Lago Maggiore verso Sud Arona - Da casa |
Amiche care, amici
Ero in quei giorni in quello che con gli anni, grazie anche alla bontà e comprensione del mio ex compagno e della sua mamma, è divenuto il luogo più amato dove rifugiarmi, nei momenti più cupi della vita, per tentare di ritrovare me stessa.
Non si tratta di un modo di dire, la mia malattia mi regala ricorrenti periodi di smarrimento, più o meno gravi, e quasi sempre, dopo le cure e più o meno brevi periodi di ricovero e osservazione, è proprio qui che provo a riannodare i fili slabbrati della tela della mia vita. Ogni ricaduta, è uno strappo, a questa tela, e ormai è una dolceamara consuetudine ritrovare il mio ex ragazzo che mi attende, all'uscita della clinica, per caricarmi in macchina (o se la stagione è buona, anche in moto), e portarmi di peso, come un pacco strapazzato da un viaggio tormentato, alla casa materna, mirabilmente affacciata, dall'alto di un'altura, sul Lago Maggiore.
Ormai in famiglia sanno dall'esperienza il potere potrei dire "terapeutico" di questi soggiorni (non me l'hanno mai detto, ma io non escludo che ne abbiano parlato anche con l'equipe medica che mi segue), dove per qualche giorno vengo ospitata, con una grande sensibilità e tenerezza (mai un cenno, nemmeno velato, alla malattia, né tanto meno ai miei trascorsi anche un po' burrascosi, di potenziale membro acquisito della famiglia), quasi sempre della mamma stessa, dal momento che lui ha la sua vita presa ormai tra Roma e Milano, e del tutto distinta dalla mia, e quindi non si trattiene che qualche ora.
A volte, come nell'occasione che fa da sfondo alla composizione che vi propongo oggi, anche senza "urgenze sanitarie", ma per semplice bisogno di tranquillità, sono io stessa che mi… ma sì, diciamolo, che mi autoinvito, da ladra di affetti e di bellezza quale sono, anche un po' sfacciata, lo ammetto.
Mai una volta che riceva un diniego o anche - semplicemente - una risposta meno che calorosa. La casa che mi ospita è grande, con numerose stanze, e trovo quasi sempre a disposizione quella che è ormai divenuta la "mia" cameretta, piccola, raccolta e adorabile, con un lettino, un armadio, un tavolino/scrittoio (per il mio vizio favorito) e una finestra con una vista sul lago poco lontano, in direzione della Rocca di Angera.
Questi luoghi sono i luoghi delle mie solitudini felici (quelle disperate hanno teatro piuttosto nella città, tra la folla, a Milano), e qui posso dimenticare per un istante il corso affannoso della vita di superficie, per immergermi nelle profondità dei miei pensieri, delle mie emozioni, e per studiare, leggere, disegnare... oziare.
Quasi come un seme caduto in un terreno fertile in una esposizione felice non può che germogliare, qui germoglia per così dire anche una parte importante della mia scrittura, come saprà chi ha avuto la pazienza di seguire queste pagine per un poco. I luoghi mi ispirano pace, magari rassegnazione, mai dolore, e mi trasmettono il respiro stesso della bellezza. Ne ricavo un materiale perfetto per abbozzare le mie figurine e i miei paesaggi, una creta morbida e malleabile, e il ristoro che trovo nella scrittura qui è pari quasi a quello che provo nel respirare quella brezza silenziosa, profumata di canneto e di bosco, di roseto e rododendro.
Ecco dunque, per voi, il mio giorno di Pasqua, in vista Lago. Come sempre, con amore.
M.P.
Resurrezione e grazia
Inaspettatamente, oggi al lago, il sole:
come una grazia concessa dalla natura,
come una primizia che rallegra il ramo,
come il sorriso d'una amica a lungo attesa.
Lucido e scintillante è lo specchio calmo
in cui riflettono i borghi e le abbazie lontane,
le ossa candide delle betulle spoglie
s'inarcano di piacere ai primi toni d'aurora.
Sulle macchie rade in bordo al bosco
lampeggiano giovani corolle squillanti fuoco
dalle loro tinte pure, nelle nicchie del camposanto
già dialogano con fervore le primule e le viole.
...Penelope s'attarda sulla soglia, sogguardando
il fondo della strada, Giulietta, trasognata
è accoccolata in mezzo all'erba, e Cassandra
scrive accosto alla finestra, guardando il cielo
che intanto si fa cupo all'orizzonte, e amaro.
Ofelia si perde nel cammino, tra le acque
dello stagno, e si perde la sua mente lieve
come un seme di soffione nel maestrale
trascinata verso il cielo, ove non v'è terra.
Né foresta, né radura, né speranza di germogliare.
Alice precipita capofitta dentro il tempo che le fugge
e si risveglia ancora bimba nel giardino delle rose.
Marianna è sola, affacciata al lago, e piange -
per la gioia di essere risorta, assieme al sole.
Marianna Piani
Nebbiuno, 20 Aprile 2014, Pasqua
ecco quello che intendo per poesia, una lirica che rapisce il pensiero e lo porta con se nei suoi versi, e lo lascia vibrare al soffio delle sue parole.
RispondiEliminaUn interpretazione pura e semplice come lo scorrere di un ruscello o il volo di una rondine, o forse più di un raggio di sole che rischiara il grigiore quotidiano.
E' stato un immenso piacere leggere questa poesia
Francesco
Ed è con immenso piacere che ricevo questo tuo commento, caro Francesco. Certo, fa sempre piacere ricevere un apprezzamento, ma il tuo ha il sapore di un regalo, perché cogli il mio sforzo, formale, e cogli il contenuto, sostanziale.
EliminaE poi viene da una persona di splendida sensibilità, abituata a frequentare i Grandi, scrittore egli stesso.
Grazie, grazie per esserci...
Tua
Marianna