«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

sabato 11 maggio 2013

Ofelia nella Senna


Amiche care, amici gentili, oggi voglio offrirvi questa composizione, che è quasi un racconto, scritto in versi, ma narrato, piuttosto che cantato.
È il ritratto - quasi autobiografico - di un particolare momento nella vita della protagonista (che potrei essere io, oppure no), in cui il fascino segreto della fine, di una fine, qualunque essa sia, esercita una attrazione quasi irresistibile sul suo animo esposto, indifeso. Il tutto all'interno dello scenario unico e irripetibile di una Parigi, distante, indifferente, presa nella sua ineffabile bellezza. Occorre essere saldi d'animo, per reggere al fascino di quella città, carica di storia e di leggenda. Oppure totalmente privi di sensibilità, e quindi già non veramente in vita...
Vi lascio dunque, se volete, alla lettura, con amore, come sempre.

M.P.



Ofelia nella Senna


Una luce grigia ti aveva invaso il viso;
eri stanca, tanto che il tuo sguardo
sempre acceso, pareva impastato e denso.
Quella, che fluiva poco più in basso
era l'acqua bluametista della Senna.
Fluiva senza suono udibile, fiera
di essere ciò che era, vena vitale d'Europa,
e pigra come una Signora allo specchio
al mattino… Liquida, come le frasi voluttuose
che custodivi dentro il petto, tra cuore e seno.

Pensavi che avresti percorso quei larghi viali
respirando il vento d'ardesia che si scostava
al tuo passaggio, per quanto eri bella,
per ammirarti danzare assieme alle foglie
dei platani svettanti contro il cielo. E pensavi
che i tuoi passi avrebbero rintoccato lievi
sotto le mura di quei palazzi gravi, e che essi
si sarebbero inchinati, impercettibilmente,
a osservarti passare, per quanto eri fiera
e radiosa nel tuo incedere ardito e casto.

E pensavi che il tuo viso, il tuo seno teso,
le tue gambe innervate e scarne, il tuo abitino
bianco, scollato e saggio quanto un giglio,
le tue scarpette ripide e aperte, di corallo,
avrebbero celato al mondo intero, a ogni sguardo
il tuo intimo incoercibile vibrare d'ansia
e di sconforto. Passavano i passanti indaffarati
e le ragazze dalle avventate chiome bionde,
si attardavano i piccioni sul selciato della piazza,
ignorando che tu eri in te perduta, e cercavi il pianto.

Osservasti il profilo ruvido dei tetti contro il cielo
che si tingeva gradualmente di un tenue arancio,
mentre le coppie degli amanti sui gradini
contemplavano i lor cuori come teneri aquiloni
liberi aleggiare sopra il brulicare vita dei quartieri.
Avesti un breve capogiro guardando l'acqua
che pigramente s'avvolgeva alle arcate di quel ponte,
una vivida attrazione ti prese in mezzo al petto
verso il vuoto di quel volo libero di pochi istanti
che ti avrebbe sollevata da ogni peso e dato pace.

Dovesti durare ogni tua forza, stringendo denti e pugni,
per resistere al richiamo che a sè potente ti traeva:
confondersi nel fiume e nella sua Storia oltre il tempo
era un'intima dolcissima speranza; lasciarsi andare
alla morbida e torbida corrente, di lì guardare con stupore
sfilare sulla sponda la bianca cattedrale, e vedere
un'ultima volta ancora il sole abbracciato dalle nubi,
prima di lasciare che le onde ti entrassero nelle palpebre
e ti avvolgessero nell'amplesso che tutto spegne,
come la placenta che ti nutrì in cui trovare riposo.

Pensasti a chi ti amava, allora, a chi amasti,
a chi un giorno avrebbe potuto amarti ancora.
A chi nella tempesta avresti abbandonato
senza il conforto d'un ultimo tuo bacio.
La città dei sogni intanto ti guardava, senza parlare,
dai mille e mille occhi delle sue finestre chiuse.
Le due torri della Cattedrale placidamente
si adagiavano sulla superficie della corrente
disgregandosi e riaggregandosi come i tocchi
di pennello d'un dipinto di Seurat.

Fu come se per un istante t'apparisse una te stessa
Ofelia, sotto il pelo delle acque, braccia lungo i fianchi,
trasfigurata in un gelido pallore, le vesti come nubi
di medusa fluttuanti attorno al corpo abbandonato.
Sospirasti di tenerezza, e ti allontanasti dal parapetto
lasciando quelle onde e quel sogno e quel fantasma,
indugiando a ogni passo, come fa l'amante affranto
lasciando la sua amata per un viaggio di durata immensa.
Ti addentrasti nei boulevards con crescente ardore
tra la folla dei passanti e il groviglio delle vetture.

Chi ti vide allora,  sui marciapiedi, affrettare
il tuo passo certo e eretto, chi incrociò per un istante
il tuo sguardo scuro e denso, chi indugiò ad ammirare
la tua figura svelta e snella nell'abito aderente,
non poteva indovinare che tu esule giungevi
di ritorno da un confine che stavi per varcare
per mai più tornare. La città, come un sogno
che s'avverava, ti riaccolse senz'acrimonia alcuna
né sospetto nel suo grembo. E sotto il sole verdeoliva
del meriggio i tuoi passi risuonarono nobilmente sui selciati.

Discendesti saltellando sopra i tacchi
i gradini del Metro...
E rientrasti, affranta e invitta, nella vita.



Milano 22 Marzo - Nebbiuno 24 Marzo 2013
Marianna Piani



3 commenti:

  1. Cara Marianna,
    fiato sospeso, trattenuto... Tifando fino alla fine per il ripensamento, per il ragionamento e per il sentimento. Abbiamo sempre qualcuno che soffrirebbe troppo se oltrepassassimo il parapetto.
    Molto bella.
    Un abbraccio forte
    Sonja

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  2. "Omnia vincit amor " Da quanto hai scritto risulta evidente che tu ami la vita, che pur ti ha duramente provata nonostante la giovane età.Per un attimo la tentazione di scivolare in un sonno senza affanni ti ha allettata,ma tu sai che sei amata e in grado di offrire molto amore.Hai molte cose da fare ancora,Mari e i tuoi scritti lo dimostrano.Grazie per averci raccontato ciò che ti è successo e di aver mandato a tutti un messaggio positivo-Alessandra-

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    1. Alessandra cara, sì, è vero, benché io sia piombata in un disagio mentale duro e disperato,
      banché abbia più volte tentato di finirla, ciò non significa che io non ami la vita, anzi!
      Ed è vero che ciò che mi tiene in vita, com'è per tutti del resto, è la coscienza di avere persone - come anche tu, mia cara - che mi amano, per le quali la mia esistenza ha un minimo di valore!

      La scrittura per me è il modo di tenere aperto un canale di comunicazione con quelle persone, e perciò per me scrttura è vita...

      A presto, amica mia, ti aspetto...

      Tua
      Mariannina

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