Amiche dilette, amici,
ecco per voi il terzo passaggio della mia breve raccolta dedicata al personaggio di Alice.
Come vedete, l'avventura immaginaria di Alice Liddell è il seme che, cadendo sul terreno della mia immaginazione, vi germoglia, dando vita ad una catena di visioni, di pensieri, di memorie, di agnizioni.
No, non stavo bene quei giorni in cui scrivevo questa mia ode, venata di tristezza, ma amnche piena di passione, mi sentivo realmente sopraffatta dalla solitudine e dal peso delle troppe perdite della mia vita, ma sentivo di potervi reagire, se fossi salpata per il mondo immenso che attendeva di incontrare il mio sguardo.
Scrivere in questi casi, per me è l'unico possibile antidoto per non impazzire.
Anche questa, come le altre, dedicata a voi, con tutto l'amore del mondo.
Con tutto l'amore che io vi posso dare.
M.P.
Il Tempo e lo Specchio
Nove variazioni sul tema di Alice
...“I wish I hadn't cried so much!” said Alice, as she swam about, trying to find her way out.
I shall be punished for it now, I suppose, by being drowned in my own tears !”
I shall be punished for it now, I suppose, by being drowned in my own tears !”
III
Alice in un mare di pianto
Che dici al navigante, oscillando
sulla cresta candida delle onde
spazzate dal libeccio, frustate
dalla pioggia dei monsoni,
spietati signori di questi luoghi?
Non dici forse di proseguire
a dispetto delle tempeste, dei fortunali,
delle infide secche, e dei sargassi
che impastoiano i timoni?
Quante sono le persone amate,
quanti i pezzi della tua anima,
quanti i brani della tua carne
che hai veduto sfracellarsi su quegli scogli,
incagliarsi ai bassifondi, perdersi
alla deriva nella notte oscura?
Ogni conchiglia che raccogli
sulla ghiaia dell'arenile,
ogni valva che s'asciuga al sole
è un tuo amato bene che t'ha lasciato,
o che hai perduto, o che s'è eclissato.
Meglio perdersi in mezzo al mare
lontana dalle coste, dai porti, dalle cale,
ovunque si celi il nostro insondabile avvenire.
Meglio affrontare onde immense,
e abissi ignoti, e i leviatani, e i fortunali
che sfiancano le murate e divellono le drizze,
meglio vedere la prora che s'inabissa
e risale verticale, implorando al cielo
pietà e perdono, di là dal male,
di là dall'abbandono. Meglio rischiare
di naufragare là dove non v'è salvezza,
meglio gli scogli mortali per noi stessi
che le inaccettabili morti che ci fanno assedio
e gli spettri dei nostri dissolti amori.
Empiamo le rotte dei nostri dolori
poiché sappiamo che mai ci abbandoneranno.
Fuggiamo altre afflizioni, altre disperazioni,
poiché di nuove non potremmo sopportarne.
Ci annulliamo alla barra della nostra chiglia
illudendoci di tenere una rotta qual essa sia.
Ci allontaniamo miglia su miglia
con gli occhi schiusi nel vento di prora
che brucia le ciglia di salso e di pianto.
Il pianto è nulla, un riflesso involontario
che ci annebbia. Il vento che ci investe
viene da un passato già lontano.
O che appena sfioriamo.
Ma quel vento gonfia le vele, e ci spinge
alla sorte... Qui, al largo di Gibilterra,
oltre le bocche di Magellano, oltre
le leggendarie terre Aleutine...
E qui ieri è già domani.
Meglio è piangere, che dimenticare!
Marianna Piani
Milano, 14 Aprile 2014