Alba di una Domenica incerta di fine Aprile.
Corsetta mattutina: regolarmente io mi reco al Parco vicino casa,
che si chiama "Monte Stella", vicino a San Siro, a Milano.
Nota qui anche come "la montagnetta di San Siro", appunto.
Si tratta di una collinetta artificiale formata inizialmente
con l'accumulo di macerie provocate dai bombardamenti,
effettuati dagli Alleati, durante la seconda guerra mondiale
e con altro materiale proveniente dalla demolizione
degli ultimi tratti dei bastioni, avvenuta dopo il 1945.
Il progetto si deve all'architetto Piero Bottoni,
che lo dedicò alla moglie Stella, da cui la collina prende il nome.
(Che carino questo spunto per il nome, vero?)
La collina artificiale ha un'altezza di quarantacinque metri.
Da qui si può godere di una vista "dall'alto" di tutta la città,
a sud verso il centro, e verso nord, con il Meazza, proprio sotto.
Io ci arrivo all'alba, e questo abbraccio alla città, quando
è ancora assopita nella pace della domenica mattina
mi suggerisce pensieri, idee, emozioni, e fughe della fantasia.
Nel seguire le prime rondini giocare un po' disorientate
nel cielo ancora denso di di nubi scure di una stagione che
non pare volersi destare nei suoi consueti colori,
ho voluto fissare le mie sensazioni in una piccola composizione
giocosa e malinconica, come questa città, viva e disperata.
La foto è mia, presa proprio Domenica appena arrivata in cima, ore 7:00.
In basso a sinistra si intravvede il Meazza, nubi di un piovasco imminente a destra.
In basso a sinistra si intravvede il Meazza, nubi di un piovasco imminente a destra.
E poi tutta la parte nord della periferia, che si allarga verso i Laghi, a perdita d'occhio.
La dedica è a un'amica molto speciale, Eleonora,
giovane poetessa, cui ho letto per prima questi versi
giovane poetessa, cui ho letto per prima questi versi
e che mi ha incoraggiata a pubblicarli nonostante qualche mio dubbio.
Li offro ora a voi, con amore, e rispetto, come sempre.
M.P.
Milano
Ecco, Milano mia è questa. Quella
di una rondine pazza, all'alba, che impazza
come ebbra di gioia, strillando a tutta gola:
priiii, priii, priiii, primavera, amore,
amore mio, quando vieni? Quando?
E si getta a capofitto nei rami e risale
vertiginosamente per il solo goderne, pare.
E volando s'illude d'abbracciarla tutta, Milano
in un solo battito d'ali, e cento del cuoricino
suo stretto. E volando, selvaggiamente,
voracemente, fa strage di minuscole vite
inconsapevolmente intente anch'esse
ronzando, brulicando, copulando, sfarfallando,
a implorare la loro effimera parte di luce.
Nubi di piombo ricoprono il cielo
e il cuore in attesa: di uno squarcio
triofante che faccia irrompere l'astro.
No amore, non è pianto, dice la rondine,
ciò che vedi rigarmi il muso e il piumaggio.
È la pioggia, che mi ha inzuppata, a tradimento,
prima ch'io potessi rifugiarmi sotto il tuo petto.
Scuoto le gocce con un frullo del capo,
distendo e ridistendo le alucce bagnate
e detergo fregando il piccolo becco
dai resti della vita di cui mi sono saziata.
Attendo, io rondine, che lo scroscio ora intenso
sfoghi la sua rabbia contro l'irromper di vita,
involontariamente di sè così nutrendo l'incendio.
No, non è pianto, amor mio, questo che vedi,
è rabbia, è dolore, è abbandono, è mancanza,
è speranza. Speranza: mia perpetua compagna.
No, non è pianto, questo. Non è pioggia.
È vita, che bagna.
Milano, 22 Aprile 2012
A Eleonora, severa indulgente giudice amica
Marianna