Amiche care, amici,
come mi accade piuttosto frequentemente, questa composizione nasce da una scelta, una decisione a un bivio del sentiero di scrittura che sono sul punto di intraprendere.
In questo caso io avevo in mente - quasi per intero - una idea precisa per questa lirica, nata "in loco", proprio nei luoghi di cui intendevo narrare, luoghi della memoria e culla della mia immaginazione.
Ma mi fermai - a lungo - su un dettaglio, in apparenza del tutto minimo e incidentale, quel desueto e un poco strapoetico "in guisa di" anzichè il più semplice e colloquiale - e attuale - "come" (v. inizio II strofa). Ho indugiato su questo punto, come vi dicevo, a lungo, poiché la scelta in quel preciso passaggio di una espressione o dell'altra avrebbe portato l'intera composizione in una direzione oppure in un'altra, divaricandosi in risultati assai lontani tra loro.
Alla fine, dato il soggetto intimo, riflessivo, e legato a immagini letterarie e fantastiche (i luoghi d'avventura) assieme a figure della realtà viste con lo sguardo del mito (i pescatori), decisi di imboccare proprio la via indicata da quel "in guisa di", che mi conduceva ineluttabilmente su un territorio linguistico e prosodico scopertamente classicheggiante, con echi quasi ottocenteschi. Naturalmente si tratta di una reinterpretazione, un gioco sul filo sottile del gusto, ma sentivo che queste immagini della memoria e dell'infanzia potevano trovare così, e solo così, la loro espressione più immediata e naturale, un poco come tradurre all'oggi l'atmosfera, la sensibilità, il profumo di un tempo ormai definitivamente consumato e ancora in sedimentazione.
Amiche dilette, amici cari, lascio alla vostra lettura queste mie fascinazioni dalle rive del "mio mare", sempre con amore.
M.P.
I capodogli
Questo è lo sperone di roccia viva
che mi vedeva, bimbetta ancora,
indugiare a mirare il mare:
m'arrampicavo in guisa di capretta
su per il bianco ruvido calcare,
sedevo all'orlo, gambine ciondoloni
sopra questa immensa stesa d'incertezza
da perder l'occhio fin nelle foschie
che celavano gelose all'orizzonte
mitici remoti luoghi d'avventura:
colà s'affrontavano tra gli urlanti
uragani i capodogli e i leviatani.
Questo era il sedile bianco calcinato
dal gran sole dell'estate ove io
mi aggrappavo alle pagine parlanti
delle mie letture, così fragranti
dei profumi di pinete e di ginepri,
per librarmi nel volo delle mie visioni.
Quella era laggiù la costa serpeggiante
tra le grotte e le cale delle marine
odorose di salsedine e di pesce
morto, laggiù rugosi pescatori
scuri e duri come bronzi cucivano
le reti, seduti tra i galleggianti
rossi e bianchi, in tutto ai miei occhi
incantati uguali a divinità marine
intente alle loro cure ultraterrene.
Questo era il luogo prediletto
ove assistevo al mirabile confluire
del mondo naturale del mio mare
e quello onnivoro del mio sentire.
Marianna Piani
Trieste, alba del 2 Maggio 2015
Trieste, alba del 2 Maggio 2015
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