Hans Zatzka (1859-1945) |
Amiche dilette e amici cari, la mia proposta per la lettera N del nostro abbecedario poetico, è una piccola "ode" intitolata, idealmente, alla bellezza e alla forza della femminilità.
Era piena estate, e mi trovavo, ospite di un'amica, in riva al "mio" mare, a godermi una breve parentesi di relativa serenità in un periodo che stava diventando per me giorno dopo giorno sempre più turbolento e difficile.
Me ne stetti ad osservare a lungo un gruppo di ragazze, tutte molto giovani, tutte che biologicamente avrebbero potuto comodamente essere figlie mie - se io non fossi la mezza donna che sono per via della mia sterilità - tutte bellissime, corpi acerbi ma già interamente donne, flessuose, agili, inondate di sole e spolverate di salso. Capelli biondi, o scuri, lunghi, corti, ondeggianti come alghe nella corrente, occhi azzurri, verdi, nocciola, neri, scintillanti come gli astri di una costellazione. Chiacchieravano, scherzavano, ridevano, potrei anzi dire che cinguettavano come uno stormo di cinciallegre riunite sui rami di qualche pianta, piene della loro gioia incontenibile, e in gran parte inconsapevole, di vivere.
Mi sgorgò spontanea al ritorno questa composizione, in forma di un'Ode, appunto. E badate, senza in ciò, da parte mia, alcun intento sensuale, o desiderio, ma veramente e puramente con lo sguardo di una madre, che ammira con tenero orgoglio le proprie figliole sbocciare. La sensualità piuttosto, che indubbiamente c'è, è quella spontanea, prorompente, inconsapevole, innocente, di tutte le ragazze di quell'età stupenda e irripetibile, in cui ogni forma ed ogni movimento è pura armonia.
Una Ode, anche, per orgoglio femminile. E perchè nell'osservarle ebbi l'intuizione chiara di come il futuro, la vita, il nostro mondo fosse interamente ora nelle loro mani!
Dedico questi versi a tutte voi, meravigliose ragazze under 20, e a tutte noi, ex ragazze di tutte le età, che in queste Ninfe, nella loro bellezza, proiettiamo l'orgoglio della nostra femminilità. E ai nostri amici, compagni, mariti, fratelli, padri, perchè imparino ad osservarci con l'occhio innocente della bellezza.
E in opportuno casuale anticipo alla ricorrenza dell'otto Marzo, tra pochi giorni in arrivo.
Con amore.
M.P.
Abbecedario XIII
N
come Ninfe
Eccole:
saltellanti, squillanti, zampillanti
come innocenti creature
senz'altro pensiero al mondo
ch'essere sè stesse;
eccole scaturire dalle rocce
delle sorgenti di cui son figlie
le Naiadi lampeggianti
dagli occhi neri e accesi
come faville nella brace.
E scendere precipitando
frangendosi e ricomponendosi
in mille rivi e torrenti
dalle vette incontaminate
delle loro superbe regge.
Ed ecco ora, turbinando dentro il vento
un baluginìo di petali danzanti
e foglie color oro o brune,
strappate al cuore della foresta
di cui sono le incorruttibili custodi:
ecco le Daiadi dai verdi sguardi
di smeraldo incastonato dentro l'oro
dalle loro chiome
agitate come fiamme accese
dal loro intimo ardore.
I corpi, i fianchi, i seni
forti e compatti come i tronchi
delle querce che le hanno generate
invadono prestamente ogni valle
del loro vivo fremito e fervore.
. . .
Ed ecco ancora: le amazzoni del mare,
le Nereidi al galoppo sulle loro onde,
il seno acerbo, nudo,
imbiancato di salsedine,
le lunghe gambe audaci
di alabastro bianco, tese
a governare la corrente scatenata.
I piedi lunghi e fini, come di ragazzo,
le mani, giunchi dalle unghie di corallo,
avvinghiate alla criniera,
i visi aderenti
ai possenti colli delle giumente,
per sussurrare parole di coraggio
e ardore alle orecchie ritte e tese
di quelle loro bestie adorate
e al loro folle cuore.
Ecco, ecco ancora alzarsi in stormo
le alate rondini, esili danzatrici
dell'aria e degl'incostanti venti:
le Pleiadi celesti,
figlie delle altezze
e delle vertigini solenni
perenni delle nubi e delle
incorrotte sfere degli astri.
La figura agile, elegante,
tesa nello spasmo della danza,
le braccia arcuate, snelle come falci
di luna d'oriente, ali
che le propellono verso il cielo
a farsi stelle tra le stelle
a tessere le Galassie
da cui il lor destino
è tratto.
. . .
E infine ecco,
le falene della notte,
le Esperidi dai corpi bruni
flessuose come gatte,
come pantere
ombrose fiere
libere selvagge
che perlustrano il lor mondo
silenziose come ombre
carezzate dall'oscurità
che tutto copre,
che tutto divora,
che tutto ingloba
nel suo livore.
Sfarfallano fino a riempire il cielo
delle lor vesti di seta nera,
fino a confondersi nell'oscurità
e nel mistero fondo
delle remote tane,
delle notturne culle
delle loro vergini passioni.
Vengano dunque
gli eserciti delle fanciulle,
delle ragazze, dai corpi
flessuosi e svelti
come gazzelle,
dalle menti spalancate e vive,
pronte e carpire la lor vita
a unghie e morsi;
giovani aperti volti
dagli sguardi chiari
senza finzioni nè ombra
alcuna di menzogna.
Vengano queste nostre
sedicenni, e diciottenni,
queste nostre figlie
di ineffabile bellezza,
fiere, dolcemente appassionate,
innamorate, il sorriso
aperto a ogni vivida speranza:
vengano a concludere
ciò che noi non avemmo
il cuore, o non sapemmo
fare, o conquistare,
se non sognare.
Invadano delle loro schiere
di femminile travolgente grazia
l'universo mondo
e ogni celeste sfera!
. . .
Conquistando alfine,
palmo dopo palmo,
dopo il cielo,
già da sempre posseduto e nostro,
a noi donne,
ogni regno
rimanente della terra.
Trieste, 16 Luglio 2012
Marianna Piani
Cara Marianna, ricordo bene la custodia di questa poesia, per te intimamente dolorosa nel tuo rendere la fanciullesca femminilità festante. La tua forza e il tuo cuore in ogni parola e in ogni immagine... come sempre i tuoi ricordi e pensieri come un sogno di mezza estate.
RispondiEliminaTua Sonja
Cara, la mia "custode"...
EliminaLo spiego alle altre amiche e amici che casualmente incontrassero queste note: quando iniziai questo progetto (l'Abbecedario) non ero nè certa di riuscire a terminarlo, e, data la mia situazione assai precaria da tutti i punti di vista, nemmeno ero certa se sarei sopravvissuta alla sua stesura. Per questo cercai qualcuno a cui affidare le mie composizioni, man mano che le portavo a termine, in modo che potesse darmi una "primissima impressione" sul loro valore, e anche perchè (ma questo non lo espressi veramente, lo tenni dentro di me) nel caso fossi venuta a mancare qualcuno al mondo avesse la possibilità di diffonderle in qualche modo.
Così chiesi a Sonja, che in quel momento mi era particolarmente vicina, con tutta la sua grande sensibilità e intelligenza, istintività e affettività di donna, chiesi a lei dunque se era disponibile a ricevere queste composizioni e a custodirle fino alla loro pubblicazione.
E così facemmo. Sonja mi fu accanto come una mamma chioccia con il suo pulcino, per tutto il tempo necessario. Ricevendo e commentando ogni lavoro, con tutta la sua inesauribile pazienza e bontà. Ecco perchè "Abbecedario" io lo considero anche un pochino suo...
Un bacio
Marianna