Amiche care, amici,
per alcuni mesi il mio lavoro mi ha obbligata ad attraversare in macchina la città, ben prima dell'alba, per raggiungere gli uffici in cui dovevo svolgere l'incarico. Lavoravo con l'asia, principalmente, per cui questo era l'unico modo per avere una finestra di attività sincronizzata con il loro fuso orario.
Questa che segue è l'annotazione in versi, come in un taccuino d'appunti, di immagini, sensazioni, figure e scorci presi così, al volo, e fissati nella memoria, durante quei risvegli precoci e quei tragitti solitari in una città ancora in gran parte addormentata, prima dello scatenarsi del traffico del mattino.
Ne è uscita una sorta di barcarola - o di nenia notturna - che ora vorrei qui condividere con voi, amiche dilette e amici cari, come di consueto, con amore.
M.P.
Berceuse Urbana
Il traffico e l'affanno brevemente
lasciano la città alle mura dell'alba.
Un marchingegno passa con rumore
cupo, come quello d'uno scavo.
Una ragazza rapida lampeggia
le sue lunghe gambe scure
mentre s'infila in una vettura
che sguscia via di soppiatto.
Il locale chiude alle sei,
chi ha bevuto vomita sul selciato,
la sua compagna attende intanto
illuminando una sigaretta:
si puntella al fianco d'una vettura,
ma lei almeno regge, ancora,
non si strugge in mezzo al fango.
E poi tanto, lei, non ha premura.
Intanto passa il quarantasei,
forse il primo della giornata, scagliando
i suoi cristalli gialli lungo i muri
dei palazzi vecchi e fratti.
Stanche facce di lavoranti sfatti,
d'ogni razza, ognuno stretto
accanto all'altro, in una pace indifferente,
come vacche che s'ignorano
pigiate nella stalla. Cinquanta fiati
riempiono di condensa gli angusti vetri
come una pioggia dall'interno,
come la desolazione appanna
il loro cuore incapace di speranza.
Eppure, nonostante tutto vanno.
Vanno, chissà dove,
e si perdono nell'alba.
I netturbini iniziano la battaglia
immergendo i guanti nelle scorie,
nella corruttela scaricata
dalla umana vita che ora brulica
con le sue storie celata nelle pance
degli edifici. Storie consumate
tra monotonie di pasti, lussurie
avventate, fosche illusioni digitali.
L'inconsistenza regna
in queste poche ore sulla città,
disgrega i muri e le geometrie
caotiche e sicure del diurno.
E raggela il diuturno divenire.
Un uomo solo s'avventura nella via
deserta. L'esser così solo pare
confacergli eppure - quell'uomo soffre.
Così, io mi sento, a volte,
così sola, così smarrita,
così ferita, mentre l'alba si consuma
e un male corrompe ogni vita.
. . . . . . . . . . . . . . . . .
così sola, così smarrita,
così ferita, mentre l'alba si consuma
e un male corrompe ogni vita.
. . . . . . . . . . . . . . . . .
Io vorrei dire queste cose
alla mia compagna,
ma ella dorme innocente,
aggruppata tra le coltri.
E allora intono un canto
a bocca chiusa, dolce e quieto,
cosicché ella mi oda
nel suo sonno, senza destarsi,
e anche nel suo abbandono ella
possa sempre, sempre amarmi.
Marianna Piani
Milano, 20 Novembre 2014
alla mia compagna,
ma ella dorme innocente,
aggruppata tra le coltri.
E allora intono un canto
a bocca chiusa, dolce e quieto,
cosicché ella mi oda
nel suo sonno, senza destarsi,
e anche nel suo abbandono ella
possa sempre, sempre amarmi.
Marianna Piani
Milano, 20 Novembre 2014
Perfettamente descritto l'interludio che distanzia l'aurora dall'alba quando finalmente si rianima la vita.Il canto muto che ricorda Nabucco e Verdi è un inno all'amore ; bellissimo.
RispondiEliminaGrazie Marianna
leggerti è sempre un piacere.
Rossella
Ovviamente - anche in modo più intenso - il celebre coro nella Butterfly di Puccini, melodia stupenda quale soltanto lui sapeva creare...
RispondiEliminaSono felice che hai colto l'intenzione d'amore profondo di quei versi,
sono felice che trovi, nella mia scrittura, motivo di piacere.
"L'interludio che distanzia l'aurora dall'alba"
Una frase perfetta, che vale cento commenti, da scrittrice a scrittrice.
Grazie!
Marianna