«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»
«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)
«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)
«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)
«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)
«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)
mercoledì 28 giugno 2017
L'imbarco
Amiche care, amici,
l'eterna metafora del viaggio - e per me in particolare, per origine e cultura atavica, del viaggio per mare, dove gli orizzonti si saldano al cielo, il futuro al passato, le correnti che ci trascinano a ciò che ci spinge ad andare, la memoria alla speranza, e la disperazione alle illusioni.
Ma ciò che mi affascina e atterrisce di più non è tanto il viaggio in sé,: quanto è il momento della partenza. Il momento in cui ormai tutto è deciso, e tagliamo gli ormeggi che ancora ci legano a terraferma, alle nostre radici e alla nostra storia.
Questo è il momento più desiderato e più temuto, il più intenso e vissuto.
Ogni partenza è un po' come una morte, si dice, ed è vero. Perché non vi può essere rinascita senza prima morire almeno una volta. Perché soltanto da questo morire e rinascere possiamo essere artefici del nostro destino.
Per voi, amiche dilette e amici, con amore.
M.P.
L'imbarco
Quando fu l'ora d'imbarco sentii
un'alta voce chiamare il mio nome,
da un navigante - il mozzo alla fune,
o forse il capitano: com'è strano,
mi dissi, come poteva costui
sapere il mio nome? Ma nel contempo
un immenso gabbiano sfiorò il ponte
di prora, indifferente a ogni umano.
Strillarono ragazze intimorite
da tribordo, e il nobile animale
mosse lento l'ali e impennò il suo volo
con un sussiego da ultimo sovrano.
Io non temevo alcuna bestia, e meno
che mai i gabbiani cui invidiavo il volo
libero, senza meta e scopo alcuno,
e tutto l'oceano ch'è nei loro occhi.
In quel momento udii l'imbarcazione
che sciabordava ansiosa lungo il molo
mentre sfilava cauta dagli ormeggi
e un urlìo di sirena empiva il porto.
Lo scafo ondeggiò con lenta indolenza,
come un cetaceo destato dal sonno,
appoggiò a dritta, e prese la sua via,
senza fretta, come fosse un destino.
Io guardavo oltre il vetro imperlato
di gocce frante da prora, i motori
parevano il lungo cupo grugnito
di qualche bizzarro mostro marino.
Il mio fiato s'addensava sul vetro
mentre pensavo alle tante partenze,
alle tante mete che mai raggiunsi,
ai tanti, troppi subìti naufragi.
Anche gli occhi si velarono mentre
la mente era percorsa dai rimpianti
abbandonati ormai in terraferma,
e io mi chiesi quando questo viaggio,
questo nebbioso viaggio senza meta,
avrebbe avuto mai fine.
Marianna Piani
Milano, 16 Febbraio 2017
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