(Una Immagine di Paola Mancinelli)
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Un'altro flusso di ricordi, sgorgato dal cuore di una immagine unica
e l'evocazione di uno scenario impresso nella mia mente da anni non lontani.
Vi rivelo soltanto che lo sfondo di questo raccontino in versi
è il Lago d'Orta, dove avevo scoperto per caso un ripido sentiero
che portava dritto a una minuscola baia un poco defilata.
Dove una ragazza innamorata, come me, poteva starsene indisturbata, sola
a meditare e a respirare tutta la bellezza del luogo.
E che l'ho scritta tutta d'un fiato, di getto, in un luogo non meno bello,
su una panchina sul lungolago, a Stresa,
a matita nera sul risvolto di copertina di un libro.
Il libro era "Il pranzo di Babette" di Karen Blixen. Nientemeno.
e l'evocazione di uno scenario impresso nella mia mente da anni non lontani.
Vi rivelo soltanto che lo sfondo di questo raccontino in versi
è il Lago d'Orta, dove avevo scoperto per caso un ripido sentiero
che portava dritto a una minuscola baia un poco defilata.
Dove una ragazza innamorata, come me, poteva starsene indisturbata, sola
a meditare e a respirare tutta la bellezza del luogo.
E che l'ho scritta tutta d'un fiato, di getto, in un luogo non meno bello,
su una panchina sul lungolago, a Stresa,
a matita nera sul risvolto di copertina di un libro.
Il libro era "Il pranzo di Babette" di Karen Blixen. Nientemeno.
Dedico questa composizione a Paola, che ancora una volta mi ha donato una
delle sue poesie di luce e il primo spunto, l'ispirazione, di tutto il racconto.
E a tutte voi, amiche, e amici, come sempre.
Con amore.
M.P.
Sentiero
Martina discese adagio,
percorrendo il sentiero segreto
che le aveva indicato un'anziana del luogo
nel suo corrusco e melodioso accento.
(Che donna di emozionante bellezza
pensò nel guardarla: i segni del tempo
come spaccature nei muri
di una chiesa antica non la sfregiavano.
La esaltavano, anzi, perchè erano
i tagli profondi, le ferite, i graffi, gli incavi,
che il tempo, armato di dolori come coltelli,
le aveva scavato nel volto: segni d'una passione mai doma.)
Discese dunque, e dopo poco
per quant'era brusco e scosceso il cammino
si tolse i fragili sandali da nervosa gazzella,
e raccolse i capelli con un nastrino. detro la nuca.
Procedette cauta, soffrendo a ogni passo
le pietruzze affilate sotto i piedi non usi,
aggrappandosi ai rami del lauro severo, incombente.
E infine, d'improvviso, s'aprì a lei inviolato il lago.
Le scarpine in una mano, il cuore nell'altra
in due salti fu sopra una roccia
che affiorava dall'acqua immota,
e lì sedette assorta, cingendosi le ginocchia.
Guardò sotto di sè, sè stessa riflessa
nello specchio verdastro, appena increspato,
contro le nubi ardenti di un cielo non placato.
E vide i suoi occhi cupi, molto inquieti.
Come sono scuri! - le venne da pensare
come se non riconoscesse più, in quello sguardo, sè stessa.
E subito risentì su di sè l'abbraccio del lago,
e rammentò altri due occhi, teneramente amati.
Come due laghi: scuri, profondi insondabili abissi.
Oppure - come laghi - cangianti, di scintillante cristallo,
in cui immergere i piedi nudi appena feriti
per lasciarsi lenire i graffi dalla dolcezza del flutti.
Tolse dalla pochette rossa un foglietto stampato
con un'immagine sola, e una nota a matita:
Un luminoso prato, una margherita, un cancello sbarrato.
E rilesse, per la millesima volta, ad alta voce, la nota.
Che chiudeva dicendo soltanto: "infinitamente".
Ebbe una vertigine, acuta, e si artigliò alla roccia
per non cadere. Sfiorò qualcosa, nel gesto convulso.
Udì accanto a sè un tonfo lieve, impercettibile, breve.
Un sandaletto giaceva ora sull'argilla ondulata del fondo
come un corallo, adagiato di lato. Irridente.
Inavvertitamente spinto nell'abisso. Danzava adagio
rifratto dalla pigra corrente.
Lo osservò a lungo, senza fare nulla di nulla..
Povera me - fantasticò tra sè - sono perduta.
Rimarrò qui per sempre! - Per sempre: abbandonata
tra quel cielo, e quell'acqua, e quel foglio sgualcito
stretto nel pugno.
...
La intravvide così, da lontano, un barcaiolo aitante
di passaggio: lei, come una minuscola sirena
raggomitolata sullo scoglio, a riva, il mento puntato
sulle ginocchia. Immota. Trasognante. Serena.
Intanto, un minuscolo avannotto,
attratto dal colore corallino del sandalo immerso,
ne sbocconcellava guizzando perplesso
la vezzosa cinghietta, aperta.
Stresa, 5 Maggio, 2012
Marianna.