Amiche care, amici,
vi propongo ancora una poesia, molto molto bella a mio avviso, e davvero tipica del suo stile - di Marianne Moore (St.Louis 1887 - New York 1972).
Come ho avuto modo di accennare in altri interventi su queste pagine, la traduzione, quando non ha una funzione di puro e semplice "servizio" nei confronti di lettori che altrimenti non potrebbero accedere alla voce dell'Autore nella sua lingua originale, è un fondamentale strumento per comprendere, studiare e partecipare dell'emozione e del gesto creativo dell'autore.
Ricordo una mia visita al Louvre, qualche tempo fa, e a come mi colpì incontrare, in diverse gallerie, numerosi giovani artisti (tra l'altro in gran parte ragazze e donne) intenti a ricopiare sulla tela o sul proprio sketchbook alcune opere di grandi Maestri. Ovviamente non si trattava di copie con finalità di mercato (o meno ancora di falsificazione!), ma soltanto di studio, di riproduzione di quei disegni e di quei colori per meglio afferrarne la grandezza, i dettagli, le sottigliezze tecniche, il metodo e l'impianto d'esecuzione.
Ecco, proprio questo è lo spirito con cui io mi accosto ad ogni traduzione, quella dell'allieva d'accademia, o della semplice appassionata, che cerca di decodificare il linguaggio segreto emotivo e creativo di un grande autore. A volta ci si trova davanti ad un acquerello fresco e luminoso, a volte un dipinto a olio cupo e denso, a volte a un semplice schizzo a carboncino. Ma in ogni caso l'impegno è lo stesso: vi possono essere maggiori o minori difficoltà tecniche, ma la difficoltà non risiede nella tecnica, quella dovrebbe essere data per scontata. La difficoltà è quella di riuscire non a riptodurre o copiare, ma a individuare e interpretare il "segno" autentico dell'autore, quel qualcosa di impalpabile, segreto, indefinibile ma evidentissimo e riconoscibile che fa di ogni grande autore un unicum, quel qualcosa che fa precisamente la sua grandezza e lo distingue nettamente dalla massa dei mediocri, dei mestieranti e dei dilettanti. Quel qualcosa che rende l'opera universale e senza tempo e che consente di renderla viva per sempre.
In questa splendida ed elegante lirica si trovano molti dei caratteri di unicità di Marianne Moore, in particolare la sua predilezione per la descrizione, precisa fino alla illustrazione scientifica, degli elementi naturali, in particolare piante ed animali. Agli animali, spesso definiti addirittura con i loro nomi scientifici, sono dedicate numerose delle sue composizioni.
Il suo canto rimane sempre complesso e a volte audacemente enigmatico, ma sempre dotato di una straordinaria musicalità ed armonia.
Vi lascio, amiche dilette e amici, come di consueto alla lettura, con amore.
M.P.
Marianne Moore |
Nevertheless
you've seen a strawberry
that's had a struggle; yet
was, where the fragments met,
a hedgehog or a star-
fish for the multitude
of seeds. What better food
than apple seeds - the fruit
within the fruit - locked in
like counter-curved twin
hazel-nuts? Frost that kills
the little rubber-plant -
leaves of kok-saghyz-stalks, can't
harm the roots; they still grow
in frozen ground. Once where
there was a prickley-pear -
leaf clinging to a barbed wire,
a root shot down to grow
in earth two feet below;
as carrots form mandrakes
or a ram's-horn root some-
times. Victory won't come
to me unless I go
to it; a grape-tendril
ties a knot in knots till
knotted thirty times, - so
the bound twig that's under-
gone and over-gone, can't stir.
The weak overcomes its
menace, the strong over-
comes itself. What is there
like fortitude! What sap
went through that little thread
to make the cherry red!
Marianne Moore (1944)
Tuttavia
hai veduto una fragola
reduce dalla sua battaglia ; c'era,
laddove si raccoglievano i suoi pezzetti,
come un riccio o una stella
di mare, per qual era la copia
di semi sparsi. Quale nutrimento migliore
dei semi di mela - frutti
dentro il frutto - racchiusi come
coppie di gemelle nocciole strette
spalla a spalla? Il gelo, che uccide
le piccole foglie gommose
del tarassaco dente-di-leone, non può
danneggiarne le radici; quelle si sviluppano
anche nel terreno ghiacciato. Una volta,
dov'era una foglia di fico d'india aggrappata
al filo spinato, spuntò
una radice che penetrò due piedi
sotto terra;
così le carote a volte generano mandragole,
o radici in forma di corna di cervo.
Non mi verrà alcuna conquista
se non sarò io ad afferrarla;
un viticcio dell'uva
avviluppa nodi su nodi finché
non si sia annodato trenta volte, così
che il ramo ormai legato sopra e sotto,
sopraffatto, non possa muoversi più.
Ciò ch'è fragile sconfigge così
la sua minaccia, ciò ch'è forte
sconfigge sé stesso. Che vale più
della saldezza? Quale linfa è risalita
lungo quell'esile stelo
per rendere rossa la rossa ciliegia?
Marianne Moore
Versione Italiana di Marianna Piani
Milano, 28 Gennaio 2017
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