Amiche dilette, amici,
Siamo giunti alla conclusione di questo mio breve viaggio nelle mie terre d'origine, con una piccola composizione che ho pensato di aggiungere come commiato. Non sarà ancora un omaggio a uno dei molti scrittori e poeti che da quelle terre hanno ricevuto ispirazione, ma di una tappa che, per chiunque si rechi da quelle parti, non può mancare: il Castello di Miramare e l'annesso Parco.
Sono infiniti i ricordi biografici che sono per me legati a questo particolare luogo: la sua bellezza, la sua tranquillità, ne facevano una delle mete più consuete per le passeggiate domenicali con la famiglia, ai tempi della mia infanzia. Già il nome in sé è evocativo del suo aspetto, una costruzione a metà tra il severo e il lezioso, in pietra bianchissima, geometricamente squadrata ma nello stesso tempo mossa ed enigmatica, quasi elusiva nella sua forma architettonica, "seduta" su un piccolo promontorio spinto come a chiusura scenografica del golfo, con alle sue spalle alcuni ettari di parco, in gran parte coperti da una foresta in miniatura.
Ci sono ritornata di recente, in una delle mie brevi escursioni in quelle zone, e ne ho ricavato una di quelle particolari emozioni che si provano a volte nel tornare, dopo un lungo distacco, in luoghi particolarmente amati e famigliari, impressi per così dire nel proprio "codice genetico": la sensazione rassicurante di ritrovare tutto uguale, come se non ci fossimo mai allontanati, e nello stesso tempo il disorientamento e l'inquietudine di scoprire il mutamento profondo operato dall'inesorabile trascorrere del tempo.
Così è avvenuto in questa mia esplorazione solitaria in luoghi che ritrovavo dopo anni, incrostati nella mia memoria. Ogni pietra, si potrebbe dire ogni filo d'erba, era dove l'avevo lasciato, tanto tempo addietro, ogni profumo, ogni scorcio, ogni raggio di luce erano gli stessi che potevo rivedere nella mia memoria, quelli su cui tante volte, da bambina, avevo corso, avevo respirato, vi avevo visto stagliarsi la mia ombra. La panchina su cui mi sedevo con mamma a ripassare il sussidiario e la lezione di storia, era lì, al suo posto, intatta. Il parapetto in pietra sotto i pini su cui camminavo in equilibrio, con l'emozione di avere sotto di me a precipizio il mare, era sempre quello, immobile e saldo.
Eppure, dopo un poco che mi aggiravo tra i vialetti ben noti, respirando questa sensazione rasserenante di continuità e di identità, iniziai a rendermi conto che tutto, ogni singola pietra, ogni angolo di aiuola, ogni scorcio, era profondamente mutato, degradato, leso, come l'anima invecchiata e stanca di una persona che ripensa a sé stessa tanti anni prima.
Da questo contrasto, da questa riflessione, ho tratto lo spunto per questa breve composizione, che vorrei porre quindi come conclusione alla piccola "raccolta" dedicata a queste terre e al loro mare. Quando la scrissi non la pensai a questo scopo, ma la volli dedicare a una amica cara che in queste terre vive.
Oggi la dedico anche a tutte voi, amiche care e amici, accomiatandomi temporaneamente con voi da questi luoghi, con affetto, un po' di nostalgia, e amore.
M.P.
Il Mare d'inverno
(cinque vedute di città)
Trieste, Il Castello di Miramare |
VI
Miramare autunnale
Il parco era silenzioso
nel pigro pomeriggio dell'Ottobre,
godeva di quella luce giallo oro
che era l'ultimo suo incanto
prima che precipitasse la densa sera
e poi il precoce livore invernale.
Vi era, diffusa nell'atmosfera
una quiete che pareva innaturale,
come una sorta di svagata attesa
che sommergeva ogni cosa,
ogni scoglio che indugiava a riva,
ogni uccello che cercava un suo nido.
Erano anni giallo oro loro stessi,
quelli in cui io bambina correvo i viali
ramificati come radici sprofondate
verso il mare. E il mare, laggiù,
che tanto spesso ribolliva di vento,
era allora una vibrante lastra di metallo.
Com'erano simili i percorsi,
e le visioni, e i suoni, e il profumo
delle essenze aspre e dolci immerse
nel sentore agro del salso
diffuso dal vento lieve, e l'orizzonte
che prometteva infinite distanze.
Le distanze rassicuranti, familiari
dell'arco di quel golfo, con i leggiadri spettri
di bianche alture a chiudere la scena.
Com'era sempre identico quel sole
che si prendeva cura dei bimbi
che giocavano vociando attorno alla fontana;
E com'era sfolgorante la pietra
della torre merlata del castello,
orgogliosa della sua aristocratica
ineffabile vaghezza. E i richiami
delle mamme nel loro aspro-tenero dialetto
quant'erano simili a quelle del mio tempo!
Eppure nulla è rimasto ciò che era.
L'erbe sulle morbide aiuole d'un tempo
sono ispide ora, scompigliate,
bruciate dal vento e dall'oblio,
radici affiorano dalla terra già corrose
come mani scorticate dal precoce gelo.
Non v'è più un solo cigno rimasto
nel laghetto, un tempo così sognante,
ora incanutito di foglie morte e alghe;
non danzano più i ditischi e le idròmetre
sul pelo dell'acqua contaminata,
dove languono rade foglie di ninfea.
Il bordo del sentiero cede al passaggio,
disgregandosi sotto ogni passo;
nel fondo, dietro i pini che si sporgono
sulla scogliera, il castello di sasso bianco
appare, posseduto da un rimorso acre;
gli oleandri - impoveriti - gli reggono ancora il manto.
Il ricordo è un sottile diaframma di dolore
che riveste ogni cosa d'una patina dorata.
Tutto rifulge nel tempo, e tutto scade,
tutto si erode, tutto trapassa: eppure io,
le gambe nude raccolte tra le braccia
su queste rive sento d'essere infinita
nell'infinito ciclo della rinnovante vita.
Marianna Piani
Chamonix, 24 Dicembre 2013
Dedicata a Paola C.
amica, conterranea
Questo “blog” è molto più di un semplice blog.
RispondiEliminaE’ un luogo.
Il luogo in cui una donna, di nome Marianna Piani, decide più meno regolarmente di “appendere” i propri sentimenti, le proprie sensazioni, le proprie emozioni, esattamente come noi decidiamo - o meno - di appendere magneti sul frigorifero.
Di volta in volta, noi lettori, visitiamo queste pagine, e in maniera indiretta entriamo in casa sua, vediamo in bella mostra i “magneti poetici“ di Marianna.
… Perché acquistiamo i magneti, quando viaggiamo ?
Perché vogliamo farlo e basta ?
Oppure, perché sentiamo la necessità di portare a casa con noi un ricordo del luogo che abbiamo visitato ?
Io opterei per quest'ultima opzione.
Ed è proprio questo il motivo che spinge Marianna a scrivere : la necessità.
La necessità di condividere con il mondo esterno ciò che altrimenti condividerebbe solo con se stessa.
La necessità di appendere quanti più magneti possibili sul suo frigorifero.
E non importa se i magneti in questione saranno visionati da una, due, tre, o trenta persone.
Lei li appende. Sono sempre lì. Chi è interessato, può osservarli in qualsiasi momento.
Tutti gli omaggi che abbiamo avuto occasione di leggere, riguardavano poeti più o meno famosi.
Ma, per rendere “vero e semplice” al 100 % un omaggio, per concludere in bellezza il percorso dedicato alla propria terra d’origine, rimaneva una sola strada da imboccare : la strada dell’omaggio ad un’amica reale, ad una persona normale, comune, una persona “del posto”.
Marianna, neanche a dirlo, l’ha imboccata.
Ha Iniziato, mediante l’introduzione, a narrare i ricordi d’infanzia, ponendo l’attenzione sul fatto di aver ritrovato gli stessi identici luoghi presenti nella sua memoria, logorati dal tempo.
I luoghi erano, in un certo senso, “invecchiati”, esattamente come invecchia una persona.
L’anima nostalgica di Marianna è uscita fuori anche stavolta, direte voi.
Sicuramente.
Ma è uscita fuori “con stile”, come al solito. Il suo stile.
“Il parco era silenzioso
nel pigro pomeriggio dell'Ottobre”
Una sensazione vissuta da tutti noi. Indipendentemente dal luogo.
Leggendo queste due, semplici righe, ho assaporato il sapore di foglie morte, di “umidiccio” presente in ogni parco, in autunno.
In seguito, è stato un susseguirsi di ulteriori sensazioni, profumi, colori, emozioni, ricordi.
La geografia impressa nei miei ricordi di bambino non ha le caratteristiche di una località marittima , ma non importa : tutto è cambiato, anche qui.
Io sono cambiato. Siete cambiati anche tutti voi, ed è cambiata Marianna.
Tutto cambia.
E’ inevitabile.
E’ la vita.
Guarda caso, cosa scrive Marianna, in chiusura alla sua composizione ?
“…nell'infinito ciclo della rinnovante vita.”
Credo di non dovere aggiungere altro.
Credo abbiate capito perché, a parer mio - e lo sottolineo - questa donna è una vera e propria artista della parola.
P.s. Tanto per non farci mancare niente, cito una frase per me molto importante.
Pronunciata da uno dei miei “miti”, Tupac Shakur.
“Puoi spendere minuti, ore, giorni, settimane o persino mesi ad analizzare una situazione, cercando di mettere insieme i pezzi... giustificando cosa sarebbe potuto accadere o cosa sarebbe stato giusto che accadesse.
Oppure puoi semplicemente lasciare i pezzi sul pavimento ed andare fottutamente avanti.”
Questo è ciò che sta facendo Marianna, giorno dopo giorno.
Ed è per questo motivo che la rispetto non solo come artista, ma anche e soprattutto come persona.
Ti abbraccio, Mari.
Luca.
Non commento, non replico, non sottolineo, non preciso, nemmeno ringrazio, tanto sarebbe scontato.
EliminaLascio a Luca le sue parole. Parla, scrive, di ciò che per lui Marianna ha evocato, nella sua sensibilità, nella sua opinione e nella sua conoscenza.
Ecco, indipendentemente ora del valore o meno dello scrittore, questo è il piccolo grande miracolo che si attua tutte le volte che uno scrivente incontra l'anima di un lettore: il lettore infonde alla scrittura il soffio della vita, in senso della sua esperienza, il valore della sua emozione. Non c'è un dare e un ricevere, se non reciproco. Il dare dello scrivente - parole, musica, figura, non importa - è soltanto uno spunto, da cui il lettore edifica la sua personalissima visione. Come ho sempre detto, uno scritto, qualsiasi scritto, è un embrione, una cellula staminale. È solo l'incontro con il lettore che lo feconda e gli dà vita. Questo è il grande, insostituibile contributo del lettore all'opera. Non vi è creazione artistica senza un pubblico, un lettore, appunto, che la renda "significativa".
Questo "scrittore", la Marianna, è anche e prima di tutto un lettore, un forte e attento e appassionato lettore, e nel farlo sa che la sua "opera" come lettore è almeno altrettanto importante e "creativa" di quanto non sia quella della scrittura.
Per tutto questo, questo stesso "scrittore" nutre una immensa gratitudine nei confronti di chiunque impieghi una parte del proprio tempo e della propria sensiblità a leggere le sue parole.
Ed è una fortuna incontrare "lettori" come Luca, una fortuna immensa.
Marianna