Amiche care, amici,
l'anniversario della fine di un'amicizia e di un amore, e il racconto di ciò che avrebbe potuto essere, se l'amore avesse retto al tempo, io e la persona amata, coi suoi sogni, le sue visioni, i suoi racconti, le sue fascinazioni… Immaginando ciò che avrebbe potuto essere, e non è stato. No, senza rimpianto, solo un poca di amarezza, e tanta tenerezza.
Per voi, amiche dilette, con amore
M.P.
Tre di Maggio
È il tre maggio, è notte,
è trascorso l'intero giro
di quest'anno senza resipro,
io giaccio nel letto vasto e vuoto
sotto un piumino lieve
che non mi grava il corpo,
ma mi protegge, invece,
mentre altri sono i gravami
che mi schiacciano nel buio
di questa stanza cupa e sorda
io giaccio nel letto vasto e vuoto
sotto un piumino lieve
che non mi grava il corpo,
ma mi protegge, invece,
mentre altri sono i gravami
che mi schiacciano nel buio
di questa stanza cupa e sorda
che fu la nostra.
Nemmeno un bisbiglio più proviene
dalla strada, nonostante
la finestra sia socchiusa;
il vento si è placato ormai
da qualche ora, mentre
il temporale di ieri notte
con il suo rombar di tuono
e lo scrosciare della pioggia
sui lustri lastricati come torrenti
Marianna Piani
Milano, 3 Maggio 2015
Nemmeno un bisbiglio più proviene
dalla strada, nonostante
la finestra sia socchiusa;
il vento si è placato ormai
da qualche ora, mentre
il temporale di ieri notte
con il suo rombar di tuono
e lo scrosciare della pioggia
sui lustri lastricati come torrenti
non è più nemmeno
uno sbiadito ricordo.
Tu avresti dovuto essere qui,
a quest'ora, accanto a me,
coricata al mio fianco,
gli occhi nel buio schiusi
sebbene così stanchi,
le mani dietro la nuca
a giocare con quei tuoi capelli
di corallo, come se fosse
un nonnulla quella tua bellezza
radiante di sé anche
nello scuro più profondo.
Avresti dovuto essere qui,
a un palmo dal mio viso,
a ragionare di stelle
e di astri, di nebulose, e galassie,
e di spazi cosmici e anni-luce,
in questa tua passione sconfinata
per l'Infinito, per quegli insondabili
misteri del Creato
in cui tu ti perdevi come in sogno,
e io dietro te fedele, a inseguire te
uno sbiadito ricordo.
Tu avresti dovuto essere qui,
a quest'ora, accanto a me,
coricata al mio fianco,
gli occhi nel buio schiusi
sebbene così stanchi,
le mani dietro la nuca
a giocare con quei tuoi capelli
di corallo, come se fosse
un nonnulla quella tua bellezza
radiante di sé anche
nello scuro più profondo.
Avresti dovuto essere qui,
a un palmo dal mio viso,
a ragionare di stelle
e di astri, di nebulose, e galassie,
e di spazi cosmici e anni-luce,
in questa tua passione sconfinata
per l'Infinito, per quegli insondabili
misteri del Creato
in cui tu ti perdevi come in sogno,
e io dietro te fedele, a inseguire te
e il tuo sogno.
Avresti potuto essermi vicina,
proprio ora, supina
su questo vasto vergine giaciglio,
a bisbigliare nelle mie orecchie
cose che non sapevo,
per vedermi stupefatta, estasiata;
cose di mondi così esotici e lontani
da farmi trasognare, nel dormiveglia,
di voli, di smarrimenti,
di cieli senza confini
di viaggi senza ritorni.
E io sarei rimasta in silenzio
per non fermare quel tuo
prodigioso narrare,
Avresti potuto essermi vicina,
proprio ora, supina
su questo vasto vergine giaciglio,
a bisbigliare nelle mie orecchie
cose che non sapevo,
per vedermi stupefatta, estasiata;
cose di mondi così esotici e lontani
da farmi trasognare, nel dormiveglia,
di voli, di smarrimenti,
di cieli senza confini
di viaggi senza ritorni.
E io sarei rimasta in silenzio
per non fermare quel tuo
prodigioso narrare,
ammirata, e forse anche
perché delle mie Emily,
delle mie Sylvie, delle mie
pallide sacerdotesse di penna e carta
a te non importava più di tanto,
ti bastava, indulgente,
accarezzarmi i capelli
e soffiarmi lieve in viso:
per spazzare via, tu dicevi,
certi pessimi pensieri.
E allora, restavamo in silenzio
entrambe, come assorte,
lungamente,
a guardare le stelle fluorescenti
che avevamo incollato al soffitto,
proprio sopra il nostro letto,
che rilucevano nel buio
dapprima intense, poi, gradualmente,
sempre più spente.
"Guarda che belle
le nostre stelle" dicevi, all'improvviso.
e io sapevo che da quel momento
perché delle mie Emily,
delle mie Sylvie, delle mie
pallide sacerdotesse di penna e carta
a te non importava più di tanto,
ti bastava, indulgente,
accarezzarmi i capelli
e soffiarmi lieve in viso:
per spazzare via, tu dicevi,
certi pessimi pensieri.
E allora, restavamo in silenzio
entrambe, come assorte,
lungamente,
a guardare le stelle fluorescenti
che avevamo incollato al soffitto,
proprio sopra il nostro letto,
che rilucevano nel buio
dapprima intense, poi, gradualmente,
sempre più spente.
"Guarda che belle
le nostre stelle" dicevi, all'improvviso.
e io sapevo che da quel momento
la nostra notte chiara
si sarebbe popolata
di vividi colori,
delle nostre tenere follie,
dei nostri colmi cuori,
delle melodie, delle carezze,
si sarebbe popolata
di vividi colori,
delle nostre tenere follie,
dei nostri colmi cuori,
delle melodie, delle carezze,
delle nostre umili fragili
fuggevoli certezze.
Avresti potuto essere qui, ora,
come allora, accanto a me,
su questo letto, in questa stanza,
in questo lato della Galassia,
in questo angolo dell'Universo
tutto nostro.
fuggevoli certezze.
Avresti potuto essere qui, ora,
come allora, accanto a me,
su questo letto, in questa stanza,
in questo lato della Galassia,
in questo angolo dell'Universo
tutto nostro.
Marianna Piani
Milano, 3 Maggio 2015
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