«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

mercoledì 7 ottobre 2015

Afferra...


Amiche care, amici,

vi propongo oggi una composizione schiettamente e scopertamente d'amore, anzi di passione. Senza remore o snobismi intellettuali.
La poesia d'amore non gode in questi ultimi decenni di una grande considerazione presso gli ambienti critici e letterari "ufficiali" o accademici, anche a causa dell'abuso cui spesso tale tematica è oggetto, dalla canzonetta, al cioccolatino-twitter. Ma di questi "ambienti" io non faccio parte, né intendo mai farne, volendo rimanere ciò che sono, una pura dilettante senza velleità o ambizioni di là da questo, per cui alla fine, come disse Rhett Butler, "francamente me ne infischio" ("Frankly, my dear, I don't give a damn").


D'altra parte, nulla è più appagante ed emozionante, da che l'Uomo è Uomo, dell'intonare un canto d'amore dedicato a chi s'ama.
Quando l'onda di un ricordo, di un'emozione mi raggiunge, io non mi sottraggo, non potrei farlo. Perché per me la scrittura è specchio dell'anima, o necessità biologica, come il respiro, ed esprimere un'emozione significa darle voce, e ragione, significa, pur a volte nella nostalgia di una felicità che forse non si ripeterà mai più, riviverla, riaccenderla, anzi, alimentarla come anticamente si alimentava il lume con l'olio.
Raramente questi miei scritti raggiungono la particolare persona cui sono diretti, ispirati o dedicati. Sempre passa un certo lasso di  tempo, anche lungo: come ho scritto in altre occasioni su queste pagine, io non scrivo mai d'impulso, l'emozione finché è viva va semplicemente vissuta, non si può, non si deve parlarne o peggio scriverne, pena la sua dissoluzione. La scrittura non è la vita, ne è il distillato, e richiede elaborazione, tecnica e distanza, anche temporale. Passa dunque del tempo, e quella persona magari mi ha lasciata, o è partita per altre avventure, che mi escludono dalla sua vita.
Il senso di una composizione (d'amore, ma non solo) dunque per me ha il valore di "rivelazione", di rendere tangibile, percepibile, anche ad altri, il tesoro del sentimento e dell'esperienza.


La mia scrittura è dedicata al pubblico, a voi amiche dilette e amici, care lettrici e lettori - nel "privato" se ci penso bene, non ha spazio né ruolo. Che strano paradosso…
 

Sempre con amore, carissimi

M.P.






Afferra...


Afferra la mia mano, stringila ben forte,
voglio, perdio voglio sentire
quasi dolore nei legamenti
tra le mie e le tue dita nella sua morsa.

Così è, così è che mi si stringe
il cuore, come un pugno che si serra
impallidendo esangue per lo spasmo,
con le sue stesse unghie infitte

nel suo palmo. Afferrami la mano,
stringila con il vigore, con tutta
la saldezza che ti distingue,
e strappami via di qui, via con te,

via per sempre. Via insieme.
Per mai, mai più tornare, colà dove
tu e io infine ci vedremo congiunte
come libere spume, via dall'onde,

trascinate dall'impetuoso vento
di maestrale, verso il cielo,
verso nembi gonfi di tempeste,
verso teneri orizzonti senza fine.

. . .


Afferrami la mano, come sai fare,
io non t'opporrò volontà alcuna,
m'abbandonerò al tuo dominio,
senza ombra alcuna di rivolta:

nelle tue mani sarò di pezza,
sarò di carta, sarò di niente come
un fiocco nella tormenta,
come un ciuffo d'alga tra le onde.

Afferrami la mano come ciò
che t'appartiene, com'eravamo bimbe
correndo nel prato a perdifiato
a scapicollo giù dalla collina

fino a ruzzare nelle gramigne
una sull'altra ridendo, affannate,
coperte d'erba, di ranuncoli e di terra
e di spighe tra i capelli scarmigliati

e di gioia d'essere così innocenti
unite da un Destino errabondo
ma giocondo e tanto fecondo.
Di esserci così talmente amate!



Marianna Piani
Trieste, 18 Aprile 2015

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