso di specializzazione, e ci avvicinavamo a Berlino da nord, in piena notte, dopo aver trasbordato dal traghetto a Rostock (se ricordo bene), seguendo la 19 e poi immettendoci (sempre in macchina) sulla E26, che alla fine mi pare immetteva sulla 10, ormai già nella cintura urbana.
Arrivavamo dunque in piena notte, attraversando chilometri e chilometri di Foresta, in perfetta solitudine (il traffico era quasi nullo in quelle ore), ed essendoci alternate alla guida, in quella parte del viaggio ero io al volante. Lascio il resto del racconto alla composizione, ma vi posso dire che non dimenticherò mai come - dopo ore di viaggio nell'oscurità quasi assoluta - fece presagire la sua presenza la città immensa, ancora qualche ora prima dell'arrivo vero e proprio, con questa luminescenza spettrale, all'orizzonte, data dal sommarsi di tutta la rete di illuminazione concentrata nella metropoli. Ne serbo ancora un ricordo vivo ed emozionante.
Per voi, amiche dilette e amici, questo piccolo diario di viaggio, come sempre, con amore
M.P.
E26 - Richtung Berlin
Così profonda e scura era la notte
mentre correvamo sull'autostrada
che disseziona la foresta,
rettilinea e tesa e lustra
come una spada d'asfalto grigio
e di squame di cemento.
Nemmeno i fari, puntati quasi
senza speranza nel nero nulla,
potevano nulla chiarire, tranne
una pezza in fuga di carreggiata
non più lunga d'un istante,
non più ampia della mia attesa.
Non una luce, non una presenza,
non un'altra vettura che ci incroci,
per lungo, lungo tempo, un tempo
smisurato, mi pareva, dilatato
dalla solitaria e densa bruma
della notte, in quei luoghi incontrastata.
Tu dormivi allora, al mio fianco,
forse già da qualche ora,
l'ultima tua voce che ricordo
fu il tuo sì a una mia domanda
che non comprendesti di certo a pieno,
e che forse nemmeno udisti.
Io dunque, accanto al tuo respiro,
ero sola, in compagnia soltanto
del mormorìo opaco del motore -
che sembrava volermi dir qualcosa
senza riuscirci - e dell'ipnotica danza
del nastro che si torceva sulla strada:
come una serpe giallastra,
fosforescente. Scure sfilavano le masse
degli abeti e delle querce,
ai due lati, compatte come muri
elevate fino a immergersi nel cielo
fondendosi con esso, nero dentro nero.
Sperduta, dopo lunghissimi minuti,
forse dopo ore, una vettura sfrecciava
sulla corsia opposta, ferendo
con una coppia di fari viola
come occhi agghiaccianti,
il miei sguardi, stanchi,
riflessi per il tempo d'un respiro
sul parabrezza, come uno spettro
fugace, vinto, e senza pace.
Veder così sé stessi, all'improvviso,
viso a viso contro l'ombra
della notte, è sconcertante.
La Natura, che ora assisteva
da lì fuori al mio viaggio, silenziosa,
mi aveva dotata di quelle forme,
quel naso regolare e dritto
tra due occhi davvero troppo grandi
per essere così ombrosi.
E mentre la mia mente si chiedeva
chi era la ragazza nel riflesso
che subito svaniva - e tu eri immersa
nelle onde della tua incoscienza,
quella stessa che m'aveva arresa -
all'improvviso un Dio mi apparve.
Nel lampo dei fari, per un istante,
per una frazione minima di vita,
gli occhi in fiamme d'un maestoso daino
immobile sulla banchina incolta
incontrarono i miei, faccia a faccia,
lasciandomi del tutto stupefatta
di quanto la natura di noi sappia
più di quanto noi stessi ci illudiamo,
confidiamo di sapere, e quanto di saggezza
e di sapienza possa essere racchiusa
in una singola pagliuzza della pupilla
della natura che, muta, osserva.
Osserva, imperturbata, la nostra tenera follia.
Così, svanì per sempre, dietro di noi, la fiera...
Ancora poco, e all'orizzonte
nell'oscurità assoluta, siderale,
si sarebbe profilata la cupola di luce
traslucente, accogliente come il seno
d'una vergine, suadente, prosperosa.
Era quella la Città, immensa,
che s'annunciava ai viaggiatori,
come il dorso immane, curvo ad arco,
d'un cetaceo che emerge, spaventoso,
da un oceano di tenebra, prima d'inabissarsi.
Trascinando noi per sempre nel suo gorgo.
quella stessa che m'aveva arresa -
all'improvviso un Dio mi apparve.
Nel lampo dei fari, per un istante,
per una frazione minima di vita,
gli occhi in fiamme d'un maestoso daino
immobile sulla banchina incolta
incontrarono i miei, faccia a faccia,
lasciandomi del tutto stupefatta
di quanto la natura di noi sappia
più di quanto noi stessi ci illudiamo,
confidiamo di sapere, e quanto di saggezza
e di sapienza possa essere racchiusa
in una singola pagliuzza della pupilla
della natura che, muta, osserva.
Osserva, imperturbata, la nostra tenera follia.
Così, svanì per sempre, dietro di noi, la fiera...
Ancora poco, e all'orizzonte
nell'oscurità assoluta, siderale,
si sarebbe profilata la cupola di luce
traslucente, accogliente come il seno
d'una vergine, suadente, prosperosa.
Era quella la Città, immensa,
che s'annunciava ai viaggiatori,
come il dorso immane, curvo ad arco,
d'un cetaceo che emerge, spaventoso,
da un oceano di tenebra, prima d'inabissarsi.
Trascinando noi per sempre nel suo gorgo.
Marianna Piani
Milano, 18 Settembre 2014
In una parola,immaginifica !
RispondiEliminaCiao Rossella,
Eliminasai che al liceo la mia insegnante di Italiano mi dava della "dannunziana", e ti assicuro che non lo intendeva come un complimento...
Da allora ho cercato di combattere strenuamente nella mia scrittura questa mia tendenza, che pareva davvero disdicevole, anche se presto ho scoperto che il D'Annunzio poeta - l'immaginifico per eccellenza - è da collocare tra i fondamentali della poesia italiana moderna, almeno come abile (se pure un po' freddo) sperimentatore di prosodie e linguaggi, iniziatore del verso libero inteso in senso moderno (dopo i primi classicissimi e altissimi risultati leopardiani).
Diciamo che un poca di "immaginificità" oggi me la concedo volentieri, non dico con fierezza, ma certo senza vergognarmene...
Scherzi a parte, grazie davvero: penso che "in una parola" abbia colto la definizione giusta per questa mia cosetta.
Marianna
(Prima Parte)
RispondiElimina“Così profonda e scura era la notte…”
Il modo migliore per iniziare la composizione, ricreando nell’immaginario del lettore la figura della notte pura e semplice.
Aggiungere il fatto di trovarsi a percorrere un’autostrada pressoché deserta, costeggiante la foresta (luogo magico e tetro allo stesso tempo, soprattutto di notte), equivale ad imprigionare la curiosità del lettore nella propria ragnatela.
E’ fondamentale saper comporre in maniera accattivante, soprattutto quando il lavoro è composto da un numero importante di versi.
"Nemmeno i fari, puntati quasi senza speranza nel nero nulla, potevano nulla chiarire…
Non una luce, non una presenza…"
Marianna Piani Style, Puro al 100 %.
Questi versi, esportati / prestati alla vita quotidiana, rispecchiano in pieno il concetto di solitudine.
In quei momenti, quando si è soli con se stessi, si è alla ricerca (nella maggior parte dei casi) di una luce, una “presenza" che possa ascoltare ciò che la nostra anima ha bisogno di esternare.
Spalanchiamo gli occhi (i fari), ma ci accorgiamo di essere soli, e di essere solamente circondati “dal nero nulla” che avvolge la stanza nella quale ci troviamo.
Procedendo, come sovente accade nelle tue composizioni inerenti il tema del viaggio, arriva il momento in cui presenti la tua compagna d’avventura.
Lo fai sempre mantenendo ben saldo il filo del discorso, facendo procedere in maniera naturale "il film" che racconti.
Essendo notte, la tua compagna di viaggio dorme.
Non perdi occasione neppure in questo caso di lasciar intendere (a discrezione del lettore) il fatto che il tuo cuore non la considera “solo” un'amica :
"fu il tuo sì a una mia domanda che non comprendesti di certo a pieno…”
Il mormorio del motore che sembrava voler dirti qualcosa, senza riuscirci, è sicuramente una concetto di alto livello.
in quel momento, eravate “entrambi" soli (la tua amica, come abbiamo appurato in precedenza, dormiva), e dunque entrambi, apparentemente, gli unici ad essere “vivi” e coscienti.
Tu eri la mente, lui il braccio.
Questa è una tua caratteristica che amo follemente :
Riesci ad “animare” in maniera credibile qualunque oggetto.
Le masse degli abeti che si immergono nel cielo, fondendosi con esso, nero dentro nero…
RispondiEliminaIl tuo mestiere reale fa capolino in maniera evidente nel suddetto passaggio.
I fari (gli occhi agghiaccianti) che feriscono il tuo sguardo stanco, possono essere ricondotti, alla lontana, ad un banalissimo specchio che riflette la nostra “prima" immagine all'ingresso di un periodo buio, rigonfio di sofferenza.
Non ci riconosciamo più, non riconosciamo l’immagine proiettata dallo specchio, rimaniamo stupiti, ci sembra quasi di essere stati accecati da una improvvisa e potentissima luce :
Parafrasando i tuoi versi, omettendo il passaggio “l’ombra della notte”, otteniamo :
“Veder così sé stessi, all’improvviso, viso a viso, è sconcertante”.
Tra l’altro, anche allo specchio si può riflettere sui tratti del proprio viso, come fai tu successivamente quando asserisci di avere due occhi davvero troppo grandi per essere così ombrosi.
“E mentre la mia mente si chiedeva chi era la ragazza nel riflesso, che subito svaniva….”
E’ più o meno la domanda che ti poni (probabilmente) ogni volta che ti specchi e controlli la tua immagine prima di uscire di casa. Ok, ora la smetto con gli specchi, promesso !
L’ingresso improvviso (come è giusto che sia) del Daino / Dio all’interno del racconto, calza a pennello.
Aggiunge un ulteriore dettaglio in “HD” al racconto :
Gli occhi in fiamme contrastano perfettamente con la notte profonda e scura da te descritta in apertura.
Anche il fatto di definire “incolta” la banchina è significativo, poiché pone in evidenza l’immenso lavoro di ricerca a monte di ogni tuo lavoro.
In questo caso, tracci in maniera NETTA la linea di confine tra la natura contaminata dalla mano dell’uomo (la strada) e la natura “viva”, habitat naturale degli animali ancora oggi, e per questo motivo pura, vera, incolta, in continuo mutamento, paradisiaca, SAGGIA.
Poi, finalmente, la luce. Anzi, le luci.
Viaggiare con la luce del sole è più che altro semplice routine, mentre viaggiare al chiaro di luna, o nel buio più totale, è un’esperienza di vita.
Solo una mente “diversa” - in senso positivo - poteva arrivare a paragonare la città ad un Cetaceo che emerge dall’acqua, ti accoglie sul suo dorso per poi inabissarsi trascinandoti sott’acqua.
Io, al massimo, viaggiando con la fantasia se la notte era buia, ho “rovesciato” la prospettiva, trasformando le luci elettriche della città in stelle !
P.s. Nessuna insegnante che si rispetti dovrebbe permettersi di applicare etichette sulla fronte degli alunni.
Caro Luca,
Eliminacommento, anzi, quasi saggio, di lettura, come sempre.
Attento, analitico, quasi una radiografia. Mi lascia senza parole, non potrei aggiungere nulla.
Cogli molti aspetti, di altri intuisci il senso, di altri ancora dai la tua interpretazione personale, sempre acuta, anche quando non coincide perfettamente con le mie intenzioni.
Posso solo confessarti che sono stata molto, molto in dubbio se pubblicare questa - lunga: 85 versi! - composizione o se lasciarla nel cassetto assieme al piccolo mucchio di cose non riuscite, non terminate, troppo osée, poco convincenti.
Il motivo dei miei dubbi non era la lunghezza, sono da sempre convinta che la dimensione di un componimento poetico sia totalmente slegato dal suo valore. Lunghezza non è sinonimo di eccesso o noia (Dante, allora?) come brevità e sintesi non significa di per sé un pregio, come stanno a dimostrare i troppi Haiku sottovuoto spinto che girano per la rete. E naturalmente vale anche l'opposto.
Il mio timore stava piuttosto nel carattere così dichiaratamente narrativo/descrittivo di questa sestina libera, che in questo momento è un poco ai margini della mia ricerca personale. Io in questo periodo sono più alla ricerca di una espressione lirica davvero "moderna" e significativa, piuttosto che di un verso libero di carattere prosastico e narrativo.
Ma tant'è, fa parte del mio mondo, non credo che mai lo abbandonerò, per cui mi sono data il "nulla osta" alla pubblicazione.
Io penso che vi sia luogo, in poesia, anche per questo genere particolare, e la tua appassionata lettura mi conforta molto in questo.
Un abbraccio
Marianna
Hai ragione : sono un lettore.
RispondiEliminaHo sempre cercato di dar valore / senso alle tue parole, nulla più di questo.
Trovo sia eccessivo definire il mio commento "saggio di lettura".
Ho parlato di "accattivare" il lettore perchè le tue composizioni, essendo pubblicate su blog, arrivano alle persone in modo virtuale.
A livello viruale, non è per nulla scontato mantenere costante l'attenzione nei confronti di ciò che si legge, perchè di fronte ai propri occhi si ha uno schermo che propone mille possibili strade da percorrere.
Basta un click e si cambia rotta, si entra in un altro mondo.
Ben altra cosa è leggere un libro, staccare completamente dal mondo esterno e immergersi nella lettura.
Parlando di Haiku, mi offri un assist veramente ghiotto, so a cosa / chi ti riferisci.
Ma mi limito a sottoscrivere ciò che affermi :
In rete girano troppi Haiku sottovuoto.
Ti dirò di più :
Sfrutto la tua riflessione per affrontare un altro argomento.
In rete girano anche finti poeti, finti artisti, finti scrittori, finti cantanti...
Il web offre a tutti l'opportunità di credere (e far credere) di avere una vita interessante e SOPRATTUTTO un grande talento, nella maggior parte dei casi sprecato oppure incompreso ("il mondo è cattivo", "non avevo le giuste raccomandazioni", "la Poesia non vende", ecc).
Se per "timore" intendi un timore tuo, personale, allora capisco.
Se invece intendi che temevi di ricevere critiche inerenti il carattere della composizione, vai tranquilla :
Qui non ci sono geni nè talenti immensi...
Ci possono essere al massimo persone appassionate, niente di più.
E NESSUNO/A possiede il tuo puntiglio e la tua costanza.
Un abbraccio.
Luca,
Eliminasolo per dirti che, no, non mi preoccupano eventuali critiche. La critica è un diritto inalienabile del lettore. Se ne ricevo non mi "fanno piacere", ovviamente, posso anche reagire indispettita, ma poi alla lunga me ne approprio come un prezioso strumento di crescita. Una critica sincera è sempre meglio di una lode insincera, o di routine, in ogni caso.
No, la mia preoccupazione e solamente sul valore del mio lavoro, un giudizio del tutto personale. Credimi che il primo e più spietato critico del mio lavoro sono io stessa. Qui nulla passa che non convinca prima di tutto ME, e ti assicuro che non è facile.
Per quanto riguarda le nostre riflessioni su certe espressioni di ambizione e esibizione individuali, forse siamo un po' ingenerosi. Ognuno è libero di costruire di sé l'immagine che vuole. Io su questo sono solo più fortunata, perché ho un mestiere in cui già posso "sfogare" tutti i miei narcisismi e spinte creative, sono ben quotata e ricevo buone (anche se non eccelse) soddisfazioni.
Perciò qui mi posso permettere di sentirmi del tutto libera da queste spinte, dal "dimostrare" qualcosa che non sia semplicemente un tributo ad una passione, proprio come dici tu: niente talenti immensi, siamo solo persone appassionate.
Condivido con te una certa insofferenza solo per chi si finge tale, ma al mondo c'è di peggio, purtroppo.
Un caro abbraccio
Marianna
Sì, intendevo dire che non vedo, qui in giro, persone in grado di poterti criticare in modo costruttivo.
RispondiEliminaNon vedo grandi esperti di Poesia (o meglio : VERI GRANDI ESPERTI), e neppure fenomeni, vedo solo persone appassionate !
Magari mi sbaglio.
In soldoni, il peso delle parole / critiche dipende da chi le dice.
Al mondo c'è sempre di peggio, il peggio non ha (nè avrà) mai fine.
So che non è facile convincerti, che la più spietata critica del tuo lavoro sei tu.
Lo dimostra la "quarantena" alla quale sottoponi le tue composizioni, ad esempio.
Si nota lontano un miglio il tuo rispetto nei confronti di questa forma d'arte, (ripeto : RISPETTO) ecco perchè è difficile trovare critiche costruttive da muovere nei tuoi confronti.
Buona Giornata, Buon Lavoro !
Sei molto caro, come al solito...
EliminaD'accordo, questo non è il Parnaso, non ci sono Apollo e le Muse, ma qualcuno che ne sa qualcosa c'è. Il confine tra Passione e Maestria poi a volte è labile...
Comunque tu hai un pregio di valore inestimabile, perché sei e ti dichiari un LETTORE, e sei un lettore colto:
sai che l'Italia è forse il paese in cui il maggior numero di individui SCRIVONO "poesia"?
E sai che di contro è il Paese in cui si LEGGONO il minor numero di libri di poesia?
Questa disparità la dice lunga anche a proposito dei famosi Haiku di cui sopra...
Baci
Marianna