Alba al Lago Maggiore da Fosseno - Foto MP |
Amiche dilette e amici cari, queste tre composizioni, in forma di sonetto non rimato, sono nate in un momento di riflessione solitaria, nella casa che di quando in quando mi ospita al Lago Maggiore, poco sopra Nebbiuno, una località arrampicata sulle pendici che chiudono la sponda ovest del lago tra Arona e Stresa.
Era un mattino di pieno inverno, ed assistevo a un'alba in cui il sole, debole ma brillante, iniziava ad avere la meglio sulla patina bianca e luccicante della brina che ricopriva ogni cosa.
Avevo voglia di creare un ritratto di quella situazione, un piccolo "dipinto" che evocasse un'atmosfera che era paesaggistica, forse bozzettistica, ma anche interiore, mentale. Una pagina semplicemente "descrittiva" che potesse evocare, a distanza di spazio e di tempo, le sensazioni che provavo dentro di me.
Pensai perciò di aggiungere altre due "immagini" per completare il "racconto": la prima, al crepuscolo, con il graduale fermarsi della natura, e degli spazi, per predisporsi ad accogliere la notte ed il gelo.
Poi, nella seconda, provare a ritrarre il risveglio, all'alba, con il ritrovare ogni cosa raggelata e immobile, coperta da una trina bianca, quasi magica per lo scintillio nella livida penombra mattutina.
Infine, appunto, con il levarsi di un sole trionfalmente luminoso, il velo della brina che si squarcia, lasciando presagire una vita ancora ibernata, che pian piano si riprende…
Ebbene, devo confessare che questi miei versi non sono piaciuti ad uno dei miei amici più cari e che più stimo.
Ho ricercato a lungo il motivo, ma a parte alcuni errori e squilibri, che ho provveduto ad emendare, non sono riuscita a comprendere a fondo questo rifiuto, al di là di un gusto personale con cui certo non si può né si deve contendere. Ho atteso lungamente prima di rimetterci mano, e tuttavia rivedendole a distanza di tempo, non mi sono apparse non degne di una pubblicazione su queste mie "paginette" virtuali. Penso che non sempre si può toccare le "giuste corde" di chiunque, anche se questo "chiunque" è appunto un amico che amo e stimo per sensibilità ed acutezza di giudizio. Alla fine sono io l'ultimo arbitro delle mie cosette qui, ed è giusto che me ne prenda in pieno tutta la responsabilità, nel bene o nel male.
Alla fine perciò ho deciso di pubblicarle, integralmente, così come sono. E poichè sono nate assieme da un'unica ispirazione, le pubblico in una unica tornata, nella stessa pagina.
Anche per questo, e per la loro natura "pittorica" e descrittiva, le ho intitolate sotto la forma di un trittico.
Un "trittico" che dedico e affido a voi, amiche e amici cari, come sempre, con amore.
M.P.
Trittico
Tre sonetti in forma di paesaggio
Crepuscolo
Il prato, isterilito dal gelo della stagione morente.
E sopra il prato, il vento: e ogni filo d'erba
danza, come danza la gente in festa
al suono d'una armonica o di una solitaria chitarra.
Ogni filo d'erba danza, esiguo come la vita
che lo percorre ancora, mentre l'ombra
della notte travalica i colli, abbraccia
le contrade e le chiese e i veicoli, e tracìma.
Tracìma fino a lambire le finestre offuscate dai fiati.
Tra non molto vapori diafani e grigie brume
copriranno i viventi e gli inanimati. E i prati.
E s'adagerà finalmente la cortina di cristallo,
e sarà silenzio e calma del costernato vento,
e il canto e la danza taceranno, in attesa dell'alba.
Brinata
Il Sole, quel vivificante tendone che al mattino si stende
sopra ogni luogo, ogni gente, infiammando i colori,
seppure atteso con ansia da ogni vivente, indugia.
Tarda ad apparire al binario d'arrivo dell'orizzonte.
L'aria è ancora illividita e muta, come una donna
affranta dall'amore appena perduto; rabbrividisce
il campo sfalciato, nudo, fattosi trina di vetro sotto il velario
del gelo notturno, sovrastato da un cielo illividito di nebbia.
Il sospiro dell'amante all'addio di chi l'ama,
o l'affanno della fanciulla in corsa verso l'aula,
salgono identici alle nubi, rifugiandosi in quei fumi.
Grumi di sogni permangono, incrostati agli sguardi
smarriti, mentre sulle strade e le vie, nonostante il gelo,
umani formicolano grigi le nebbie nei loro mille intenti.
Disgelo
L'atteso si manifesta inatteso, come ogni agnizione
d'una avverata bellezza: improvviso, un coltello immenso
di alabastro fende d'un colpo il sipario di spettri blu acciaio,
e lascia irrompere la lama abbagliante sopra l'intero scenario.
Le betulle, pallide danzatrici delle selve, ossute, nude
s'affollano intirizzite tendendo alla luce i rami scarniti
agitandoli con devota grazia nella brezza mormorando,
come braccia levate in una collettiva supplice preghiera.
L'oceano d'oro e luce gonfia e travolge l'argine dell'orizzonte,
rotolando, spumeggiando, s'inonda sui prati scintillanti.
Vapori aranciati come spettri atterriti si levano e fuggono
dissolvendo in turbini di Luce trionfante. Mentre il Gelo
disgela le brughiere, che hanno i colori e le ombre dei tuoi occhi:
il Mondo deflagra in questa tempesta di faville, cedendo alla vita.
Nebbiuno, Gennaio 2013
Marianna Piani
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